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Ott 23 2017

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MAI STATI COSÌ POCHI I PADRONI DEL CIBO

Non sono mai stati così pochi i padroni del cibo, con il potere concentrato nelle mani di un pugno di multinazionali che controllano la filiera alimentare mondiale, dalle sementi ai pesticidi, dalla trasformazione industriale alla distribuzione commerciale. È l’allarme lanciato da una analisi della Coldiretti sul rapporto Ipes-Food, presentata al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, dopo la rivoluzionaria acquisizione di Whole Foods Market da parte di Amazon, alla quale Google ha risposto con un’alleanza con ValMart, leader mondiale della distribuzione alimentare, mentre sul mercato delle sementi e dei pesticidi sono in corso tre megafusioni Dow-Dupont, Bayer-Monsanto e ChemChina-Syngenta.
Un miliardo e mezzo di produttori agricoli mondiali sono stretti in una tenaglia da pochi grandi gruppi multinazionali, che dettano le regole di mercato nella vendita dei mezzi tecnici necessari alla coltivazione e all’allevamento nelle aziende agricole, a partire dalle sementi, ma anche, come sottolinea la Coldiretti, nell’acquisto e nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari. La perdita di potere contrattuale si traduce in difficoltà economiche e occupazionali per gli agricoltori a livello globale, ma l’elevata concentrazione mette a rischio anche la libertà di scelta dei consumatori e gli standard di qualità e sicurezza alimentare, oltre che la stessa sovranità alimentare dei vari Paesi. Non a caso la Fao ha lanciato l’allarme per la crescente uniformità delle colture mondiali, che ha portato nell’ultimo secolo ad una perdita del 75% della biodiversità vegetale, e ha stimato il rischio dal qui al 2050 della perdita di un terzo delle specie oggi rimaste.
A monte della produzione agricola, al termine delle tre mega fusioni in atto tra Dow-Dupont, Bayer-Monsanto e ChemChina-Syngenta (alle quali si aggiunge la pianificata fusione con Sinochem nel 2018), tre sole società, sottolinea la Coldiretti, potrebbero controllare più del 70% dei prodotti fitosanitari per l’agricoltura e più del 60% delle sementi a livello globale. Una situazione senza precedenti, che ha fatto scattare le preoccupazioni della stessa Commissione Europea, che ha deciso di aprire un’indagine approfondita sull’operazione per verificare se la fusione tra Buyer e Monsanto limiti la concorrenza nei settori delle sementi e degli agrofarmaci.
A valle della produzione agricola, il 90% del mercato globale dei cereali è controllato da soli quattro gruppi mondiali, vale a dire ADM-Archer Daniels Midland (Usa), Bunge (Usa), Cargill (Usa) e Louis Dreyfus Commodities (Francia), mentre nella trasformazione alimentare per cibo e bevande si stima che le 10 più grandi aziende di cibo e bevande possiedano il 37,5 % della quota di mercato mondiale delle prime 100. Nella distribuzione organizzata i 10 più grandi rivenditori di generi alimentari coprono il 29,3% delle vendite mondiali, che ammontavano in totale a 7.500 miliardi di euro, con il primo gruppo, Wallmart, che fattura da solo 262,5 miliardi di dollari. Di recente Amazon è sbarcata in questo mondo, con l’acquisizione di Whole Foods e, considerando la sua capacità di intercettare i bisogni dei consumatori e di analizzare la domanda, ci si attende che possa entrare nella Top 10 della distribuzione nell’arco di un decennio.
Il risultato è che per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti, meno di 15 centesimi vanno a remunerare il prodotto agricolo, mentre il resto viene diviso tra l’industria di trasformazione e la distribuzione commerciale, che assorbe la parte preponderante del valore. Il prezzo di un prodotto aumenta quasi sette volte dal campo alla tavola per colpa delle distorsioni e delle speculazioni lungo la filiera, anche se la situazione, sottolinea la Coldiretti, varia da prodotto a prodotto, con le situazioni peggiori che si registrano per i prodotti alimentari trasformati.
“Stiamo vivendo – ha sottolineato il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo – un furto di valore aggiunto che, senza alcun beneficio per i consumatori, vede sottopagati i prodotti agricoli spesso al di sotto dei costi di produzione”. In Italia, per pagare un caffè al bar, l’agricoltore tipo, continua la Coldiretti, dovrebbe mettere sul bancone 5 chili di grano o 3 chili di risone o 1,5 chili di mele o una dozzina di uova. Una ingiustizia da sanare. conclude la Coldiretti. rendendo più equa e giusta la catena di distribuzione degli alimenti, anche con interventi per limitare lo strapotere contrattuale dei nuovi poteri forti dell’agroalimentare, come ha annunciato lo stesso Commissario Europeo all’agricoltura Phil Hogan. Fonte: WineNews, 20.10.2017

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