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Mar 03 2022

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LA MONACA COREANA, E LA SUA CUCINA ZEN (E VEGANA); UN’ICONA AMATA DAGLI CHEF

Jeong Kwan premiata con l’Icon Award dei 50 Best Restaurants Asia. Non ha un ristorante ma i suoi piatti, che prepara (e insegna) in un tempo buddista, sono un inno ai ritmi delle giornate e delle stagioni

Cucinare è un atto di nuova creazione che si svolge secondo la propria energia e capacità, è il creare qualcosa dal nulla. Il cibo, una volta mangiato ed entrato al mio interno perde la sua forma ma ne ritrova un’altra. Durante questo momento se tutti danno il proprio meglio e cercano di svuotare la propria anima riescono a creare un collegamento fra loro e riescono a dialogare”.

Il cibo è comunione tra l’essere umano e la terra, ma anche tra le persone tra loro, secondo la monaca sudcoreana Jeong Kwan appena insignita dell’Asia’s 50 Best Restaurants “Icon Award”.

Tutta la sua vita, tra la meditazione a contatto con la natura, il lavoro nell’orto e l’opera in cucina è stata dedicata a questa filosofia. Sudcoreana, cresciuta in una fattoria a Yeongju, nella provincia settentrionale di Gyeongsang, Jeong Kwan ha sempre sentito un innato rispetto per la natura, per i suoi ritmi e le sue stagioni, fino a volerne fare una missione. Così a soli 17 anni ha lasciato la sua casa per unirsi a un monastero buddista, per immergersi nelle tradizioni plurisecolari e nelle tecniche di cucina del tempio.

Se la cucina deve essere votata alla salute della mente, del corpo e della natura stessa – ovviamente azzerando lo spreco –, la scelta anche religiosa è a senso unico: non cucina con carne, pesce o prodotti lattiero-caseari perché dedica il suo cibo “a preservare il benessere del pianeta Terra e di tutti i suoi esseri senzienti”. Ma si devono anche evitare gli ingredienti cosiddetti “Oshinchae” il cui odore forte e pungente toglie concentrazione, stimola energie negative e non aiuta la pace interiore: no dunque a cipolla e cipollotto, aglio e porro, erba cipollina e assafetida. Proibito anche l’alcol che distoglie dall’obiettivo del controllo dei propri desideri negativi.  

 “Nella vita come esseri umani abbiamo tentazioni e desideri che dobbiamo essere in grado di controllare: mangiare troppo, dormire troppo, desideri sessuali e altri desideri di cui vogliamo fare a meno: l’egoismo per esempio. Il cibo è importante, ma non deve diventare istinto negativo”. Deve quindi essere un mezzo per vivere in armonia tra noi e con Madre Natura.

Jeong Kwan non ha avuto una formazione culinaria formale, né ha mai posseduto un ristorante o è stata chiamata chef, eppure la sua influenza sulla gastronomia internazionale è tanto profonda quanto di vasta portata. Tra i suoi seguaci non conta solo i principali chef sudcoreani Mingoo Kang e Cho Hee-Sook (quest’ultima già miglior chef donna asiatica nel 2020), ma anche Eric Ripert del ristorante newyorkese Le Bernardin. Per anni ha insegnato al College of Culture and Tourism dell’Università di Jeonju, condividendo la sua filosofia alimentare con gli aspiranti cuochi.

Nel suo monastero, immerso in un parco naturale, asseconda i ritmi delle giornate tramandando la semplice arte culinaria dei templi buddisti, rifacendosi anche ai dettami della cucina contadina e tradizionale. Lei stessa si definisce un’esecutrice e non una chef; la sua cucina templare si basa in primis sul cibo che si consumava con i monaci più anziani la prima volta che si entrava al tempio, poi, sui prodotti che reperisce con le proprie mani e, infine, sui cibi più consumati e ricordati dalle persone al di fuori del tempio.

La sua cucina vegana, insieme essenziale ed elegante, la vede impegnata in gesti lenti e aggraziati coerenti con il “Barugongyang”, ossia il modo meditativo di mangiare tipico dei luoghi monastici. L’espressione deriva dalle ciotole di legno chiamate baru e si collega a un modo di alimentarsi  impregnato di riflessione: sull’origine del cibo, sulla gratitudine alla natura e alle persone che ricavano i prodotti della terra.

Con questo premio viene riconosciuto l’impatto che Jeong Kwan ha avuto sulla scena gastronomica asiatica e globale, con l’Academy che l’ha votata come vincitrice dell’Icon Award per l’edizione 2022 dei 50 migliori ristoranti dell’Asia. “Sono estremamente onorata“, ha detto quando ha saputo del riconoscimento. “Sono una monaca, non una chef esperta. Non ho un ricettario o un menu fisso. Ma sono sempre felice di cucinare per gli altri e di condividere l’energia positiva attraverso il cibo“.  Foto: IL GUSTO, Eleonora Cozzella, 03.03.2022

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