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Feb 29 2008

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LE DEGUSTAZIONI DI PRIMAVERA DEL SEMINARIO VERONELLI

 

 

SAUVIGNON 2006 – PINOT NERO 2005 OLIO EXTRA VERGINE D’OLIVA 2007 – BRUNELLO DI MONTALCINO 2003 – ETNA ROSSO 2005 – CHARDONNAY 2006  

 

SAUVIGNON 2006 

Nato in Bordeaux il Sauvignon ha dato vita a grandissimi vini (basta ricordare Haut Brion Le Blanc di varie annate giudicato il più grande bianco del mondo e capace di grandi invecchiamenti).
Responsabile della nascita del Cabernet Sauvignon dall’incrocio con il Cabernet Franc, è andato un po’ in giro per il mondo:  Valle della Loira con il Sancerre ed il Puilly Fumé in Francia, Alto Adige e Friuli in Italia, fino a raggiungere la Nuova Zelanda dove ha trovato l’habitat ideale creando grandi vini, di spiccata personalità e molto apprezzati.
I Vini degustati rimarcano la tendenza al ritorno ad una estrazione non così spinta dei fattori aromatici di moda fino a poco fa. C’è stato, di fatto ad un ritorno alla tradizione ed alla riconferma delle filosofie precise di ogni azienda.
L'annata 2006 per il Saugnon è stata una grande annata per la regolarità della stagione che ha consentito perfette maturazioni.
Oliviero Manzoni: vini generalmente buoni anche se pochi di grande livello.
Silvio Magni: vini di grande eleganza con qualche vino anche potente.
Bita Astori: preferiti i vini della tradizione per finezza ed eleganza.
I preferiti:
Picol Sauvignon Venezia Giulia
di Lis Neris e Collio Sauvignon di Ca’ Ronesca da tutti e tre, Collio Sauvignon Ronco delle Mele di Venica & Venica  da Silvio Magni e Oliviero Manzoni, Collio Sauvignon di Villa Russiz da Bita Astori.

 risultato della degustazione 

Se la qualità di un vino si misurasse il mattino successivo, dopo che oltre 600 bicchieri per tutta la notte hanno sparso nell’aria il profumo del poco nettare che ancora contengono, il Sauvignon si guadagnerebbe facilmente il primato tra i vini bianchi. La nostra pur ampia sala degustazioni questa mattina era infrequentabile per il profumo, persino eccessivo, che pervadeva l’aria. Si è dovuto arieggiare il locale per un buon quarto d’ora prima di poter entrare e raccogliere i risultati della degustazione che ha visto la presenza inebriata di numerosi degustatori. Il 2006 si è rivelato un millesimo di prim’ordine, che ha prodotto vini intensi ed eleganti ma soprattutto capaci di evidenziare le diverse personalità dei terroir di provenienza, con sfumature a tratti delicate, a tratti superbe e consistenti. Bisogna anche aggiungere che i bravi vignaioli, per fortuna nostra, hanno ormai perso la voglia di stupire con l’abuso, più che con l’uso, della tecnologia del freddo per esaltare gli aromi varietali più solforati e pirazinici. Quegli imbarazzanti odori di sudore e di pipì di gatto sono un ricordo di un recente passato che abbiamo vissuto con qualche fastidio e oggi hanno lasciato il posto ad uno stile che va alla ricerca di aromi più minerali che rendono più eleganti e complessi i vini. Il miglior terroir, come anche la degustazione di ieri sera ha confermato, può essere individuato nel Collio, dove i suoli costituiti da flysch arenaceo-marnosi, poveri di composti azotati, conferiscono ai Sauvignon intensità aromatica e gustativa sottolineate da una fresca ed incisiva vena minerale. Su tutti ha svettato il Collio Sauvignon Ronco delle Mele 2006 di Venica & Venica seguito da un terzetto formato da Collio Sauvignon di Cà Ronesca, Collio Sauvignon di Mario Schiopetto e da Picol Sauvignon Venezia Giulia di Lis Neris. Molto buoni, comunque, tutti i dodici vini degustati, compresi due insoliti vini marchigiani, dalla personalità più discreta ma parimenti eleganti. Nessuna sorpresa, quindi, ma tutte conferme di eccellenza e continuità, ovvero gli elementi indispensabili alla costruzione di un rapporto stabile con il mercato.
G.B.

 

PINOT NERO 2005

 Appartenente ad un gruppo numeroso di vitigni molto antichi, considerati addirittura arcaici, e sorti da seminagioni naturali o sa mutazioni gemmarie, pare siano noti in alcune forme sin dal tempo dei romani. Originario della Francia, in particolare delle zone vinicole di Champagne e Borgogna, è stato introdotto in Italia in tempi remoti, tanto che le prime notizie della sua coltivazione risalgono al 1747 per opera del friulano Ludovico Bertoli. Ne esistono due tipologie: il primo, decisamente più produttivo e simile a quello coltivato nella Champagne, che viene utilizzato per la produzione di vini bianche o spumanti, ed il secondo, simile a quello Borgognone, più indicato per i vini rossi. Deve la sua fama ai famosi vini rossi della Borgogna divenuti simbolo di una particolarissima eleganza e quindi imitati in tutto il mondo; ma l’estrema difficoltà sia in ambito agricolo che in quello enologico rendono la sua diffusione molto ampia, ma limitata alle zone con climi con forti sbalzi termici ta giorno e notte.
L’annata 2005 è stata una annata fredda e poco assolata; il pinot nero ha sofferto meno di altri vitigni, anche se
Non ha prodotto grandissimi vini.
Carlo Giupponi: vini intriganti, complessivamente piacevoli e didatticamente interessanti.
Bita Astori: tutti un po’ sottotono rispetto ad altre annate
Silvio Magni: complessivamente piacevoli, solo pochi all'altezza.

I preferiti:
tutti e tre i Soci Slow Food hanno preferito Alto Adige Pinot Nero Mason 2005 della Tenuta Manicor di Caldaro, al secondo posto Alto Adige Pinot Nero 2005 di Franz Haas di Montagna ed al terzo il Oltrepo Pavese Pinot Nero Noir della Tenuta Mazzolino di CorvinO San Quirico.

Il risultato della degustazione

Non finisce di stupire
Nonostante il 2005 non si sia rivelata un’annata particolarmente favorevole, ancora una volta Il Pinot Nero è riuscito a stupire, sfoderando il suo grande carattere. Il millesimo, lo ripetiamo da molto tempo, ha fornito temperature estive piuttosto basse ed umidità elevata, non consentendo il raggiungimento di maturazioni ottimali, ma è comunque riuscito ad esaltare la fragranza fruttata, la freschezza, la compostezza e la formidabile classe di questo eccezionale vitigno che, soprattutto nelle annate difficili, è capace di esprimere un forte legame con il suo territorio, imprimendo ai vini una nettissima e distinta personalità. Così, ieri sera, siamo passati dai floreali e fruttatissimi vini altoatesini, ai toni più speziati ed animali dell’Oltrepò Pavese, per giungere fino ai dolcissimi ed affumicati vini di Toscana attraverso una balsamica escursione in Valle d’Aosta. Anche i colori testimoniavano i differenti terroir con tonalità piuttosto variate, che spaziavano dal cerasuolo con sfumature aranciate al rubino più o meno chiaro, sempre caratterizzato, tuttavia, dai tipici toni granata. L’acidità più accentuata nei campioni provenienti dalle regioni del nord ha dato ai vini una bevibilità fresca ed invitante, mentre quelli più meridionali, grazie alla loro maggior tannicità, hanno aggiunto una buona dose di corposità e consistenza.
Le preferenze del pubblico si sono distribuite abbastanza equamente tra i vini delle diverse regioni, ma con due picchi straordinari che hanno portato sulla vetta l’Alto Adige Pinot Nero Mason 2005 della Tenuta Manincor seguito, seppur a ragguardevole distanza, dall’ Oltrepò Pavese Pinot Nero Giorgio Odero 2005 della Tenuta Frecciarossa. A fine serate, le brevi ma significative testimonianze di Daniele Domeneghetti dell’ Institut Agricole Regional di Aosta e di Claudio Giorgi della Tenuta Frecciarossa sono state salutate da un caloroso applauso del pubblico.
G.B.

 

L'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA DEL 2007

Si è svolto l’ormai consueto incontro annuale con l’olio extra vergine d’oliva: di scena, il raccolto 2007. Il pubblico presente si è dimostrato molto curioso circa le problematiche legate al mondo dell’olivicoltura, un settore difficile, poco remunerativo e vessato da una legislazione e da una politica non particolarmente favorevoli per chi voglia proporre prodotti di grande qualità e di provenienza sicura. L’assaggio degli oli, circa una ventina provenienti dalle più importanti zone di produzione italiane, si è, poi, svolto in un clima di attenta partecipazione, con numerosi e puntuali interventi da parte dei degustatori, che anno dopo anno dimostrano una sempre più decisa competenza di fronte ad un prodotto affascinante, ma spesso non semplice da apprezzare nella sua grande variabilità per i consumatori meno esperti; un poco presuntuosamente, ci piace pensare che parte del merito di questo risultato vada ascritto anche al nostro Seminario ed alla sua incessante opera di divulgazione della cultura eno-gastronomica. L’annata 2007, decisamente calda e precoce, ha dato vita ad oli certo freschi e fragranti, ma in qualche caso un poco privi delle note vegetali e piccanti più vivaci. Gli oli provenienti dalla Toscana, dove le olive sono giunte a maturazione assai presto, sono forse quelli che hanno pagato maggiormente lo scotto dell’andamento climatico anomalo, risultando più giocati sulle note morbide e dolci; i campioni provenienti dalle regioni più meridionali, invece, hanno dimostrato maggiori doti di esuberanza, sfoggiando sfumature verdi e linfatiche non estremamente appuntite, ma senz’altro più decise e fragranti.
M.M.

 

 BRUNELLO DI MONTALCINO 2003

Uno di più prestigiosi e famosi vini italiani, alla ribalta della cronaca negli ultimi tempi per presunte irregolarità che subito si sono smontate, il Brunello di Montalcino è un vino importante, non univoco ed non facilmente identificabile a causa dell'estensione del territorio comunale di Montalcino, e della sua disomegenità: il fianco del paese ad est fresco, il fianco sud caldo, il fianco ovest asciutto e siccitoso; anche l'altitudine varia molto : dai 140 metri ai 550 delle parti più alte. Anche la composizione dei terreni è molto variabile. dai più antichi in galestro, alle successive marne calcaree e alle arenarie, fino ai terreni alluvionali. In più la dislocazione dei terreni non è regolare, come ad esempio in Langa, ma è disposta a macchia di leopardo. Da qui la grande variabilità dei vini che ne derivano.
Il Brunello è costituito da Sangiovese al 100% del quale sono stati identificati 89 cloni; ultimamente vengono utilizzati quelli a bacca più piccola.

I preferiti
Tutti e cinque i Soci presenti hanno preferito i vini che poi risulteranno preferiti nella degustazione. In particolare Bita Astori (Valli Orobiche) li ha trovati tutti un po' monocorde e non importanti, Carlo Giupponi (Bergamasco) non sono globalmente piaciuti a causa dell'infelice annata, Oliviero Manzoni (Bergamasco) ha trovati una serie apprezzabile ed una serie poco accattivante, Massimo Mansi (Trevigliese) ha apprezzato le qualità e gli sforzi dei vignaioli a causa dell'annata poco propizia. Infine Silvio Magni (Valli Orobiche) non si è entusiasmato a causa di una certa piattezza nella maggior parte dei campioni.

I risultati della degustazione

La serata del Brunello di Montalcino 2003

Non è questo un bel periodo per Montalcino ed il suo Brunello, travolti da uno scandalo per molti versi assolutamente fuori misura, fomentato da un giornalismo piromane e con ansia di protagonismo che ha fatto di ogni erba un fascio, mischiando questioni di vera e propria adulterazione (che non riguardano Montalcino) con altre, esecrabili, ma certo non criminali, riguardanti le presunte violazioni del disciplinare riferibili, peraltro, a pochissime aziende. È indubbio, che l’immagine del Brunello uscirà da questa storia con qualche ammaccatura, a cui l’intero “sistema Montalcino” dovrà porre rimedio riaffermando con sicurezza e convinzione la propria correttezza ed integrità, che, del resto, si rispecchia in prodotti di elevatissima qualità, testimoni nel mondo del valore del Made in Italy. È una grossa responsabilità alla quale sono chiamati tutti i produttori del Brunello, i più grandi come i più piccoli, ed a cui, ieri sera, 11 aziende hanno già risposto inviando i campioni dei loro vini alla nostra degustazione, senza timore di affrontare l’opinione pubblica, per l’occasione rappresentata dal numeroso pubblico intervenuto, e ribadendo la propria estraneità alla questione e la propria dignità di produttori e rappresentanti di un prestigioso territorio. I vini che abbiamo degustato, pur provenendo da un’annata complicata come la 2003, si sono rivelati per quel che da loro ci si attendeva, ovvero degli onesti Sangiovese, con tutte le difficoltà derivanti da un clima torrido e siccitoso (frutto molto caldo e maturo, tannini un poco verdi e ruvidi) alle quali la perizia dei produttori ha saputo porre rimedio, dando vita a vini certo già pronti e, probabilmente, non destinati ad un lungo invecchiamento, ma di grande qualità e perfetta godibilità, riuscendo nella maggior parte dei casi a trovare un giusto punto di equilibrio tra le parti più morbide e dolci e quelle più acerbe e graffianti. Alla fine i vini preferiti sono risultati proprio quelli che sono riusciti a fondere meglio questi due aspetti, ossia il Brunello di Montalcino 2003 di Podere Brizio ed il Brunello di Montalcino Vigna Gli Angeli 2003 della Fattoria La Gerla, subito seguiti dal Brunello di Montalcino 2003 della Tenuta La Fuga e dal Brunello di Montalcino Pianrosso 2003 di Ciacci Piccolomini d’Aragona.
È, però, doveroso segnalare tra i vini proposti la presenza del padre di tutti i moderni Brunello, ossia quel Brunello di Montalcino della Tenuta Greppo di Franco Biondi Santi che, ancora una volta, si è dimostrato l’autentico termine di paragone con il quale tutti i vini della denominazione devono confrontarsi, un vino che, nonostante le mode ed i cambiamenti di gusto dei consumatori, continua a mantenersi fedele a se stesso ed alla propria concezione produttiva, pensata per abbracciare un lunghissimo orizzonte temporale, il solo che, superando ogni contingenza, può forse dare l’esatta dimensione ed il significato di un magnifico campione della nostra viticoltura quale certamente è il Brunello di Montalcino.
Ma importante è nominare anche tutti i vini e le altre aziende che con la loro presenza hanno ribadito l’estraneità alle vicende giudiziarie e sono i Brunello di Montalcino 2003 della Tenuta Oliveto, dell’ Azienda Agricola Palazzo, delle Tenute Silvio Nardi, dei Tenimenti Angelini – Val di Suga, de Il Forteto, della Fattoria La Gerla e dell’ Azienda Agricola Il Marroneto.
A tutte queste aziende vogliamo fare i nostri complimenti ed auguriamo loro successo, prosperità e sviluppo.
G.B.

 VINI ROSSI DELL’ETNA 2005

Sono estremamente caratterizzati dal terroir, lavico, a diversissime altitudini e a diverse composizioni chimiche del terreno in relazione al tempo passato dalle colate laviche. Quelle più recenti sono caratterizzate da terreni asciutti, quelle più vecchie da riempimenti di ceneri, quindi più fertili e produttive.
In particolare a sud più ceneri, al est le correnti marine con discreta piovosità, a nord clima fresco e buona piovosità: le piogge caratterizzano i vini.
I vitigni sono quelli tradizionali, individuati e scelti proprio perché adatti al terreno lavico: Nerello Cappucciocce poi si è via via selezionato e adattato al terroir divenendo Nerello Mascalese. Ne risultano vini freschi e molto minerali.
Sono sem,pre stati prodotti vini con sistemi tradizionali che davano risultati buoni, ma non importanti; è stato l’avvento delle grandi aziende del nord, esperti di viticoltura di montagna, che sono scese ed hanno creato impianti ad alberello molto fitti, quindi con minor resa per ceppo ed individuato una modalità di coltivazione completamente diversa dalle altre.
In effetti prima venivano prodotti vini scontrosi, acidi, poi con l’avvento dei nuovi è cominciata davvero una nuova era.
Le caratteristiche olfattive sono di frutti di bosco freschi e succosi, floreale dolce di fiori bianchi, alleanza fra minerale e speziato, con una vena acida evidente che dà piacevolezza.
I prezzi non sono modesti.
Il parere dei Soci Slow Food:
Bita Astori: vini che hanno personalità, non ti aspetti tanta freschezza.
Oliviero Manzoni: Vini dignitosi che rispecchiano la zona ed il terroir.
Matteo Cavalleri: finalmente mineralità e freschezza nei vini rossi!
Gotti: Rinnoviamo l’entusiasmo per il vini siciliani.

Il risultato della degustazione

Dopo aver a lungo ammiccato alle seduzioni della struttura, della potenza e della concentrazione, contribuendo spesso, se non a condizionare, certo ad indirizzare le scelte produttive di molte aziende italiane, da qualche anno i gusti dei consumatori sembrano rivolgersi in modo sempre più convinto e consapevole verso vini più giocati sull’equilibrio e l’eleganza dei profumi così come delle sensazioni gustative. Si tratta di una tendenza che non possiamo non considerare favorevolmente, anche perché segna un deciso ritorno alla più genuina tradizione mediterranea e, in senso più ampio, europea, storicamente volta alla produzione di vini che accompagnino i cibi e la convivialità, quindi molto lontani dal paradigma dei “vini da degustazione” tanto cari ai nuovi mondi enologici, tutti tesi a stupire il consumatore con la loro potente immediatezza.
Questa settimana siamo andati, quindi, a conoscere gli inaspettati e sorprendenti terroir siciliani, dove, sulle falde dell’Etna, con vitigni profondamente legati al territorio, si producono vini particolarissimi e lontani dai preconcetti un poco restrittivi che spesso pesano sui “caldi” vini mediterranei. Quella dei Nerello rappresenta una grande famiglia di vitigni siciliani. Il Nerello Cappuccio può, forse, essere considerato il capostipite, sebbene se ne ignori l’esatto luogo di origine, mentre il Nerello Mascalese è una variante del primo, apparsa per la prima volta nella Piana di Mascali, in provincia di Catania. Il Nerello Mascalese rappresenta il vitigno maggiormente diffuso nella fascia etnea, risultando la varietà più caratterizzante per la viticoltura della zona, dove può beneficiare delle innumerevoli differenze di altitudine, clima e terreno offerte dal vulcano. Vitigni un tempo trascurati e raccolti troppo precocemente, i Nerello stanno ora facendo dimenticare la loro cattiva fama grazie a risultati di assoluta eccellenza, ottenuti attraverso una viticoltura più attenta alle loro necessità colturali ed al raggiungimento della piena maturità fenolica.
Tra i campioni degustati ieri sera ha raccolto molti consensi il Fatagione Sicilia Nerello Mascalese 2005 dell’Azienda Cottanera, seguito a non troppa distanza da Il Monovitigno Nerello Mascalese di Benanti e Etna Rosso Outis di Vini Biondi.
Ma la serata ha riservato anche due sorprese. L’anteprima di due campioni di assoluta eccellenza del 2006: Etna Rosso Feudo di Mezzo Il Quadro delle Rose della Tenuta Terre Nere e Passopisciaro Sicilia Rosso dell’omonima Azienda che hanno stupito per la loro fragrante intensità aromatica e la loro straordinaria e fresca eleganza; successivamente si è passati ad una mini-verticale de Il Monovitigno Nerello Mascalese di Benanti con le annate 2001 e 2000: se il 2001 è apparso lievemente stanco ed in declino, il 2000, sorprendentemente, ha mostrato ancora una buona vitalità sostenuta da frutto fragrante e fresca acidità.
G.B.

 

Gli Chardonnay del 2006

Lo chardonnay nasce in Francia, e significativamente nella Borgogna, nello Chablis e nello Champagne (non si facevano nel Medioevo le bollicine!) e nel 1300 i Duchi di Borgogna lo selezionarono per vincere la guerra commerciale con la Champagne. Si aboliscono così tutti gli altri vitigni a bacca bianca, mantenendo ed intensificando esclusivamente lo Chardonnay. Si creano alla fine tre ambienti differenti per composizione dei suoli e per microclimi. La vinificazione avviene in legno piccolo in Borgogna, in contenitori neutri nello Chablis ed in legno vecchio nello Champagne.
Negli anni ’80 arriva la viticoltura americana che definisce il vino come vitigno, vinificazione, affinamenti. Ora tutti lo fanno come gli americani: maturità del frutto (banana) facile da essere percepito da un pubblico ampio, tostature dolci riconoscibili dalla pasticceria.
Purtroppo sono vini di qualità ma fatti tutti in quel modo, un po’ troppo omologati.
In Italia si è molto sperimentato. Non si conosceva il vitigno e non si conoscevano le tecniche di produzione. Vengono prodotti due modelli di Chardonnay: quello Borgognone un po’ dappertutto, quello Chablis in Friuli caratterizzato da una maggiore mineralità e meno barriques.
L’annata 2006 è stata molto molto buona con temperature alte, intervallate da perturbazioni, che hanno prodotto ottime maturazioni anche se lievemente premature. Buono il grado alcolico, la grassezza e l’acidità.
Lo chardonnay, dopo l’entrata degli americani, è diventato un po’ l’aspirina di tutti i vini, che ha determinato l’omogeneizzazione dei profumi e dei gusti.
I pareri dei soci Slow Food:
Bita Astori: vini importanti, ma soprattutto quelli un po’ americani, un po’ stucchevoli.
Silvio Magni: globalmente non entusiasmanti.

Il risultato della degustazione

Le serate di Degustazione (di primavera, ndr) del Seminario Veronelli si sono concluse ieri sera e riprenderanno solo nel prossimo autunno, quando il lavoro di degustazione e redazione della Guida I Vini di Veronelli 2009 sarà terminato ed archiviato. Il compito di chiudere questo ciclo di incontri è stato affidato ad un vino internazionale e molto popolare, conosciuto in tutti i cinque continenti e oggetto di innumerevoli discussioni, non tanto imperniate sulla sua indiscussa qualità, quanto sul ruolo dominante e totalitario che ha instaurato in tutte le viticolture del mondo. Lo Chardonnay è un vitigno europeo selezionatosi da un incrocio, non si sa quanto casuale, tra il Pinot Noir ed il Gouais Blanc; per nulla casuale, invece, la sua affermazione da quasi un millennio. Le sue doti qualitative, la capacità di mostrare ovunque la sua forte personalità unite alla forte sensibilità nel sentire e subire il carattere dei luoghi, lo hanno fatto diventare un vitigno ubiquitario, capace di adattarsi ai climi più freschi quanto a quelli più caldi, ai suoli più leggeri e sabbiosi quanto a quelli più pesanti ed argillosi. E l’Italia, con i suoi climi che vanno dalle Alpi al cuore del Mediterraneo ed i suoi infiniti e variegati suoli, è capace di produrre Chardonnay dalle diversissime personalità. Ieri sera, con campioni provenienti dalla Valle d’Aosta fino alla Sicilia, le preferenze del pubblico si sono orientate verso i vini più caldi, maturi ed aromatici provenienti dalla Sicilia, dalla Toscana o dal Collio Goriziano, contraddicendo nella pratica la tendenza verso i vini più freschi e delicati che, almeno a parole, gran parte dei consumatori sembrerebbe sposare. Su tutti ha prevalso lo Chardonnay Sicilia 2006 di Planeta, con vigne a Menfi e Sambuca di Sicilia; le piazze d’onore sono toccate al Collio Chardonnay 2006 di Ronco Blanchis, con vigne nel comune di Mossa, e al Cabreo La Pietra Toscana Chardonnay 2006 dei Tenimenti Ambrogio e Giovanni Folonari, con vigne in Greve in Chianti. Ottimi tutti gli altri campioni, con alcune doverose segnalazioni per il Valle d’Aosta Chardonnay Cuvée Bois di Les Crêtes, l'Estereta Chardonnay della Bergamasca di Castello degli Angeli ed il Collio Chardonnay Ronco Bernizza di Venica & Venica.
A tutti quanti un augurio di una buona estate, per qualcuno lavorativa per altri vacanziera, e l’appuntamento al prossimo autunno che speriamo fresco ed asciutto.
G.B.

 

Il Programma delle Degustazioni

4 febbraio 2008 – I Cannonau di Sardegna 2005
18 febbraio – Barbera d'Asti 2005
3 marzo – Sauvignon 2006
17 marzo – Pinot Nero 2005
31 marzo – Olio Extra Vergine di Oliva raccolto 2007
14 aprile – Brunello di Montalcino 2003
28 aprile – Rossi dell'Etna 2005
12 maggio – Chardonnay 2006

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