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Nov 11 2010

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CENA DELL’ALLEANZA PER TERRA MADRE: PAOLO FROSIO

In questo inguardabile scorcio da fine impero dove anche le domus vengono lasciate deperire e cadere, dove anche il mitico nordest annaspa nel fango, è confortante appigliarsi a qualche certezza.
I Frosio rappresentano un sicuro e rigenerante approdo. Almeno per i nostri sensi!
Numerosi appuntamenti si sono susseguiti in quel di Almé, mai al di sotto dell’eccellenza.

Ulteriore tappa nel sontuoso percorso delle cene imperniate su Presìdi e prodotti buoni, puliti e giusti ci si aspetta una prova all’altezza della fama. Fama rinvigorita dalla definizione del locale, da parte di un noto goloso, quale miglior alfiere della gastronomia orobica. La combine prevede il gradito ritorno della cantina Angelo Negro di Monteu Roero.
L’entrée rende omaggio alle terre dei vignaioli riservandoci un delizioso e gentile peperone con tonnata a cui si accompagna a puntino l’esplosione di mineralità del bianco d’apertura che racconta per filare  e per segno le caratteristiche geo morfologiche del terroir. Esercizio di stile ben riuscito, il primo cimento dello chef è condito dalle divagazioni sinestetiche del nostro tavolo, tra gusti rotondi e profumi croccanti queste ci traghettano verso la suadente composizione cromatica dei tortelli alla mortadella che riempie occhi e nari. In bocca equilibrio ed eleganza. Un arneis, terragno come si conviene, ben gli si accompagna.
E’ il momento del Prachiosso 07, Nebbiolo del Roero che racconta tutta la distanza geologica dall’oltre Tanaro che pure è a due passi. Affinato in botte per 22 mesi, e si sente, è un distinto signore che veste velluto in luogo del fustagno di Langa come,  con mirabile metafora, sentenzia l’elegantissima ‘pasionaria’ della Condotta. Viene servito su un Agnello d’ Alpago (presìdio) che letteralmente si scioglie in bocca con una delicatezza e sapidità che  stupiscono quanto l’apparente semplicità dell’esecuzione.
Ma la chiave di volta della cucina dello chef sta tutta lì.
Paolo si è tuffato con gioviale e giovanile passione nella proposta reiterata dei Presìdi, presenti in massiccia delegazione nella carta del ristorante da tempi non sospetti, in appuntamenti settimanali sta percorrendo in lungo e in largo la penisola interpretando alla grande questi prodotti, spesso rarissimi, spesso difficili da avere, sempre di qualità superba. Compone menù di sicura suggestione portando in tavola il meglio, contribuendo a far conoscere e sviluppare filiere e tradizioni di grande valore. Non solo gastronomico.
Camillo invece rotea tra i tavoli, mesce vino, mescola arguzie e frecciate con piglio  dissacrante, alla Jack Nicholson mi vien da dire. Puntuale e dinamico ci propone un moscato en primeur, imbottigliato la mattina stessa dai Negro. E’ certo un poco scomposto e scarmigliato ma si espande in un sentore di timo ed elicriso, in luogo della classica salvia, piacevolissimi. Gli tocca di supportare un bocciolo di gelato all’anice da cui spuntano petali di fichi di Carmignano, compito ingrato perché il dessert è sublime.
A microfoni spenti Paolo confida e  una predilezione personale per i fichi e lo stupore di vederli consegnati con una confezione sobria ed elegante che riporta alla nostra infanzia e alle frugali delizie dei natali veri. In luogo delle proverbiali ciliegie, difficile fermarsi nella foga dell’uno dopo l’altro.
Delicatezze in tono con il locale (immancabili le meravigliose gelatine all’uva di pergola) chiudono, con un caffè come si deve, una serata di nuovo …memorabile.
LB

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