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Feb 02 2023

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ALLARME CLIMA PER LA VITE, MA LA SCIENZA OFFRE SPERANZA, TRA FOTOVOLTAICO E PORTAINNESTI E NON SOLO

A “Wine & Siena” appello con focus sul Sangiovese. Gli esperti a lavoro per annullare in parte gli effetti negativi previsti da qui al 2050

“Wine & Siena”: il climate change in vigna sotto i riflettori

Gli scienziati lo ripetono già da anni: il climate change, che coinvolge tutto il nostro pianeta, mette a rischio anche molte colture, come quella della vite. In particolare, tra i vitigni al centro dell’attenzione c’è il Sangiovese, alla base delle più importanti denominazioni del made in Italy, soprattutto in Toscana, dal Chianti Classico al Brunello di Montalcino, dal Chianti al Vino Nobile di Montepulciano, ma anche in Romagna, per esempio. Ma a riaccendere le speranze, nonostante le teorie apocalittiche del climatologo americano Lee Hannah, ci pensa la scienza, che sta già studiando le possibili soluzioni, come la vigna “fotovoltaica” e lo studio di nuovi portainnesti. L’argomento è stato sviluppato, nella tavola rotonda “Climate change, come salvare le produzioni vinicole italiane ad alto rischio”, a “Wine & Siena”, evento voluto da Merano Wine Festival e Confcommercio Siena.

Il talk show ha visto la partecipazione di Helmuth Köcher, The WineHunter e patron del Merano Wine Festival, con Simone Bastianoni, ordinario di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali dell’Università di Siena, oltre che coordinatore della Scuola di Dottorato in Scienze Ambientali, Geologiche e Polari e Delegato del Rettore per la Sostenibilità. In collegamento c’erano Paolo Storchi, Dirigente di Ricerca del Crea – Viticoltura ed Enologia del Ministero Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste e membro dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino; Giulio Somma, direttore “Il Corriere Vinicolo ”, il settimanale dell’Uiv – Unione Italiana Vini (oltre 700 aziende associate che rappresentano più di 50% del fatturato italiano e l’85% dell’export di vino); Massimo Aiello, presidente di Aires, il primo contratto di rete per la bioeconomia che mette insieme utilities e centri di ricerca italiani.

Uno studio profetico quello di Lee Hannah del Conservation International del Betty and Gordon Moore Center for Ecosystem Science and Economics di Arlington (Virginia), che sosteneva, dieci anni fa, che territori come Bordeaux o la Toscana diventeranno troppo caldi. Un aumento medio di 2 gradi centigradi porterebbe alla distruzione delle attuali aree più vocate in Italia e in Francia, fino al 73% del totale. Dandosi come orizzonte temporale il 2050. Come ha spiegato il professor Simone Bastianoni, professore ordinario di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali dell’Università di Siena, i dati disponibili più attuali sono addirittura peggiori delle previsioni di Hannah: “le proiezioni ci dicono che, al 2050, la temperatura media potrebbe salire di 2,7-3 gradi Celsius, rendendo difficile immaginare in Italia una viticoltura come la vediamo adesso”.

L’aumento delle temperature e la carenza di precipitazioni hanno pesanti ripercussioni sulla produttività delle viti, sulla sanità e qualità delle uve raccolte – ha spiegato Helmuth Köcher – ed alcuni vitigni, più sensibili ai cambiamenti climatici, rischiano di essere spazzati via dalle loro zone classiche di produzione”. Tra i vitigni più sensibili, c’è il Sangiovese e, come individuato dal professor Hannah, e recentemente confermato da uno studio dell’Istituto Nazionale di Ricerca su Agricoltura, Alimentazione e Ambiente di Bordeaux (Inrae), fra i territori altamente vocati più esposti ci sono la Borgogna e la Toscana.

Ma non necessariamente dovremo rinunciare – ha detto Paolo Storchi – ai nostri vitigni storici. Ci sono speranze legate alla selezione di cloni e portainnesti più resilienti e adatti alla siccità. Oppure pratiche agricole, come l’irrigazione sostenibile, che possono aiutare. Certo non dovremo farci cogliere impreparati”. Un aiuto potrebbe arrivare dalle innovazioni prodotte dalla transizione ecologica. Il professor Simone Bastianoni ha poi spiegato come i primi esperimenti sull’agrivoltaico (una vigna parzialmente coperta da pannelli fotovoltaici) dimostrano dati incoraggianti, con una riduzione delle temperature, soprattutto nei pericolosi momenti di picco, di 2 gradi e di ben 3 gradi al suolo, annullando così parte degli effetti negativi previsti da qui al 2050. “In Francia stanno già sperimentando – ha aggiunto Helmuth Köcher, The WineHunter e patron del Merano Wine Festival e del Wine & Siena (una “quattro giorni” che ha la caratteristica di far assaggiare il vino tra le mura affrescate del vecchio spedale Santa Maria della Scala, o del Palazzo Pubblico sulla splendida Piazza del Campo, ai più bei palazzi della città, una delle capitali assolute del Medioevo) e di emozionare per questo suo speciale habitat) – la vigna fotovoltaica. A Bordeaux, dopo studi iniziati nel 2009, hanno già introdotto nei loro disciplinari sei nuovi vitigni per sostituire gli attuali, nel caso le nefaste previsioni possano avverarsi”. Scenari che si aprono per far fronte ad un cambiamento che è indiscutibilmente in atto, e che coinvolge tutto e tutti, compreso il mondo del vino.   Fonte: WineNews, 02.02.2023

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