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Mar 22 2010

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TERRA MADRE CONVIVIO: IL SESTO QUINTO QUARTO

Ristorante Collina – 18 Marzo

Serata forse un poco sottovalutata dai soci, soltanto per il dato quantitativo: forse il calendario fitto di eventi non ha permesso ai più di cogliere appieno la valenza della proposta.
Comunque le aspettative per quello che Mario e Gio avrebbero sfoderato erano piuttosto elevate. E non sono andate deluse.

Nonostante la collocazione appartata e la mancanza delle consuete cure ed attenzioni  a cui i nostri ci hanno abituato, il risultato nei piatti è stato lodevole. Tangibile segno di una non comune capacità nella scelta delle materie prime, degli abbinamenti, delle preparazioni e delle cotture.
E il cimento era impervio, occorreva nobilitare tagli in genere ritenuti non solo secondari ma addirittura di ‘scarto’. Alcune dame non hanno lesinato una diffidenza palese nell’ affrontare la descrizione delle parti anatomiche esplicitate impietosamente nella carta.
Anche chi scrive, se è permesso, scarso fan della dieta carnea, ha cercato di sorvolare sui termini e affidato alle sole papille il compito di vagliare la bontà delle pietanze.
La cena è aperta da un aperitivo al cucchiaio, colorato abbinamento di crema di mais e paté di milza, deliziosa suggestione cromatica da cacao e crema pasticcera. Nulla da eccepire, chi ben comincia…
A seguire nervetti con cipolla la cui morbidezza funziona perfettamente, come annunciato, da scioglilingua. Ravioli ripieni di animelle di raffinata semplicità danno conto di una vena felice. Ancor meglio gli straccetti di saraceno del Presidio Slow Food sapientemente serviti con un ragout povero solo nel nome, e adagiati in un fondo di crema di latte al fieno: sublimi, né più né meno.
Piacevole conferma anche nello stufato di coda.
Chiude in bellezza una bavarese alla liquirizia, tanto gradevole quanto terribile da abbinare con qualsivoglia liquido.
A proposito dei liquidi molto c’è da dire. Lorenzo Bulfon, dell’omonima azienda delle Grave del Friuli, impedito da un’urgenza in cantina dalla partecipazione in persona ci aveva inviato un quartetto di vini da accompagnare al menù.
Vini provenienti da vitigni autoctoni che il padre Emilio ha ostinatamente recuperato dall’oblio cui li aveva relegati la moderna enologia post-fillossera.
Allo Sciaglin, bianco di corpo, profumi fini e persistenza notevole, è toccato reggere l’impatto delle entrèe, compito svolto a meraviglia.
Al Cordenossa rosso atipico e distintissimo, vinificato in via sperimentale, sono invece capitati in sorte i due primi. La complessa rotondità e una nota evidente di liquirizia hanno esaltato e ben sposato i piatti che hanno accompagnato.
Il corpo robusto e tannico, un poco ‘fumé’, del Piculit Neri ben si è adattato ad assecondare le carni.
Il pur notevole Ucelut ha patito un impossibile abbinamento, come detto, a un dolce non secco e fortemente segnato, ancorché in positivo, dalla liquirizia.
In conclusione un appuntamento andato a segno quanto e come gli altri del programma primavera 2010, e il bello deve ancora  venire…

(Lorenzo Berlendis)

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