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Ott 04 2019

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IL RISCALDAMENTO GLOBALE STA CAMBIANDO IL SAPORE DEL VINO

Gli antichi archivi della Borgogna hanno permesso di ricostruire che per colpa del caldo la vendemmia avviene ormai quasi sempre con diverse settimane di anticipo, rendendo lo chardonnay sempre più pesante e alcolico

Quella del 1540 fu un’estate rovente sulle colline della Borgogna coltivate a vite. Un caldo “quasi insopportabile”, racconta una cronaca dell’epoca.
In effetti quell’anno fece molto caldo in tutta Europa. I ghiacciai sulle Alpi si sciolsero e i loro fronti si ritirano in valli scoscese. Gli incendi divamparono dalla Francia alla Polonia. E nella regione vinicola della Francia centrale i grappoli appassirono sulla pianta fino quasi a diventare uva passa, così zuccherina che il vino risultò super-alcolico.
Di solito i vignaioli raccoglievano l’uva dalla fine di settembre agli inizi di ottobre. Ma quell’anno dovettero precipitarsi per togliere dalla pianta i grappoli troppo maturi diverse settimane prima del solito.
Oggi, un archivio che contiene le date dei periodi di vendemmia degli ultimi 700 anni nella città di Beaune, in Borgogna, evidenzia come la raccolta precoce del 1540 sia oggi la normalità a causa del cambiamento climatico. Scienziati e storici hanno messo insieme una lunga serie che parte nel 1354 per scoprire che l’aria si è riscaldata così tanto – soprattutto negli ultimi 30 anni – che oggi l’uva viene raccolta quasi due settimane prima rispetto alla media

storica.
Abbiamo osservato con chiarezza il modo in cui i frutti reagiscono all’aumento delle temperature“, dice Thomas Labbé, storico all’università di Lipsia. E questa reazione incide sullo stesso vino.
La storia del vino è la storia del clima

Il vino, in Borgogna, fa parte del tessuto culturale. Il pinot nero e lo chardonnay per i quali la regione è così famosa crescono qui da secoli, perfettamente adattati alle condizioni climatiche della zona.
I vignaioli conoscono alla perfezione ogni fase della crescita: l’aspetto della vite prima che germogli, durante la lunga fase di maturazione e le fragranti, zuccherose forme dei grappoli quando sono pronti ad essere trasformati in vino.

Il momento della raccolta è fondamentale. Se i grappoli restano troppo sulla pianta avranno troppo contenuto zuccherino, con il risultato che il vino sarà troppo alcolico e non avrà quel sapore discreto al quale i vignaioli tengono tanto. Se i frutti non restano invece abbastanza aggrappati alla vite, potrebbero non aver ancora raggiunto il giusto bilanciamento tra sostanze chimiche che conferiscono al vino il suo gusto caratteristico.

Nell’Ottocento, scienziati e storici si resero conto che quegli archivi curati in modo così certosino potevano essere utilizzati come un termometro, per capire in che modo il clima stesse cambiando in diverse regioni europee.

Le date di vendemmia riflettono le temperature che l’uva ha percepito nel corso della sua maturazione, da aprile fino alla sua raccolta. Se la primavera e l’estate sono troppo calde, l’uva matura più rapidamente e dev’essere quindi raccolta prima. Viceversa se le due stagioni sono fredde.
Gli scienziati del clima hanno poi messo insieme queste raccolte di dati con la dendrocronologia (lo studio che si basa sugli anelli che si trovano sulla sezione del tronco degli alberi) e con gli studi che osservano l’estensione dei ghiacciai alpini. Con tutti questi elementi hanno capito che buona parte dell’Europa centrale si è riscaldata nel corso del Periodo caldo medievale, dal 900 al 1300 circa. E che si era raffreddata durante la Piccola era glaciale, dal Quindicesimo al Diciannovesimo secolo.
Gli storici hanno anche osservato che nelle ultime centinaia di anni le temperature hanno subito oscillazioni, impennandosi verso l’alto per brevi periodi e abbassandosi in altri. Tuttavia queste oscillazioni si erano sempre mantenute intorno a un valore medio piuttosto coerente. Tutto questo fino a poco tempo fa.

I grappoli parlano di un recente riscaldamento

Una delle serie di dati più lunghe e complete che gli storici hanno trovato viene da Digione, vicino al centro della rinomata Borgogna. Qui però quasi tutti i vigneti nei pressi della città sono scomparsi durante l’Ottocento man mano che il nucleo cittadino si espandeva verso l’esterno. Il risultato è che l’archivio non arriva fino all’era moderna.

Ma a Beaune, un paese circa 40 chilometri a sud di Digione, la maggior parte dei vigneti che hanno costellato le colline locali per centinaia di anni sono ancora lì, a produrre vino. E gli archivi cittadini erano pieni zeppi di dati.

Ed è proprio lì che Labbé e i suoi colleghi hanno scavato. Per i periodi più remoti hanno consultato delicati libri in cartapecora risalenti al 1300 che si trovavano nella cattedrale di Notre Dame de Beaune. La chiesa aveva un piccolo appezzamento di terreno coltivato a vite che produceva un vino così rinomato da essere venduto a mercanti che, a loro volta, rifornivano il re.

E ogni anno c’era qualcuno che annotava minuziosamente la data in cui si mandavano dei braccianti a raccogliere l’uva. Questa data dipendeva dalle condizioni meteo che si erano verificate durante l’anno. I ricercatori hanno consultato documenti in Latino in scrittura filiforme estraendo, anno dopo anno, le date di vendemmia. Per trovare i dati relativi ai periodi più recenti hanno perlustrato i resoconti dei consigli comunali e gli archivi dei quotidiani, mettendo insieme una serie che si estendeva dal 1354 al 2018 senza soluzione di continuità.

Ed è così che hanno scoperto un netto cambiamento. Nel Medioevo e anche oltre, i dati indicano brevi strisce di tempo caldo e anni roventi molto occasionali, proprio come il 1540. Ma dalla fine degli anni Ottanta del Novecento la temperatura ha fatto una scalata. Negli ultimi 16 anni, per otto volte è stato superato il record di precocità della vendemmia.

Queste osservazioni coincidono con l’esperienza diretta dei vignaioli della regione. Aubert de Villaine fa questo mestiere dal 1965 e la situazione di oggi, dice, non ha precedenti.

Noi agricoltori vediamo dalla prima fila quel che sta accadendo al tempo e al clima“, dice. Nathalie Oudin fa lo chardonnay coltivando i vigneti che la sua famiglia possiede da decenni. Generalmente la vendemmia coincideva con il compleanno di suo padre – il 28 settembre – ma oggi la raccolta per quella data è già finita. Due o tre settimane prima rispetto a quando suo nonno faceva il vino, dice Nathalie.

Salvare il pianeta per salvare il vino

Per ora l’aumento delle temperature non sta creando troppi problemi agli agricoltori. Infatti, spiega De Villaine, quelle degli ultimi anni sono state tra le migliori annate a loro memoria. Persino quest’anno, durante la forte ondata di calore che in Francia ha fatto balzare le temperature oltre i 37 gradi, le vigne in Borgogna hanno tenuto, protette dalla loro posizione in alta collina e dalla latitudine alla quale si trovano.

Ma più a sud gli effetti sono meno benevoli. Quest’estate nei paesi della Francia sud-occidentale, le foglie della vite si sono bruciate sulla pianta e i frutti si sono raggrinziti per il troppo stress.
Questo tipo di caldo non ha ancora raggiunto la Borgogna, ma è probabile che sia in arrivo, dice Jean-Marc Touzard, scienziato del vino all’Istituto nazionale francese per la ricerca agricola.
Utilizzando dei modelli possiamo prevedere la data di raccolta dei prossimi anni“, spiega, “e possiamo dire che nel 2050, in diverse regioni a tradizione vinicola della Francia, la vendemmia si farà intorno a Ferragosto, nel bel mezzo della calura estiva“.

Tutto ciò influirà quasi sicuramente sul sapore del vino e sulla sua gradazione alcolica. Già oggi, con temperature mondiali aumentate ovunque, il contenuto di alcol nel vino è salito dal 12% degli anni Settanta al 14% di oggi, seppure queste cifre varino da regione a regione. In parte questo si spiega con le scelte degli stessi vignaioli, dice Greg Jones, esperto di viticoltura e scienziato al Linfield College, ma in parte è perché la canicola fa maturare l’uva più in fretta. Più zucchero si accumula nei grappoli, più zucchero si trasforma in alcol durante il processo di vinificazione.
Con l’aumentare delle temperature, hai più zucchero e meno acidità“, dice Oudin. “Qui non ci piacciono molto gli Chardonnay troppo pesanti e zuccherini, vogliamo che siano più leggeri. Ma questo è sempre più difficile con le estati calde che stiamo avendo“. I famosissimi vini della Borgogna sono, per ora, al sicuro ma stanno già cambiando. E il loro futuro è tutt’altro che certo.
Ci prendiamo cura del terreno ogni giorno per prepararlo e nutrirlo, facciamo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per ottenere il miglior vino. Ma quella del clima è una variabile che non possiamo controllare. Anche se tutto il resto lo facciamo al meglio, sulle temperature non abbiamo alcun potere“, conclude Oudi  fonte: Nationale Geographic, Alejandra Borunda, 04.10.2019

 

 

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