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Mag 03 2025

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“IL MIO AMICO FRANCESCO FIGLIO DELLA SAGGEZZA CONTADINA. ERA UN TESTIMONE PIEMONTESE CHE LOTTAVA PER GLI ULTIMI”

Quando nel 2015, al rientro a Bra dopo una lunga trasferta, comunicai ai miei collaboratori che nei giorni precedenti avevo ricevuto la chiamata di Papa Francesco, nessuno mi prese sul serio. Io, dichiaratamente agnostico, non ero credibile nell’affermare di aver avuto una lunga e amabile chiacchierata con il Santo Padre, nemmeno per i miei amici più stretti.

Eppure, quella telefonata ha segnato l’inizio di una vera amicizia. E fu proprio Francesco, mosso dalla sua straordinaria sensibilità, a comporre il mio numero per primo per congratularsi in merito all’ideazione e alla realizzazione di Terra Madre, la rete che dal 2004 raccoglie migliaia di comunità del cibo in tutto il mondo, ognuna espressione di una cultura, di una gastronomia, di usanze e di una spiritualità che, in un mondo in continua standardizzazione, è bene difendere e preservare.

Credo che la testimonianza e l’impegno di Bergoglio in tema di apertura della Chiesa cattolica sia alla base del suo pontificato. Il nostro rapporto è solo una piccolissima goccia. Piuttosto, l’attenzione verso le tematiche ambientali, la capacità di coniugarle in maniera indissolubile alle grandi crisi sociali del nostro tempo, il vero esempio in termini di accoglienza, misericordia e rispetto per ogni tipo di diversità, tutto ciò, a mio modo di vedere, permette di identificare questo grande Papa come la figura più rivoluzionaria del XXI secolo.

Dico questo certo del fatto che, all’interno del mondo cattolico, esiste un prima e un dopo Bergoglio. Il primo Papa sudamericano ha infatti portato una visione che, senza ombra di dubbio, ha saputo ampliare il campo di interesse della Chiesa. In questo senso, la sua provenienza non è certo un caso. Sebbene lui stesso abbia riconosciuto che in giovane età era molto scettico sui temi ambientalisti, perché non ne riconosceva l’urgenza e la complessità, con quello splendido documento enciclico della Laudato Si’, Francesco ha portato tutto il mondo cattolico non solo all’interno delle tematiche ecologiche, ma lo ha schierato in prima linea nel denunciare che dal grido, assordante ma inascoltato, della Terra deriva un livello di sofferenza sempre più crescente tra gli uomini. I primi a patire gli effetti di una crisi climatica e sociale galoppante, inoltre, sono sempre i più emarginati, sia geograficamente, sia all’interno di ogni singola società. Ed ecco che l’origine sudamericana di Bergoglio, nel cui sangue, ci tengo a dirlo, scorre anche una buona dose di piemontesità, ha avuto una grande influenza. Una zona del mondo che nella storia è stata troppo spesso considerata marginale, meta di colonizzazione e presa di mira dal settore estrattivo per via delle numerose e ricche risorse naturali. Francesco ha fatto la differenza nel dare ascolto a quelle testimonianze proveniente dalla parte più intima dell’America Latina: le comunità indigene che vivono a stretto contatto con la natura, e che quindi subiscono più di altri i fenomeni antropici, come la deforestazione, estrattivismo delle materie prime, incendi, monocolture intensive, e quelli derivanti dai pesanti effetti del riscaldamento globale. Proprio in questo periodo tutta la regione amazzonica sta vivendo un periodo di siccità inquietante, per non parlare di come l’aumento di temperature stia impattando drasticamente sulla perdita di biodiversità e, conseguentemente, sulla sempre più scarsa vivibilità di questi territori.

Queste voci hanno saputo toccare la sensibilità di un pontefice che, da parte sua, ha dato l’esempio nel non differenziarle tra quelle che arrivavano dal mondo cristiano e quelle provenienti da altre religioni. Purtroppo però, va detto, su questo fronte Papa Francesco non ha mai trovato grande compagnia e appoggio da parte di altri leader a livello mondiale. Se questo può stupire su tematiche “nuove” per il cattolicesimo, la solitudine della voce di Bergoglio su altri temi, storicamente più vicini al cattolicesimo, come il valore universale della Pace, è qualcosa di cui ci si può davvero indignare.

La cultura occidentale è, in buona parte, intrisa di cattolicesimo. Per chi come me, è nato nelle decadi centrali del secolo scorso, risulta impossibile non riconoscere l’influenza che questa religione ha avuto in molti, se non tutti, stadi della nostra vita. Difficile per cui non definirsi cattolici, sebbene io non sia l’unico ad aver preso la strada dell’agnosticismo, che è ben diversa da quella di chi non crede affatto (ateismo) e che, con il beneficio del dubbio, ammette in un solo momento sia l’incapacità di comprendere l’ultraterreno, sia ogni tipo di credenza o religione altrui.

Quando chiesi al Santo Padre del perché mi volesse coinvolgere e dare parola al Sinodo Panamazzonico, nonostante i miei dubbi sulla fede, lui mi rispose: “perché tu sei un agnostico pio, ovvero provi pietas per la natura”. Da quel momento in poi, consapevole della mia inattività sul fronte delle preghiere, in ogni nostro incontro mi ha richiesto di ricordarlo in ogni mia buona intenzione. Ho sempre visto in questo suo saluto la sintesi più intima di questo grandioso Papa. Francesco è colui che ha segnato il nostro tempo, rinnovando un aspetto determinante per la nostra umanità: la spiritualità. La strada da lui segnata apre così le porte a una spiritualità più attenta e coscienziosa di ogni altra forma di vita.   Fonte: La Stampa, Carlo Petrini, 22-04-2025

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