Lo diceva già Ippocrate ed è alla base di tutte le ricerche scientifiche sulla nostra dieta: quello che mangiamo ha una influenza profonda sul nostro benessere fisico e ci aiuta a prevenire le malattie. Da qui ai superfood, però, la strada è lunga e lastricata di marketing.
Gli alimenti funzionali sono sempre più ricercati: e se prima mangiavamo frutta e verdura “perché ti fa bene”, oggi per star bene e in salute andiamo alla ricerca dei super food, dei cibi additivati, delle bevande a cui l’industria aggiunge qualcosa che dovrebbe aiutare il nostro benessere.
Intanto, capiamoci: sul British Journal of Nutrition puntualizzano che un alimento può essere considerato “funzionale”, se è sufficientemente dimostrata la sua influenza benefica su una o più funzioni del corpo, oltre ad effetti nutrizionali adeguati, tanto da risultare rilevante per uno stato di benessere e di salute o per la riduzione del rischio di una malattia. Quindi i cibi funzionali sono quelli naturalmente ricchi di molecole e con proprietà benefiche e protettive per l’organismo, importanti nella pratica nutrizionale perché, se inseriti in un regime alimentare equilibrato, svolgono un’azione preventiva sulla salute. Gli agrumi, le crucifere, gli alimenti scuri ricchi di polifenoli, i fermentati: quegli alimenti insomma che hanno un plus in sé, in grado di darci una mano.
Con il termine superfood, invece, non indichiamo nulla che abbia un significato scientifico: difficile dire cosa sono davvero, quali sono e soprattutto capire se il loro consumo serva davvero a qualcosa. L’EFSA (Commissione Europea per la Sicurezza Alimentare) dal 2007, non permette l’utilizzo di questo termine nella promozione e commercializzazione di un cibo, a meno che i supposti benefici per la salute dovuti al consumo di questo alimento non siano supportati da rigorose prove scientifiche. Il più famoso di tutti? Forse le bacche di goji, che per qualche anno sono state promosse come miracolose. Ma quante ne dovremmo mangiare per garantirci il loro benefico apporto? Come spiega bene Maurizio Tomassini nel suo sito: «Nella maggior parte dei lavori sul tema, sia in vitro, sia in modelli animali ed umani, vengono utilizzati estratti in cui la sostanza studiata è presente in concentrazioni centinaia di volte superiori rispetto a quanto si osserva in natura. Si tratta ovviamente di concentrazioni che non possiamo raggiungere con una normale alimentazione, a meno che non si intenda consumare quantità folli di un dato alimento».
Un sinonimo spesso utilizzato è nutraceutico, un termine ottenuto combinando le parole nutriente e farmaceutico. Anche in questo caso, nessuna valenza scientifica effettiva.
Ma forse qualcosa sta cambiando, e tutto parte dal Giappone, dove una azienda di Tokyo sta distribuendo ai coltivatori amatoriali alcune piantine di pomodori della varietà Sicilian Rouge “geneticamente editati”. Grazie a un taglio mirato sul DNA, i pomodori che nascono producono una maggior quantità di un amminoacido utile contro l’ipertensione: questi pomodori prodotti grazie alla tecnica CRISPR dovrebbero quindi aiutare a tenere sotto controllo la pressione sanguigna senza assumere farmaci. Se ai coltivatori amatoriali piaceranno, la polpa processata potrebbe essere messa in vendita già nel 2022. La produzione dei “Sicilian Rouge High GABA” sarà affidata ad agricoltori sotto contratto, che rivenderanno il raccolto alla Sanatech Seed in modo che la società possa controllare l’intero processo, assicurando qualità e tracciabilità. Le scienziate Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier per le loro ricerche sull’editing del genoma sono state insignite del premio Nobel per la chimica, perché questa tecnica che va a “tagliare” sezioni del DNA con una precisione che non ha precedenti nella storia dell’ingegneria genetica, ha applicazioni pressoché infinite che vanno ben al di là dei nostri pomodori. Moltissime ricerche in Cina e negli Stati Uniti, Europa che non si applica perché la nostra normativa considera questa tecnica al pari di un OGM. Giuridicamente ineccepibile, scientificamente meno.
Chiudiamo l’argomento con l’unico suggerimento saggio, che viene sempre dal biologo nutrizionista Tommasini: «se volete utilizzare più zenzero e curcuma, se andate pazzi per la quinoa, se le bacche di goji e di aronia vi sembrano paradisiache, fate pure. Ricordate però che è lo stile di vita nel suo complesso a fare la differenza e che si tratta di una sfida che si gioca sul lungo periodo: quello di una vita intera, direi». Diremmo anche noi. Font: Linkiesta, Gastronomika, Anna Prandoni, 28.05.2021