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Mar 09 2017

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LA LEVATA DI SCUDI DI 200 PICCOLI VIGNAIOLI DEL BELPAESE CONTRO L’OBBLIGO DEI REGISTRI INFORMATICI IN CANTINA

Non si arresta il fronte dei vignaioli critici verso uno dei punti cardine del decreto “Campo Libero”, fortemente voluto da Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, e nato per rendere più snella la gestione delle imprese agricole, ossia la dematerializzazione dei registri di carico e scarico, con l’accantonamento della documentazione cartacea in favore del registro digitale. Una novità vissuta, da tanti piccoli produttori, come un’imposizione ed una complicazione, anche per colpa di una rete telematica che, nelle campagne del Belpaese, è tutt’altro che all’altezza delle necessità di un’azienda moderna.
Un disagio sfociato in una lettera, firmata da 200 viticoltori, piccoli e medi, dall’abruzzese Emilio Pepe alla emiliana La Stoppa, dal friulano Dario Princic alla lombarda Ar.Pe.Pe., e ancora i vignaioli piemontesi di San Fereolo, Rinaldi e Tenuta Bricco Boschis, Tenute Dettori dalla Sardegna, il siciliano Fenech, i toscani Pacina, Val delle Corti, I Fabbri, Monteraponi, Pian dell’Orino e San Polino, e la veneta Corte Sant’Alda insieme per chiedere al Governo, ed in particolare al Ministro delle Politiche Agricole, un deciso cambio di passo, a partire proprio dalla sburocratizzazione della gestione aziendale, che passa però per tante altre richieste, che riguardano non solo la semplificazione a livello gestionale, ma anche di altri ambiti del lavoro in vigna, dalla gestione della manodopera in vendemmia alla necessità del patentino per i fitofarmaci, fino alla lista degli ingredienti in etichetta.
Ma cosa chiedono, di preciso, i piccoli vignaioli al Governo? Sono otto le richieste, cui fa seguito la “minaccia”, in caso di mancato accordo, di un Campagna di disobbedienza civile, invitando tutti i vignaioli italiani a non ottemperare alle richieste di adeguamento ai registri telematici. Prima di tutto, “l’abolizione dei registri di cantina: ognuno di noi è obbligato a compilare ogni dicembre la denuncia di produzione delle uve e a fine luglio la dichiarazione di giacenza del vino. Se a questi due documenti affianchiamo le fatture di vendita, abbiamo tutte le informazioni necessarie per effettuare il controllo delle produzioni … Per i piccoli produttori (entro i 1.000 ettolitri l’anno) che non acquistano vino i registri non servono. In subordine proponiamo di mantenere i registri cartacei ed agevolarne la tenuta al produttore che non acquista vino, posticipando il termine ultimo per la compilazione del registro di vinificazione al momento della dichiarazione di produzione; per imbottigliamento e tagli al momento della denuncia di giacenza. Proponiamo inoltre di eliminare l’obbligo di tenuta del registro di commercializzazione sotto i 1.000 ettolitri: è un duplicato del registro di vinificazione/imbottigliamento e dei movimenti già tracciati con altri documenti”. La seconda proposta riguarda, invece, un altro comparto, quello dell’olio extravergine di oliva: “anche per l’olio extra vergine di oliva chiediamo di portare il limite per l’esenzione dalla compilazione dei registri telematici dagli attuali 350 chilogrammi a 3.500 chilogrammi annui di produzione di olio”.
E ancora, la richiesta, “per chi è imprenditore agricolo a titolo professionale da almeno 5 anni di sostituire con un’auto dichiarazione i corsi e i relativi patentini per guida trattori. Se lo scopo dichiarato è aumentare la sicurezza dei lavori in campagna, allora si diano contributi diretti per l’adeguamento delle macchine”, ma anche “l’esenzione tale dal patentino fitofarmaci nel caso in cui si utilizzino esclusivamente fitofarmaci a base di sali di rame e/o zolfo”.
Un’altra richiesta riguarda invece “l’eliminazione delle prestazioni viniche obbligatorie che sono misure anacronistiche. Inoltre, eliminando la distillazione obbligatoria delle vinacce (cioè regalare le vinacce alle distillerie) si creerebbe un valore di mercato per tutti i prodotti agricoli destinati alla distillazione. Proponiamo di eliminare l’obbligo di dichiarazione preventiva, incentivando il procedimento di smaltimento agronomico delle vinacce”.
I firmatari della lettere propongono quindi il “la semplificazione del modello Intrastat (basterebbe un elenco delle fatture inviate con Pec) e scadenza annuale per i vignaioli che producono meno di 1.000 ettolitri”. Ed ancora “chiediamo che in vendemmia e per la raccolta delle olive si possa ricorrere alla manodopera parentale e amicale con assicurazioni agevolate, con un forfettario assicurativo proporzionato alle dimensioni aziendali”. Per finire, la possibilità “che su base volontaria e non obbligatoria sia possibile riportare nelle etichette del vino la lista degli ingredienti”.
La situazione dei piccoli vignaioli nella lettera inviata al Ministero delle Politiche Agricole, Martina
“In Italia ci sono 52.000 produttori – si legge nella lettera aperta spedita al Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina – e di questi 48.000 imbottigliano meno di 1.000 ettolitri, il 53% della produzione è ottenuta dalle cantine cooperative, mentre la superficie media è di soli 1,6 ettari. Rappresentiamo, quindi, il 90% dei produttori e non più del 30% della produzione totale.
Perché allora non pensare un sistema adatto alle esigenze del maggior numero di produttori? Siamo quelli che abitano e conservano i borghi rurali e i loro territori che, senza di noi, andrebbero irrimediabilmente in abbandono. La burocrazia sta uccidendo le nostre aziende e il nostro sistema agricolo, fatto esclusivamente di micro imprese. Crediamo che si debba rallentare questa corsa alla burocratizzazione estrema – continua la lettera – dove per ogni azione concreta sono richieste decine di pezzi di carta e gigabyte che tanti di noi non hanno la possibilità di seguire, di compilare e di pagare: i nostri piccoli numeri ci impongono delle scelte, e noi alla fine dobbiamo scegliere sempre la terra, la pianta, il vino. Inoltre, non siamo più disposti a dover pagare corsi e consulenti per poter fare il nostro lavoro. In pratica, non vogliamo mantenere un’economia virtuale e parassitaria, spesso rappresentata dalle associazioni di categoria, sindacati o società di consulenza.
Il tutto col beneplacito di chi avrebbe dovuto difendere la nostra vita e il nostro lavoro: si chiamino associazioni di categoria, sindacati o altro ancora, di antica o recente costituzione. Vogliamo reagire, rispondere, non per ottenere qualche mediocre compromesso, ma per imporre la nostra idea di lavoro, di rapporti umani; per riappropriarci del nostro tempo. A questo si aggiunge il fatto che delegare tutti gli adempimenti a servizi on line richiede una connessione potente e veloce e forse non ci si rende conto di quale sia lo stato delle Adsl nelle campagne italiane. Non si comprende perché le uniche esenzioni concesse siano a favore delle piccole produzioni che effettuano vendita diretta in azienda o per quelle fino a 1.000 ettolitri che non imbottigliano. Sembra che l’obiettivo sia quello di ostacolare la partecipazione delle piccole aziende al Mercato Globale, riservandolo così alle grandi imprese”.

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