«

»

Nov 26 2013

Print this Articolo

LE DEGUSTAZIONI DI AUTUNNO DEL SEMINARIO VERONELLI

FOCUS BAROLO 2009: I GRANDI CRU DI SERRALUNGA D’ALBA, I FRANCIACORTA EXTRA BRUT, I NOSTRI 10 SOLE, RIESLING RENANO, CATERINA DEI, IL NOBILE DI MONTEPULCIANO E LA RISERVA BOSSONA

BAROLO: I CRU DI SERRALUNGA

Il vitigno

Considerato tra i grandi cinque vitigni rossi mondiali, il nebbiolo rappresenta una delle grandi sfide enologiche per identità e difficoltà di vinificazione. I primi documenti storici che parlano di questo vitigno risalgono all’inizio del trecento, con la famosa opera del bolognese Pier de’ Crescenzi, ma è solo a partire dal XIX secolo che il Nebbiolo viene frequentemente citato nelle opere dei più famosi ampelografi. Il suo nome, secondo alcuni, deriverebbe da “nebbia” in quanto i suoi acini sembrano quasi annebbiati dall’abbondante pruina, mentre secondo altri sarebbe da mettere in relazione alla tardiva maturazione delle uve che obbliga sovente a vendemmiarle all’epoca delle prime nebbie autunnali. La spiccata variabilità fenotipica del Nebbiolo ha portato ad assegnare a questo vitigno denominazioni diverse nei differenti luoghi di coltura e a definire nel territorio albese alcune sottovarietà, la cui distinzione e stabilità era considerata tale da far prevedere nei disciplinari di produzione l’impiego o l’esclusione dell’una o dell’altra. La docg Barolo deve infatti essere prodotta con Nebbiolo delle sottovarietà Lampia, Michet e Rosé. In effetti è alla sottovarietà Lampia che vanno ricondotti tutti i sinonimi, compreso il valtellinese Chiavennasca, essendo il Michet una mutazione genetica del Lampia dovuto a virosi ed il Rosè un parente di primo grado del genotipo Lampia. Grappolo medio o anche grande, di forma piramidale allungata, alato, un po’ compatto, spesso presenta un’ala molto pronunciata; acino medio, rotondo ma con tendenza all’ellissoide. Buccia sottile ma resistente, di colore violaceo scuro, molto pruinosa da sembrare grigia. È un vitigno a maturazione lenta, predilige zone con elevate somme termiche e con buona luminosità, anche se teme il sole cocente, soffre l’umidità e le piogge primaverili che possono causare filatura e colatura, è sensibile all’oidio ma ha una buona resistenza alla peronospora e alla muffa grigia. L’uva Nebbiolo si distingue dalle altre varietà italiane ed nternazionali per la composizione del suo quadro polifenolico: è un’uva ricca di tannini più che di antociani, anche se questi ultimi risultano composti da elementi non particolarmente stabili all’ossidazione, con conseguenti difficoltà di vinificazione che si rivelano superiori rispetto ad altri vitigni destinati alla produzione di grandi vini rossi. Viene coltivato in Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia. Produce i più nobili vini rossi piemontesi come il Barbaresco ed il Barolo, in provincia di Cuneo; in altre province piemontesi produce: Boca, Bramaterra, Carema, Fara, Nebbiolo d’Alba, Roero, Gattinara e Ghemme, in Valle d’Aosta il Donnas e l’Arnad Montjovet; in Lombardia il Terre di Franciacorta rosso e tutti i grandi vini rossi della Valtellina con le quattro sottozone (Sassella, Grumello, Inferno, Valgella) e lo Sforzato o Sfurzat da uve appassite. Nel mondo troviamo produzioni negli Stati Uniti (non soltanto in California ma anche in New Mexico, Arizona, Pennsylvania, Idaho, Oregon, Virginia e Washington), in tutta l’Australia meridionale compresa l’isola di Tasmania, nel cuore della Constantia Valley, nel lembo più meridionale dell’Africa, nelle regioni settentrionali del Northland, una delle isole che compongono la Nuova Zelanda, ai piedi della cordigliera delle Ande, in Svizzera e in Austria.

UNITÀ DI SERRALUNGA D’ALBA

L’unità di Serralunga è costituita in gran parte dalla serra di Serralunga d’Alba ed è limitata a nord dall’abitato di Baudana. La restante parte della superficie si trova in sinistra orografica della Valle del Talloria di Castiglione nel comune di Monforte d’Alba. La litologia del territorio, cioè l’insieme di caratteri chimici e fisici che definiscono una roccia nei suoi vari aspetti, ha evidenziato la formazione di lequio con strati di marne grigie alternate ad arenarie formate da sabbie silicee più o meno cementate; la presenza di carbonato di calcio e ferro conferisce ai terreni tonalità di colore grigio rossastro. Il paesaggio si compone da un unico e massiccio costone asimmetrico articolato in un complesso sinuoso, con forme ad anfiteatro, secondo angoli arrotondati. Strutturalmente l’immersione degli strati determina un’inclinazione asimmetrica dei versanti con uno sviluppo maggiore per il versante ovest. Il crinale è in dolce pendenza e il profilo del versante è concavo.

Il risultato della degustazione

Abbiamo pensato di illustrare i grandi cru di Barolo del comune di Serralunga d’Alba come se fossimo in procinto di fare una gita in questo comune, ritenuto da molti come il più complesso e variegato dei “santuari del Barolo”. Abbiamo così iniziato a spiegare che il territorio di Serralunga d’Alba non costituisce un’unità geologicamente omogenea ma comprende tre diverse unità di produzione, così come sono state definite dallo studio promosso dalla Regione Piemonte una decina d’anni or sono. Per prima cosa si è dovuto chiarire che i confini amministrativi non coincidono quasi mai con la geografia geologica, tanto più quando, in milioni di anni, intervengono molti eventi, cataclismi o semplicemente lo scorrere di un rigagnolo che segna, scava e divide un territorio omogeneo facendocelo sembrare esterno e diverso. Si è così scoperto come buona parte della Formazione di Lequio, cioè la composizione geologica che contraddistingue la collina di Serralunga, sia collocabile solo per i due terzi della sua estensione in comune di Serralunga d’Alba e sconfini oltre la valle del Talloria nel comune di Monforte d’Alba.

Dopo queste un poco complicate ma indispensabili premesse siamo partiti per il nostro viaggio e, dai territori ai piedi della collina, formati da Marne di Sant’Agata fossili, abbiamo cominciato a salire incontrando un tratto di territorio formato dalle Arenarie di Diano per giungere  finalmente alle laminazioni stratigrafiche delle Formazioni di Lequio.

Per rendere più chiara ed esplicita questa separazione avremo bisogno di qualche supporto fotografico e di mappe dettagliate che potremo mostrarvi solo nel prossimo numero de Il Consenso; in questo breve resoconto della serata diremo soltanto che la denominazione Barolo continua ad incontrare i favori più entusiasti del pubblico di appassionati che regolarmente segue le nostre serate di degustazione e che ha seguito con grande attenzione lo sviluppo espressivo di questi vini provenienti dalle migliori vigne di Serralunga d’Alba, ora che le menzioni sono state fissate e disciplinate con precisione. Per cui in attesa di leggere la dettagliata cronaca che Marco Magnoli ci farà della serata, dovrete accontentarvi del nostro spiccio racconto che pone al centro dell’attenzione l’esito dei pareri raccolti tra i degustatori. Anche questa volta possiamo dire che il nostro pubblico ha ben colto le caratteristiche, le sfumature, le peculiarità di queste vigne ed ha poi ha espresso il suo parere basato sulla piacevolezza complessiva dei singoli vini. E qui sono emersi, sopra tutti, due nomi leggendari del Barolo di Serralunga, Margheria e Vigna Rionda, che soltanto Baudana ha cercato di agganciare. Sul gradino più alto del podio è stato posto il Barolo Margheria 2009 di Massolino, mentre al secondo posto si è installato il Barolo Vigna Rionda 2009 di Luigi Pira; un poco più distanziato ma saldamente al terzo posto, troviamo l’originalissimo Barolo Baudana 2009 di Vajra & Baudana. Inutile dire che comunque tutti i vini assaggiati nel corso della serata hanno espresso un altissimo livello qualitativo, ragion per cui ve li vogliamo menzionare tutti, e tutti del 2009: Barolo Serralunga di Fontanafredda, Barolo Sorano di Ascheri, Barolo San Rocco di Azelia, Barolo Cerretta di Schiavenza, Barolo Prapò di Germano, Barolo Parafada di Palladino, Barolo Gabutti di Boasso, Barolo Cerrati Vigna Cucco di Cascina Cucco, e Barolo Ornato di Pio Cesare.

Gigi Brozzoni

I nostri Soci presente hanno così votato:

Bita Astori: Barolo Magheria di Massolino-Vigna Rionda, Barolo Baudana di Vajra & Baudana, Barolo Cerretta dell’Azienda Agricola Schiavenza nell’ordine;

Oliviero Manzoni: Barolo Cerretta dell’Azienda Agricola Schiavenza, Barolo Cerrati Vigna Cucco della Cascina Cucco, Barolo Ornato di Pio Cesare a pari merito con Barolo San Rocco di Azeglia nell’ordine;

Silvio Magni: Barolo Magheria di Massolino-Vigna Rionda, Barolo Baudana di Vajra & Baudana, Barolo Cerrati Vigna Cucco della Cascina Cucco, nell’ordine.

I FRANCIACORTA EXTRA BRUT

LA FRANCIACORTA

Il territorio: morfologia, suolo e clima

La denominazione Franciacorta insiste su un territorio che comprende 19 comuni della provincia di Brescia, per una superficie totale di 23.000 ettari. Tale territorio è delimitato a nord dalla sponda meridionale del Lago d’Iseo, a sud dalla pianura che si estende oltre il Monte Orfano e dalla strada statale Bergamo-Brescia, a ovest dal fiume Oglio e a est dalle colline rocciose e moreniche di Rodengo, Ome, Gussago e Cellatica.

Osservando dall’alto la Franciacorta se ne può cogliere chiaramente la conformazione ad anfiteatro  Morenico formatasi nelle ere geologiche Secondaria e Terziaria per effetto di un grande ghiacciaio che, proveniente dalla Val Camonica, si divise in due rami subito dopo la conca del lago: uno piccolo a occidente e uno molto più grande e più importante a oriente.

L’anfiteatro del Lago d’Iseo è il risultato di fenomeni risalenti a cinque principali periodi dello sviluppo del ghiacciaio. Il primo periodo è caratterizzato dalla grande espansione del ghiacciaio con la formazione del primo arco morenico identificabile nel massiccio di Montorfano. Il secondo periodo è caratterizzato dalla lunga sosta del ghiacciaio in sito, con la conseguente formazione della cerchia morenica più alta e più importante. I tre periodi successivi sono caratterizzati, invece, dal ritiro del ghiacciaio dalla piana bresciana, con il conseguente rilascio di una grande quantità di materiale morenico che poi, nel tempo, si è ricoperto di terreno attivo e ha dato origine alle dolci colline della Franciacorta.

Il suolo della Franciacorta che si è così composto attraverso l’accumulo di terreni alloctoni e per questo presenta come caratteristica fondamentale un’enorme ricchezza di minerali aggiunti e diversi da quelli derivati da rocce presenti in loco (terreni autoctoni).

Altre caratteristiche importanti dei terreni della Franciacorta sono la loro conformazione, che si sviluppa in dolci colline, e la loro granulometria, elementi che facilitano il rapido allontanamento delle acque in eccesso, evitando nella maggior parte dei casi condizioni favorevoli al ristagno idrico.

Il clima della Franciacorta ricade nella regione mesoclimatica insubrica che gode d’un clima di tipo mediterraneo, risultando relativamente mite durante l’inverno e l’estate, con escursioni termiche giornaliere e annuali piuttosto modeste.

Dal punto di vista pluviometrico le precipitazioni annue franciacortine sono circa 1000 mm, con un leggero gradiente da Sud verso Nord. Nel periodo vegetativo le precipitazioni sono comprese tra 400 e 600 mm, secondo le annate.

La zonazione

Nella seconda metà degli anni ’90 l’Università di Milano, con un’équipe coordinata dal Prof. Attilio Scienza, promosse un’importante opera di zonazione al fine di definire, con un approccio scientifico, la vocazionalità dell’intero bacino, studiando e valutando l’effetto dell’insieme delle caratteristiche geopedologiche, morfologiche e climatiche del territorio sulle prestazioni quantitative e qualitative del vigneto.

Sono state così individuate sei “unità vocazionali”, sei diversi terroir che testimoniano l’eterogeneità e la ricchezza della Franciacorta vitivinicola, con suoli differenti per tessitura, fertilità e capacità di drenaggio, che a loro volta determinano diversi comportamenti vegeto-produttivi, diverse dinamiche di maturazione delle uve e, infine, diversi caratteri sensoriali dei vini base.

Ecco il risultato grafico di tale opera di zonazione:

 

(Immagine: Consorzio Franciacorta)

Considerazioni di tipo qualitativo sulle unità di paesaggio
1. Depositi fini – Scarsa precocità maturazione, pH e zuccheri bassi, elevata acidità
2. Fluvioglaciale – Da intermedia a bassa precocità di maturazione, pH medio, zuccheri bassi
3. Colluvi distali – Precocità di maturazione intermedia, pH basso, zuccheri medi
4 e 5. Morenico profondo e Colluvi gradonati – Precocità di maturazione intermedia, pH medio e zuccheri
alti
6. Morenico sottile – Maggiore precocità di maturazione, stasi di accumulo estiva, pH alti, zuccheri elevati

Il risultato della degusrtazione

Non conosciamo esattamente i numeri, ma prendendo in esame i dati raccolti dalla Guido Oro I Vini di Veronelli di questi ultimi 10 anni notiamo che il numero di aziende che producono almeno un Franciacorta nella versione Extra Brut è quasi raddoppiato, ad anche il numero dei vini Millesimati è aumentato nella stessa misura. Riteniamo che questa sia una tendenza replicata anche in altre Denominazioni specifiche ed in tutti i vari vini rifermentati in bottiglia che si producono in ogni angolo del nostro enoico Paese. E riteniamo che sia un fattore positivo, di crescita culturale, e cercheremo brevemente di spiegarlo. Se infatti i vini Non dosati (o pas dosé o dosage zero) sono prodotti in misura limitata dovuta alla difficoltà oggettiva di costruire una cuvée che dopo alcuni anni di permanenza sui lieviti sia in grado di garantire, senza alcun intervento enologico, un buon equilibrio olfattivo e gustativo, dall’altra abbiamo la categoria dei Brut che è decisamente largheggiante, poiché consente aggiustamenti dopo la sboccatura che possono raggiungere i 15 grammi di zucchero, per cui si può immaginare una certa scioltezza nel preparare la cuvée. La categoria degli Extra Brut è quella che permette un piccolo intervento di correzione finale ma limitato a 6 grammi di zucchero per litro, per cui, a nostro parere, impone rigore e intransigenza nelle scelte qualitative per la preparazione della cuvée e, quindi, la selezione dei vini provenienti dalle prime pressature, dai migliori vigneti e dalle più accurate e opportune vinificazioni. In sostanza: molto rigore qualitativo, ma senza l’intransigenza, alcune volte penalizzante del Non dosato. Crediamo, tuttavia, che ci sia anche un fattore edonistico nel successo di questi vini un po’ difficili e quindi riservati a dei consumatori attenti, esigenti ed esperti, quale l’affermazione di gusti sempre più secchi e poco elaborati, meno inclini a quelle dolcezze o morbidezze un po’ ruffiane che ci paiono più adatte e gradite ad un pubblico generico e meno preparato in materia.
Ieri sera la nostra panoramica sugli Extra Brut di Franciacorta si è sviluppata su quattro diversi millesimi, dal 2005 al 2008, ritenuti dal Consorzio Franciacorta tutte delle buone annate, addirittura eccellente il 2005. Il nostro affezionato pubblico ha osservato con grande attenzione l’arrivo progressivo dei campioni, così offerti per poterli degustare appena versati nei calici.

Molti commenti, molti assensi, qualche stupore che si è fatto più intenso e ripetuto alla presentazione del campione numero 7: un perlage finissimo e continuo, un profumo di intensità ed ampiezza inconsueta, un gusto vigoroso e tenace che legava sferzate agrumate con dolcezze cremose, fino ad un finale di straordinaria persistenza che si apriva “a coda di pavone” (consentiteci quest’ultima citazione veronelliana). Era il Franciacorta Extra Brut Riserva Vittorio Moretti 2006 di Bellavista in quel di Erbusco. Solo al calice numero 9 si è ripetuto lo stupore, ma con intensità e durata minori: era il Franciacorta Extra Brut Museum Release 2005 di Ricci Curbastro di Capriolo.

Ma consensi e complimenti sono stati elargiti con generosità, spontaneità e calore a tutti gli Extra Brut presentati che elenchiamo: Berlucchi Guido, Cavalleri, Chiara Ziliani, Ferghettina, Lo Sparviere, Quadra, Villa.

Gigi Brozzoni

I NOSTRI 10 SOLE

Guida Oro I Vini di Veronelli 2014

“Il Sole è dato ai vini che più ci hanno emozionato, stupito o rallegrato, nel corso dell’anno, al di là del punteggio di degustazione.”

Così l’ha voluto Luigi Veronelli e noi continuiamo ad assegnarlo con gli stessi criteri e con lo stesso spirito.
Alto Adige Lagrein Masetti Cent’Anni 2011 – Dürer Weg

Siamo a Salorno e nel centro del paese c’è un bellissimo clos; sì, alla francese, un vigneto cintato da un muro e da decenni gestito dalla famiglia Masetti. Ma, ripeto, siamo proprio nel centro del paese, tra la farmacia, l’ufficio postale e la chiesa. Si tratta di un  vigneto centenario di Lagrein, allevato a pergola atesina. Il viticoltore Masetti resiste alle pressioni che lo vorrebbero trasformare in un vigneto moderno (?) di pinot grigio. Un Sole alla Resistenza Enologica della famiglia Masetti, sostenuta da Vincenzo Ercolino nuovo dirigente della Cantina di La Vis di cui Dürer Weg è il marchio Altoatesino.

Carmenère Vigneti delle Dolomiti 2007 – Tenuta San Leonardo

Chi lo sa se i francesi più di un secolo fa ci hanno fregato volendo fregarci o se l’hanno fatto per leggerezza o negligenza: ci hanno venduto del Carmenère facendocelo passare per Cabernet Franc. E non era roba da poco perché il primo vitigno era considerato minore, problematico e difficile da far maturare bene, mentre il secondo vantava stima ben più alta e prestigiosa. C’è voluto più di un  secolo ma ora gliel’abbiamo fatta pagare. Ci sono riusciti Carlo e Anselmo Guerrieri Gonzaga che nella loro Tenuta San Leonardo di Avio hanno realizzato un Carmenère 2007 che i francesi si sognano anche di giorno: l’hanno confezionato in nobili magnum tanto per ribadire che qui non si scherza. E noi come potevamo sottrarci dall’attribuirgli lo splendente Sole veronelliano?

Barolo Riserva Vigna Rionda 2007 – Massolino – Vigna Rionda

Da una vigna storica è nato, forse, uno stile che speriamo diventi storico in queste terre; non si è più alla ricerca di colori scuri, frutti caramellati e trame ingombranti. Tutto si è fatto chiaro, fragrante, succoso, garbato ed elegantissimo. Noi speriamo che faccia scuola e per questo gli assegniamo lo splendente Sole.

Grignolino Monferrato Bricco del Bosco Vigne Vecchie 2008 – Accornero Cà Cima

Ma pensa te cosa mi tocca fare, mai avrei pensato si potesse arrivare a tanto. Eppure è così: mi è “toccato” dare 90 punti ad un Grignolino, al Bricco del Bosco Vigne Vecchie 2008. E allora, già che ci sono, arriverà anche il Sole a farlo risplendere ancor di più.

Duality Sauvignon Venezia Giulia 2009 – Specogna

Graziano Specogna ha sempre voluto fare un Sauvignon che non avesse rivali nella sua Regione: compito molto ambizioso e difficilissimo da realizzare, ma con questo nuovo Duality 2009 mi pare si sia posto al vertice, sebbene non unico, della piramide. Forse lo zampino dei figli si è fatto sentire e proprio a loro dedichiamo questo splendente e beneaugurante Sole.

Duecuori Veneto Bianco Passito 2009 – Le Vigne di San Pietro

Probabilmente è pura nostalgia, ma in questo Duecuori del 2009 ho sentito la purezza, la freschezza, la dolcezza e l’armonia della sua prima uscita. È anche un bentornato a Carlo Nerozzi nell’olimpo dei vini veronesi dopo un periodo non molto limpido e luminoso per la qualità dei suoi vini. Dovrà ricordarsi di guardare sempre il Sole per orientare le sue scelte future.

Poggio alle Gazze dell’Ornellaia 2011 – Tenuta dell’Ornellaia

Il Poggio alle Gazze non vuole più essere soltanto il delizioso e fragrante vino che fu vent’anni fa, ora ha molte più ambizioni: diventare il più buon vino bianco di Toscana. La sfida è stata lanciata e io non potevo non pubblicarlo in Guida, anche se è ancora realizzato in poche migliaia di bottiglie e l’azienda avrebbe forse preferito attendere che i vigneti entrassero a pieno regime per una produzione più consistente. Ma si sa come siamo fatti: appena assaggi un vino nuovo fai lo spaccone e corri a dirlo a tutti. Però ne valeva la pena, perché è un esordio Solare.

Renicci Toscana 2007 – Renicci

Avrei ormai dovuto imparare che da queste terre benedette è possibile ottenere grandi risultati: gli esempi sono numerosi e ben consolidati e stabili. Eppure qualche volta mi lascio sorprendere da questi vini così esemplari, e il Renicci 2007 mi pare riesca a rappresentare l’ampiezza qualitativa di questa zona. Come se in questo vino si siano raccolti tutti i fattori che portano all’eccellenza. Decisamente solare.

Core Aglianico Campania 2011 – Montevetrano

Silvia Imparato, che si è fatta conoscere per quel suo straordinario Montevetrano (quest’anno poi è davvero impareggiabile) a base di Cabernet Sauvignon, ora si è cimentata con un solitario Aglianico. Non siamo ancora ai vertici, ma tutto fa pensare che questa sia solo una prima tappa di un percorso ambizioso, e noi l’incoraggiamo con un bel Sole.

Gravina Bianco Poggio al Bosco 2011 – Botromagno

Il Poggio al Bosco Gravina Bianco del 2012, ottenuto con una rabbiosa selezione di Greco e Malvasia, è riuscito a stupirmi al punto da lanciare un piccolo urlo di gioia. Un vino bianco da uve autoctone senza lunghi invecchiamenti di questo livello in terra pugliese non si era mai visto. Il Sole è il giusto riconoscimento a tanto e preciso impegno.
Gigi Brozzoni

 

RIESLING RENANO

Vitigno a bacca biana con tutta probabilità originario della Mosella e della valle del Reno dove è tuttora ampiamente coltivato tanto che in alcune zone rappresenta l’80% della base ampelografia. Vitigno nobile e antico, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere identificato con la Argitis

Minor dei Romani. Di Riesling si inizia a parlare nel 1400. Partendo dalla Germania, si è diffuso in Alsazia e in Austria fino ad arrivare In Italia verso la metà dell’800 dove è certo sia stato introdotto durante l’occupazione austro-ungarica della Lombardia. Attualmente è particolarmente diffuso in Oltrepò Pavese, in Emilia Romagna, in Trentino Alto Adige e in Friuli.

Presente in tutta l’Europa, negli ultimi anni si è diffuso anche nei Paesi di “nuova” tradizione vitivinicola dove è conosciuto con nomi diversi: Rheingauer in Alsazia, Rieslinger in Austria, Petit Rhin in Svizzera e Johannisberger Riesling in California.

Alcuni autori fanno risalire il suo nome all’espressione reissende tiere ossia animale selvatico, per via dell’aroma aromatico vagamente muschiato.

Il grappolo è piccolo, leggermente tozzo, di forma cilindrico-piramidale, con un’ala, compatto. L’acino è piccolo, sferoidale con buccia di media consistenza, di colore giallo dorato, talvolte ambrata con punteggiature marroni.

È un vitigno che predilige terreni collinari, mediamente profondi e freschi, non troppo  argillosi e con buona presenza di calcare attivo. Si adatta bene a potature medio-corte e forme di allevamento medio espanse, come la cortina semplice. Essendo tardivo necessita di terreni caldi e ben esposti; dà ottimi risultati in presenza di notevoli escursioni termiche.

vitigno vigoroso, poco produttivo a causa dei grappoli di peso medio-basso e della sua sensibilità alla virosi. È molto suscettibile alla muffa grigia.

 Il risultato della degustazione

Che la battaglia fosse ardua e rischiosa lo sapevamo benissimo, ma che alla fine sul campo ci saremmo ritrovati con così tanti “caduti” non lo pensavamo. Forse perché siamo abituati a bere questi vini nel periodo estivo, quando ancora mantengono un po’ di freschezza, o forse perché solitamente si assaggiano i vini provenienti da un medesimo luogo, o forse, ancora, perché le aspettative sono alte e quindi la caduta si fa tonfo ed è, quindi, facile la delusione. Fatto sta che se non avessimo avuto i quattro vini, due 2011 e due 2012, provenienti dal Trentino-Alto Adige la serata si sarebbe messa proprio male. Inutile ricordare che il Riesling Renano è un vitigno difficilissimo da coltivare, perché necessita di condizioni ambientali estreme, ma poiché è un vitigno che fa letteralmente innamorare chi apprezza il buon vino sappiamo anche che “al cuor non si comanda”. E così diversi produttori sedotti dal mitico Riesling non badano alle questioni tecnico-scientifiche e si affidano a quanto di più irrazionale e folle possano pensare. È pur vero, però, che quando il Riesling Renano è buono riesce a sbalordire tutti perché ha dei caratteri unici ed originali che non hanno nulla in comune con l’intera schiera degli altri vini bianchi prodotti in tutto il mondo. Quali vini potrebbero risultare gradevoli con acidità che sfiorano il dieci per mille, con residui zuccherini a volte rilevanti, qualche volta persino con tracce di carbonica e spesso ricchi di profumi floreali che a volte virano verso il cherosene? Quale vino riesce ad avere dei singoli elementi che potrebbero essere presi per difetti e che invece, per magia, sa trasformare in straordinari pregi? Solo lui, il Riesling Renano proveniente da longitudini prossime al 46° parallelo o, con più facilità, al 47°.

La degustazione di ieri sera ne è stata la riprova: solo i vini che arrivavano dalla via che dal 45° parallelo di Verona si dirige verso nord sono piaciuti al nostro pubblico: abbiamo avuto un buon Trentino Riesling Cancor 2012 della Cantina di Cembra (gruppo LaVis) e poi anche un Alto Adige Riesling Rohracker 2012 di Peter Zemmer di Cortina; ma l’eccellenza l’abbiamo trovata ancora più su, con l’Alto Adige Valle Isarco Riesling Praepositus 2011 dell’Abbazia di Novacella a Varna e, sopra tutti, con uno splendido Alto Adige Val Venosta Riesling Castel Juval 2011 della Tenuta Unterortl di Castelbello.

Gigi Brozzoni

I nostri soci presenti hanno votato:

Maurizio Andreini: Alto Adige Val Venosta Riesling Castel Juval 2011 della Tenuta Unterortl di Castelbello, Alto Adige Valle Isarco Riesling Praepositus 2011 dell’Abbazia di Novacella a Varna e Trentino Riesling Cancor 2012 della Cantina di Cembra, rispettivamente.

Oliviero Manzoni: solo il Trentino Riesling Cancor 2012 della Cantina di Cembra

Silvio Magni: Alto Adige Val Venosta Riesling Castel Juval 2011 della Tenuta Unterortl di Castelbello, Alto Adige Valle Isarco Riesling Praepositus 2011 dell’Abbazia di Novacella a Varna e Trentino Riesling Cancor 2012 della Cantina di Cembra, rispettivamente.

CATERINA DEI, IL NOBILE DI MONTEPULCIANO E LA RISERVA BOSSONA

Ci sarà voluta l’intuizione del nonno Alibrando Dei, il quale a metà degli anni Sessanta individua nell’anfiteatro di Bossona un’area altamente vocata alla viticoltura, tanto che l’acquista e ci pianta una vigna. Ci sarà voluta anche la capacità imprenditoriale del babbo Glauco Dei, il quale negli anni Ottanta acquista altri terreni, impianta nuovi vigneti e costruisce una cantina dove, dal 1985, decide di vinificare le uve prodotte. Ma ci sono senz’altro voluti l’impeto e l’ardore di Caterina Dei per abbandonare la sua passione per la musica e trasformare un’azienda agricola in un gioiello della viticoltura e dell’enologia nazionale, capace di produrre vini conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo. Perché è Caterina che in questi pochi anni è riuscita a diventare non solo portavoce e ambasciatrice dell’Azienda, ma artefice e propulsore del suo sviluppo e del suo inarrestabile progresso qualitativo.

Più anticamente ci è voluto un primo sviluppo di Montepulciano in epoca Longobarda, poi ci è voluto il periodo aureo tra il Quattrocento e il Cinquecento, scandito da stabilità politica, prestigio culturale, fioritura artistica. Ci volle il fervore poetico di Angelo Poliziano, l’impeto artistico che portò a Montepulciano i più grandi architetti dell’epoca per costruire sontuose dimore patrizie e splendide chiese; e ci vollero bravi contadini che producevano ottimo vino per le famiglie patrizie di Montepulciano. Ma per trasformare il buon vino di Montepulciano in Vino Nobile ci volle anche l’acume di Sante Lancerio, il coppiere di Papa Paolo III Farnese, che glielo fece conoscere ed apprezzare, e poi anche la perspicacia di Francesco Redi, insigne naturalista e poeta, che nel suo ditirambo “Bacco in Toscana” del 1685 lo esalta e lo magnifica. In effetti ci volle anche la nascita di un vitigno, frutto di innumerevoli incroci e mutazioni causate dal lavoro di vecchi contadini, che sembra sia stato dedicato a Giove, il Sangiovese per l’appunto, e ancora più anticamente ci volle la deriva dei continenti che nel Pliocene medio-inferiore diede vita e forma a questo suolo in località Bossona, composto da sabbie e sabbie argillose associate a blocchi o lenti di lignite torbosa in cui affiorano blocchi di calcari mesozoici in forma caotica derivanti da frane e scivolamenti sottomarini.

Ora a Caterina Dei basta coordinare un’efficiente squadra di lavoro in campagna, un accurato gruppo di lavoro di cantina, guidato da Jacopo Felici sotto l’attento controllo dell’enologo Niccolò d’Afflitto, e sperare che il cielo dia acqua quando serve per far crescere bene le viti, che il sole dia luce e calore per far maturare bene le uve e che la volta celeste non le crolli in testa come temeva sempre Asterix.

Poi è sufficiente portare al Seminario Veronelli otto annate di Vino Nobile di Montepulciano Riserva Bossona del 2000, 2001, 2003, 2004, 2006, 2007, 2008, 2009 e farlo assaggiare ad un curioso gruppo di appassionati degustatori di vino per ricevere consensi ed applausi. Facile, no?

Gigi Brozzoni

 

Permanent link to this article: https://www.slowfoodvalliorobiche.it/le-degustazioni-di-autunno-del-seminario-veronelli-7/