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Gen 21 2022

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L’AMBIZIONE DI COLTIVARE IL CIELO

Sempre più Paesi studiano soluzioni di campi verticali per produrre cibo usando meno terra (e acqua)

Buon giovedì 20 gennaio!

A Expo Milano 2015 era stata una novità, una cosa che molti non avevano mai visto prima. Ed ero rimasta incantata di fronte ai muri fertili che germogliavano.

 Adesso a Expo Dubai 2020 – che ho visitato a inizio mese – l’argomento è più conosciuto, ma vederlo da vicino, toccarlo con mano e coglierne i frutti (sia in senso metaforico che letterale) è ancora entusiasmante.

Il campo verticale è ormai una realtà in diverse parti del mondo, ma da Paese a Paese cambiano le tecnologie.

Il “campo verticale”, appunto, è stata la maggiore attrazione del padiglione d’Israele all’esposizione universale milanese: riso, frumento e mais erano coltivati su grandi pareti, grazie all’irrigazione a goccia, con risparmio di spazio, acqua ed energia.

Anche negli Emirati, nel padiglione della Sostenibilità, si possono osservare gli scaffali idroponici, “un modo per coltivare più cibo senza usare più terra, ma semplicemente acqua arricchita di nutrienti” spiega il cartello nel percorso adatto ai bambini.

Il fatto è che – si sa – in futuro ci saranno più persone, quindi sarà necessario usare gli spazi e le risorse naturali in modo diverso, per avere cibo per tutti e non consumare ogni risorsa.

Da questo punto di vista in Italia siamo all’avanguardia grazie a un’azienda lombarda che ha saputo coniugare attenzione per la natura e la salute con l’hitech.

Tanto che il co-fondatore e co-CEO, Luca Travaglini, è stato di recente premiato come Italian Tech Person of the Year 2021 in occasione dell’evento The Italian Tech Awards, alla Triennale di Milano. La sua azienda, Planet Farms, è quella che “meglio ha usato la tecnologia per creare un impatto positivo sulla società”.

Dopo anni di lavoro, ricerca e investimenti, Luca Travaglini ha realizzato, assieme al socio e collega Daniele Benatoff, il suo progetto visionario: Planet Farms è infatti un sistema di coltivazione verticale unico al mondo, in grado di armonizzare perfettamente tutti i parametri fondamentali per la crescita degli ortaggi, ottenendo un prodotto dal gusto sorprendente e ricco di proprietà nutritive.

E oltretutto non è uno di quei progetti di cui si sente parlare, ma poi non si vede in giro. L’azienda è già attiva e i suoi prodotti sono in vendita, infatti gli impianti sono stati inaugurati nell’ottobre scorso, a Cavenago di Brianza, e sono oggi la più grande vertical farm in Europa, una delle più grandi al mondo e la più avanzata a livello di tecnologia e automazione.

So che ai tradizionalisti può sembrare strano pensare di coltivare senza terra, ma in questo modo c’è un risparmio di oltre il 95% di acqua e del 90% di suolo rispetto all’agricoltura in campo aperto, con il plus di evitare choc climatici improvvisi che all’aperto potrebbero rovinare un raccolto. Basti pensare che nello spazio di un ettaro, si possono ottenere vegetali che in modo tradizionale si otterrebbero da 300 ettari.

Le colture crescono grazie a luce, acqua, aria e sali minerali, in maniera naturale, senza essere esposte agli stress dovuti a intemperie, eccesso di calore, attacchi di parassiti e microorganismi patogeni e competizione con erbe infestanti.

Per combattere questi stress presenti nell’agricoltura tradizionale – ha spiegato Travaglini –  le piante investono energie che sottraggono alla crescita e allo sviluppo dei nutrienti. Gli agricoltori invece sono costretti a proteggerle ricorrendo a pesticidi e altre sostanze chimiche che impattano la sicurezza alimentare e contribuiscono all’inquinamento dell’acqua e del suolo. In Planet Farms le piante ricevono il mix ideale di luce, calore, acqua e sali minerali, secondo cicli rispettosi della fisiologia della pianta. Grazie all’assenza di nemici naturali, garantita dall’ambiente protetto delle stanze di crescita, non servono pesticidi, erbicidi o antiparassitari ed è possibile coltivare semi puri, non trattati. Ogni coltura può così esprimere al meglio gusto e qualità nutritive”.

Insomma, il ruolo storico della tecnologia in agricoltura viene ribaltato: da difensiva diventa preventiva, per creare le condizioni ideali per la crescita della pianta. “Dall’aratro ai fertilizzanti, dai pesticidi agli erbicidi, dalla pacciamatura all’ombreggiatura: sono tutti esempi di pratiche rese necessarie dalla presenza di troppo sole, vento, grandine, insetti, funghi parassiti ed erbe infestanti. Ognuna di queste pratiche modifica l’ecosistema per renderlo più docile e consentire così alle piante di crescere, impattando l’ambiente: i fertilizzanti si disperdono nel terreno e nelle falde acquifere; i pesticidi contaminano il cibo e l’ambiente; i teli antigrandine si trasformano in tonnellate di rifiuti. E noi evitiamo tutto ciò usando la tecnologia del vertical farming per creare un mondo ideale e sostenibile intorno alle colture”, sottolinea orgoglioso Travaglini.

Certo, a dirla tutta, manca un po’ di poesia: sono speciali lampade LED ad alta efficienza e risparmio energetico a dare luce, simulando in tutto e per tutto quella vera; la temperatura e l’umidità sono ottimali grazie a un sofisticato sistema di climatizzazione; l’acqua è integrata da Sali minerali (e viene riciclata). Però c’è un filtraggio dell’aria che blocca l’ingresso di parassiti, di microrganismi e particolato così nessun pesticida, erbicida o altro agro-farmaco è necessario.

Molto interessante è quello che il fondatore chiama “cambio di prospettive e paradigma” perché si coltiva anche dove tradizionalmente non è possibile, tipo vicino ai centri di distribuzione, riducendo drasticamente i costi (anche ambientali) di trasporto. In più, la coltivazione su più piani, 365 giorni l’anno, consente di valorizzare e utilizzare sementi pure e non trattate chimicamente o geneticamente. Non c’è terra e la raccolta è robotica, quindi non occorre poi lavare la verdura.

Travaglini e Benatoff sono ben consapevoli che per il momento è una produzione di nicchia: “Non vogliamo/possiamo sostituirci all’agricoltura tradizionale – dicono – ma è un modo per studiare le reazioni dei vegetali. Perché possiamo simulare diverse condizioni naturali e trovare delle soluzioni, perché il rapporto causa-effetto qui è assolutamente tracciabile”. Insomma, fanno da pionieri per culture che poi magari troveranno applicazione su larga scala.

E di sicuro ce ne sarà bisogno se, secondo la FAO, nel 2050 per soddisfare il fabbisogno nutrizionale di oltre 9 miliardi di persone sarà necessario aumentare la produzione di circa il 70%.

Inoltre, un numero sempre più crescente di persone abiterà nei centri urbani e il vertical farming rappresenta, in questo scenario, la soluzione più evoluta per produrre cibo in città, ovunque nel mondo e il più vicino possibile ai consumatori.

Peraltro, secondo dati DISMED, il 25% della superficie agricola europea è ad alto rischio di desertificazione, mentre a causa del cambiamento climatico si prevedono per il 2050 forti riduzioni nella resa di alcune delle principali colture cerealicole, quantificabili in alcuni punti percentuali per ogni grado di aumento della temperatura. Oggi è necessario ri-pensare a un modo di produrre cibo che possa nutrire, con meno terra, una popolazione mondiale in aumento.

Alcuni chef già stanno usando i loro prodotti, come i fratelli Cerea del ristorante tre stelle Michelin Da Vittorio a Brusaporto, che hanno creato un particolare menu per l’assaggio di speciali insalate.  Fonte: De Gusto, Eleonora Cozzella, 20.01.2022

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