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Ott 12 2018

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COSÍ SI BEVE IL VINO

Il manuale scanzonato ma sapiente del grande Gianni Brera torna in libreria

Pubblicato nel 1986, la guida del giornalista sportivo riprende vita grazie a De Piante Editore, tra aforismi, abbinamenti e critiche al mondo enoico

Di libri che parlano di vino, di coltivazioni diverse, di abbinamenti col cibo, di vino per ogni occasione, di atlanti, ce ne sono veramente tantissimi. Scrivere un libro sul vino originale, particolare, non è facile: tra chi c’è riuscito, e bene, c’è sicuramente Gianni Brera, l’Omero del giornalismo sportivo italiano, scomparso nel 1992, per 17 al Guerin Sportivo, poi alla Gazzetta dello Sport, che ha seguito il Tour de France, che ha scritto di atletica, che si è imposto come cantore del calcio, a cui si deve la nascita di termini come “goleador” e “contropiede”, e grazie a cui i calciatori sono diventati personaggi mitologici. E grande, grandissimo, amante di Bacco. Il suo “Così si beve il vino”, volume del 1986 e ristampato in 300 copie da De Piante Editore, è allo stesso tempo guida per baldi cultori di enologia e spasso per linguisti. Brera, con genio alcolico, si allinea al genere del componimento dedicato a esaltare le esalazioni mistiche del vino, ripercorrendo e sviscerando una sfilza di deliziosi aforismi a tema enoico. Non facendosi mancare saggi quanto ironici e divertenti, nel suo stile, consigli di accostamento tra vino e cibo, come per chi “ostenta di pasteggiare a champagne” e “lo fa per strabiliare” non è degno di altra astuzia che lo sfottò, a cui si può solo dire “che sa di turacciolo: non si merita altro”. Sfacciata ironia che non nasconde una certa conoscenza, anche tecnica, del mondo vitivinicolo, a cui non si risparmia di muovere critiche, nemmeno troppo velate.

Ad ogni modo, ciò che sta davvero al centro del mondo enoico, per Gianni Brera, è il bere vino, e va fatto “alla Brera” in tre mosse, definite e definitive: intanto, “va odorato con un lieve moto circolare del bicchiere”, poi “lo si accosta lentamente alle labbra e si alza in modo che la lingua ne sia ragionevolmente bagnata”; infine, “quando si sia definita la classe del vino, allora non bisogna indugiare troppo”. Alla fine, insomma, dopo le speculazioni, si beva, lasciando gli aggettivi a giacere in gola.

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