«

»

Set 05 2017

Print this Articolo

IL CLIMA CAMBIA, LA VITICOLTURA, DI CONSEGUENZA, ANCHE, E LA SCIENZA CERCA RISPOSTE

In una delle estati più calde e siccitose degli ultimi 150 anni, arriva dalla ricerca scientifica una buona notizia per i vigneti: nuovi portainnesti che ottimizzano l’utilizzo dell’acqua, resistono agli stress idrici e riducono, in media, del 30% i consumi del prezioso elemento. Un annata così anomala, che ha fatto calare la produzione viticola in maniera notevole toccando anche punte superiori al 40% in alcune Regioni (con una vendemmia ai minimi storici, -24% sul 2016, a 41,1 milioni di ettolitri, stima di Assoenologi che, probabilmente, sarà da rivedere a ribasso) ma che soprattutto può avere inciso sulla qualità chimica dei grappoli (non ancora misurabile finché non arriveranno in cantina), ha sollevato un dibattito molto sentito sull’eventualità che questo 2017 possa rappresentare uno spartiacque fra l’enologia del passato e quella del futuro: “quello che, secondo me, è da considerare è il modo nel quale noi, nei prossimi anni, dovremo far fronte a questi fenomeni climatici, che non saranno più, probabilmente, degli eventi straordinari, ma delle costanti abbastanza ripetibili”, ha infatti dichiarato Attilio Scienza a WineNews, pochi giorni fa, riferendosi alla necessità di riscoprire certe antiche “buone usanze contadine” e, soprattutto, all’uso di quegli efficaci strumenti che la ricerca scientifica nella genetica ci sta gradualmente consegnando.
È, quindi, un contesto climatico complesso come quello appena descritto, che accoglie l’arrivo di questi nuovi “portainnesti M”, che puntano da offrire una risposta concreta ai cambiamenti in atto e al tema della water footprint nel vigneto per una diversa sostenibilità, anche economica, della viticoltura. Frutto del progetto di ricerca dell’Università di Milano supportato dalle imprese vitivinicole riunite in Winegraft (Ferrari, Zonin, Banfi, Armani Albino, Cantina Due Palme, Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare, Cantine Settesoli, insieme a Fondazione di Venezia e Bioverde Trentino, sotto il coordinamento dello professor Scienza), nata proprio per sostenere questo progetto e poter creare così un innovativo sistema virtuoso di collaborazione tra università, aziende e mercato, che permette alla ricerca di finanziarsi con i proventi derivanti dalla commercializzazione dei nuovi portainnesti affidata, in esclusiva mondiale, ai Vivai Cooperativi Rauscedo.
I primi risultati della sperimentazione avviata da alcune aziende in varie regioni italiane, su diversi vitigni innestati con gli M, hanno portato a scoprire una eccezionale capacità di resistenza allo stress idrico che, grazie ad un utilizzo biochimico più efficiente dell’acqua, mostrano un consumo nell’intero ciclo vegetativo minore del 25-30% rispetto ai portainnesti tradizionali, a parità di condizioni pedoclimatiche e di vitigno, senza perdere in quantità e qualità produttiva. Tradotto in numeri, se consideriamo una produzione media ad ettaro di 120 quintali di uva per 85 ettolitri di vino (con un consumo annuo di acqua, secondo i calcoli dell’associazione Water Footprint Network, di 81.600 ettolitri) con l’utilizzo degli M si risparmierebbero 24.500 ettolitri di acqua ad ettaro ogni anno.
Significa che, ad esempio, se tutti i vigneti della Lombardia – che nel 2016 hanno prodotto 1,47 milioni di ettolitri di vino – fossero innestati sugli M, si risparmierebbero ogni anno 426 milioni di ettolitri di acqua, pari a due volte e mezzo il lago d’Iseo. Un risparmio considerevole, ambientale ma anche economico: “il primato nella water footprint dei portainnesti M – ha commentato il presidente di Winegraft, Marcello Lunelli, vice presidente di Cantine Ferrari – testimonia efficacemente quanto stiamo sostenendo da tempo e cioè che, investire in sostenibilità ambientale produce effetti positivi diretti anche nella sostenibilità economica delle imprese”.
I recenti sviluppi della ricerca portata avanti dall’equipe dell’Università di Milano e di Winegraft, collegati all’analisi dei risultati degli impianti dei vigneti sperimentali, hanno permesso di individuare con precisione il meccanismo che aiuta il risparmio idrico dei portainnesti. “La capacità di resistere agli stress idrici e quindi mantenere vigoria con carenza d’acqua – illustra Attilio Scienza, animatore del progetto di ricerca – è ottenuta attraverso due strategie diverse dai portainnesti M2 e M4. Il primo ha un’ottima capacità di esplorare il suolo, anche in profondità, riuscendo ad accedere a riserve idriche che altri genotipi non riescono a raggiungere, combinato ad un minor vigore indotto alle viti e pertanto un minor fabbisogno idrico. L’M4, invece – continua Scienza – ha mostrato meccanismi di maggior efficienza nell’uso dell’acqua, in particolare in condizioni di stress idrico. Le piante innestate sull’M4 riescono ad avere un’attività fotosintetica elevata anche con poca acqua, senza dissipare la risorsa, ma aumentandone l’efficienza d’uso. Insomma, minori consumi di acqua per elevati standard produttivi sia in quantità che qualità”.
I risvolti di questi sviluppi della ricerca saranno fondamentali per il futuro della vitivinicoltura italiana e mondiale. “Il processo di riscaldamento globale – spiega ancora Attilio Scienza – sposterà gradualmente nei prossimi trent’anni la viticoltura mondiale verso le zone più fresche del pianeta. Nel nostro Paese, in particolare, assisteremo alla migrazione dei vigneti dalle zone costiere verso le aree collinari, sia nelle due grandi isole sia negli Appennini, che presenteranno una condizione climatica complessiva più favorevole, dovuta alla disponibilità di acqua. I portainnesti M saranno indispensabili per accompagnare questo percorso, abituare i viticoltori al cambio di regime idrico permettendo di mantenere la produzione viticola nelle aree che subiranno gli effetti maggiori del cambiamento climatico. Non si potrà cambiare improvvisamente il modello viticolo interrompendo la produzione in questa fase di passaggio: gli M aiuteranno il viticoltore nel processo di delocalizzazione permettendogli di non interrompere il ciclo produttivo e rimanere sul mercato”.
E dai laboratori dell’Università di Milano, grazie al “ponte” tra ricerca e mercato attivato da Winegraft, i portainnesti M sono arrivati, lo scorso anno per la prima volta sul mercato. Nei prossimi mesi, Vivai Cooperativi Rauscedo moltiplicherà e commercializzerà gli “M”, rendendo disponibili per la seconda campagna di impianto oltre 200.000 di barbatelle di vari vitigni – tra cui Glera, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, le Corvine, Montepulciano, Sangiovese e Primitivo – prodotte proprio su questa nuova generazione di innesti. fonte: winenews

Permanent link to this article: https://www.slowfoodvalliorobiche.it/il-clima-cambia-la-viticoltura-di-conseguenza-anche-e-la-scienza-cerca-risposte/