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Ago 26 2017

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LE GUIDE DEL VINO SONO IN CHIUSURA: TENDENZE, NOVITÀ E CONSIDERAZIONI

Agosto, tempo di vendemmia, sì, in evidente anticipo, come scriviamo ormai da settimane, ma anche di guide, ormai in chiusura e pronte per andare in stampa e raccontare agli enoappassionati cosa li aspetterà in enoteca da qui ai prossimi mesi, con qualche anticipazione e tante curiosità.

Tra le tendenze chiare che emergono, sempre più la possibilità di bere grandi vini a prezzi vantaggiosi, in tutta Italia, la crescita generalizzata del Sud che si conferma, anche se al vertice della qualità riconosciuta restano Piemonte e Toscana, ma non solo con le denominazioni più blasonate. Ma si registra anche un cambiamento generalizzato dello stile produttivo più verso la freschezze e l’eleganza che verso la potenza dei vini, e la crescita di tante denominazioni e vitigni meno conosciuti, anche perché c’è più voglia di andare alla scoperta di novità.
La guida sta per chiudersi – racconta Marco Sabellico curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, insieme ad Eleonora Guerini ed a Gianni Fabrizio – siamo giunti alla trentunesima edizione e il collage che proporremo è fatto dalle grandi aziende ma anche dalla produzione artigianale da poche migliaia di bottiglie, di cui l’Italia è piena. Il numero dei Tre Bicchieri sarà come lo scorso anno, cinque in più o cinque in meno – continua Sabellico  mentre a sorprendere sempre di più è il Sud Italia nel suo complesso. Anche in questa parte d’Italia lo stereotipo dei vini tutta potenza e muscoli sta lasciando il posto a prodotti più eleganti e di articolazione più leggiadra. Questo stando ad alcuni Primitivo di Manduria e Nero d’Avola davvero dalla cifra stilistica molto diversa dal recente passato. La Sicilia però parla soprattutto di Etna e anche la produzione di vini dolci sta cambiando approccio. Calabria in grande spolvero e la Campania ormai è avviata ad essere il “Friuli o l’Alto Adige” del Sud. Marche sempre più targate Verdicchio, mentre l’Umbria parla la lingua del Sagrantino. La Toscana, nonostante l’incrocio di annate non proprio memorabili, ha sfornato la solita qualità dei rossi e a Montalcino sono andati benissimo i Rosso. In Piemonte, Barolo e Barbaresco si confermano il top. In Emilia Romagna, Lambrusco da un lato e Sangiovese dall’altro, sono i protagonisti con vini freschi e di grande bevibilità. Friuli e Alto Adige sono le Regioni bianchiste per eccellenza del Nord, dove è quasi impossibile premiare un rosso, data la qualità della produzione a bacca bianca. Valtellina in grande spolvero, come il TrentoDoc. Abruzzo ormai Regione matura sul Montepulciano e non priva di sorprese con i Pecorino e i Trebbiano. Valle d’Aosta e Liguria – conclude il curatore della guida dei Tre Bicchieri – sono territori di grande fascino con produttori artigiani che tirano fuori vini in condizioni difficili e dotati di grande carattere territoriale”.
Tendenze enoiche che, in qualche mondo, trovano corrispondenza nella guida I Vini d’Italia de L’Espresso, che presenta anche qualche novità editoriale, come spiega Antonio Paolini, co-curatore insieme ad Andrea Grignaffini e al coordinatore nazionale Maurizio Valeriani: “la nostra guida è fatta di classifiche da 100 vini, quelli da comperare, quelli da bere subito e quelli da conservare, e da quest’anno aggiungiamo i 100 da “riassaggiare”. Parliamo di vini di 20-25 anni, che oggi secondo noi danno il meglio di loro, e che raccontano la storia di queste ultime due decadi decisive per il vino italiano, che ne hanno consacrato il vero “Rinascimento” enoico. Ma non solo: siccome ci sembra ormai troppo generico dire “il Piemonte cresce”, per esempio, all’interno delle nostre classifiche dei vini, di fatto abbiamo classificato anche le singole denominazione, dando loro un diverso spazio. Detto questo, a livello di macro tendenze, visto che si parla tanto di bollicine, va sottolineato che alla crescita del successo commerciale della tipologia fa riscontro un allargamento della forbice. Da un lato si trovano tanti spumanti quanto meno discutibili, dall’altro alcuni produttori e zone storiche sono spinte anche dalla concorrenza a lavorare molto sulla qualità e sulla caratterizzazione, ed in questo senso crescono molto in finezza territori come la Franciacorta, il Trentino e l’Alto Adige, per esempio. Ancora, siamo rimasti sopresi dall’andamento di alcune denominazioni di Toscana, come il Rosso di Montalcino. Da segnalare anche la crescita corale della Campania, che mostra sempre più una qualità alta e diffusa e un grande rapporto con li prezzo, e si confermano ad alti livelli anche le Marche, soprattutto con il Verdicchio, e l’Abruzzo, anche grazie al lavoro su vitigni come il Pecorino. E sta vendendo fuori alla grande la Sardegna, con i suo vermentini che ormai sono una grande realtà, ma anche con denominazioni più piccole e meno conosciute come le Doc Mandrolisai e Monica, che ci hanno davvero sorpreso. In ogni caso, nel lavoro che stiamo facendo, ci stiamo accorgendo che, nonostante la dimensione ormai enciclopedica delle guide tradizionali, c’è una quantità enorme di piccoli produttori di eccellenza che negli anni, per molti motivi, sono stati trascurati. E lavorando sulla classifica del rapporto qualità prezzo, ci siamo accorti che in questo momento, sarà stata anche la crisi che ha cambiato un po’ le cose, si può bere davvero molto bene senza svenarsi: c’è una platea di vini a prezzi estremamente vantaggiosi, grandi eccellenze anche sotto i 10 euro a bottiglia”, conclude Paolini.
Un criterio, quello della spesa, molto caro anche a Slow Wine di Slow Food che, come spiegato a WineNews da Fabio Giavedoni, co-curatore, insieme a Giancarlo Gariglio, nell’edizione 2018 “non riserverà grandi novità”, puntando invece sul suo tratto distintivo, quello di cercare sempre vini prodotti nel rispetto del territorio, senza dare punteggi, ma piuttosto consigli.
Con un occhio al portafoglio. “Mai come nel 2018 abbiamo puntato con forza su una tipologia, quella dei vini quotidiani. Ci siamo trovati – spiega Giavedoni – di fronte ad un bivio: con l’aumento dei prezzi di questi ultimi anni, avremmo dovuto decidere o di spostare il prezzo massimo da 10 a 12 euro a bottiglia in enoteca, o approfondire ancora di più le nostre ricerche, come abbiamo fatto, Regione per Regione, trovandoci di fronte a tante sorprese, specie tra le denominazioni meno conosciute, dalla Puglia all’Emilia Romagna, passando per la Lombardia. Questo, però, non vuol dire che si possa bere bene spendendo il giusto anche nelle più blasonate Piemonte e Toscana. Se Barolo e Nebbiolo vivono su livelli di prezzo decisamente importanti – continua il co-curatore della guida Slow Wine – ci sono Dolcetti e Barbere davvero interessanti, mentre tra i toscani c’è solo l’imbarazzo della scelta, tra Chianti, Sangiovese, Ciliegiolo, Morellino di Scansano e tanti ottimi bianchi”.
Un altro aspetto che emerge dalla guida Slow Wine 2018 riguarda invece l’annata 2014. “Che definirei sfortunata – dice ancora Giavedoni – anche se in alcune zone potremmo dire persino catastrofica. Come in Valpolicella, con gli Amarone che mostrano tutti i limiti di un’annata difficile e piovosa. In Piemonte, con i Barolo, c’è ancora da aspettare, ma dagli assaggi in anteprima e dalle chiacchiere con i produttori emerge come ad attenderci ci sia un’annata inferiore alla media. Meglio, invece, va al Barbaresco, dove le precipitazioni non sono state così abbondanti come in Langa, ma circa la metà (1.000 millimetri, ndr), così come nel Chianti Classico, ed in generale nei territori più caldi della Toscana”.
Il focus, quindi, si sposta sulle Regioni del Sud Italia, tra speranze confermate e qualche sorpresa. “C’è una Sicilia che difficilmente arriva sugli scaffali della gdo, fatta di piccole aziende, che è ormai diventata un punto fermo dell’enologia del Belpaese, a partire, ovviamente dall’Etna, che per noi – sottolinea il co-curatore di Slow Wine – è soprattutto terra di grandi bianchi. Come l’Abruzzo del resto, conosciuto più per i rossi, che produce in gran quantità, ma che proprio tra i bianchi nasconde le cose migliori. E poi c’è la Puglia, con un’attenzione particolare, da parte nostra, ai rosati, che nonostante un 2016 piuttosto caldo hanno confermato quanto di buono mostrato un anno fa. Ma è una Regione in crescita un po’ dappertutto, anche tra le cantine di Troia, dove piano piano si stanno arrivando a produrre Nero di Troia di una certa freschezza”.
Ad aver davvero sorpreso, però, è un altro grande vitigno autoctono, a volte poco considerato, ma che ha vissuto quella che, per Fabio Giavedoni, è stata “la vendemmia del secolo”. Si parla della Schiava, che “in Alto Adige, nel 2016, ha visto la migliore vendemmia di questo secolo, davvero eccezionale”. Infine, chiosa sul Friuli e sui vini che, da qualche tempo, stanno rubando la scena: “i macerati, vini che dividono molto la critica, ma a prescindere dal fatto che si amino o si odino, è evidente a tutti come si stia raggiungendo un livello di finezza e rigore stilistico davvero importante, capace, questo sì, di mettere d’accordo tutti, al di là dei gusti personali”.
In generale, tutti i territori stanno modificando il loro approccio al mondo del vino, privilegiando la fragranza profumi e sapori” dice invece Gigi Brozzoni, curatore de La Guida Oro I Vini di Veronelli del Seminario Permanente Luigi Veronelli, secondo cui non è esagerato dire che l’edizione 2018 della guida più longeva del Belpaese premi avanguardisti ed innovatori. “C’è una innovazione stilistica che sta prendendo sempre più piede – spiega Brozzoni – con modelli che vanno ad imitare vini di grande successo, italiani e internazionali, come lo stile borgognone per i Barolo di nuova concezione, per l’Etna e per molte altre Regioni che stanno ripensando il modo di vinificare. Si stanno esprimendo vini sempre meno muscolari rispetto al passato, vini nuovi ed interessanti anche grazie ad una capacità e ad una conoscenza che prima non c’era, stiamo facendo un salto nel futuro, con vini che fino a 10 anni fa non avevamo mai bevuto in Italia, e che erano quasi inimmaginabili. E non si può semplificare il tutto, come fanno molti, ad un diverso uso della botte grande o piccola, o dei legni in generale, è un cambiamento complessivo, da cui nascono vini molto chiari, luminosi, che giocano sull’immediatezza dei profumi con risultati incredibili. Da segnalare in questo senso la continua crescita dell’Alto Adige, come del Friuli, che sa puntando sempre più su fragranza, freschezza ed eleganza con grandi risultati. In Sicilia continua il fenomeno Etna, mentre in Piemonte, dove chi ha lavorato bene nonostante un’annata 2014 ha tirato fuori grandi vini, sul fronte del Barbaresco, il rischio è la “barolizzazione”. Tutti per ovvi motivi puntano sul Barolo, anche con grandissimi vini, ma di fatto, a parte qualche movimento sul fronte Barbera con il Nizza, stanno sparendo Dolcetto, Arneis e i tanti vini e vitigni che hanno fatto grande il Piemonte. E c’è anche un altro problema da sottolineare: molte piccole Regioni e territori, pur facendo vini di qualità, si stanno chiudendo su loro stesse, sfruttando i flussi turistici per vendere le loro bottiglie, investendo poco sulla distribuzione sul mercato. E se le mode turistiche cambieranno, c’è il rischio per questi territori di trovarsi spiazzati”.
Da Bibenda della Fondazione Italiana Sommelier (Fis) di Franco Ricci, invece, arrivano più che altro conferme, “anche perchè è presto per dire qualcosa di più, siamo ancora alle finali della nostra guida, che è enciclopedica. Di certo c’è la conferma di Piemonte e Toscana ai vertici assoluti, e quasi sicuramente del Friuli Venezia Giulia sul fronte bianchista”. Fonte: winenwes – 24.08.2017

 

 

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