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Mar 11 2022

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“PESTE SUINA E INFLUENZA AVIARIA, IL RISCHIO STA CRESCENDO”

Isabella Pratesi, Wwf: “Il problema è la moltiplicazione degli allevamenti intensivi”

L’Europa si è pensata a lungo come un luogo sicuro, un luogo in cui per gran parte della popolazione l’incertezza investiva aspetti marginali dell’esistenza. Poi sono arrivati due anni di pandemia che hanno monopolizzato la paura. E ora l’invasione dell’Ucraina che a sua volta ha cancellato ogni altra preoccupazione. Ma i missili non fermano i virus, semmai li aiutano destabilizzando le società. Per evitare che i problemi si sommino vale dunque la pena chiedersi oggi qual è la strategia migliore per evitare di ricadere nella trappola pandemica. Per ridurre il tasso di rischio complessivo con cui convivere.

Il problema non è tanto il virus Covid-19, anche se negli ultimi giorni si è registrata, in controtendenza, una leggera crescita dei casi. L’incognita principale sono gli altri 800 mila virus che – come ha rivelato un rapporto dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) – potrebbero infettarci.

“I rischi sono proporzionali agli squilibri che creiamo negli ecosistemi”, ricorda Isabella Pratesi, responsabile del settore conservazione del Wwf. “L’aver seriamente alterato il 75% degli ecosistemi terrestri e il 66% di quelli marini sta facendo emergere una serie di minacce per la nostra salute e per la stabilità ambientale”.

Una delle più evidenti è legata alla deforestazione. Un rapporto del Wwf cita due esempi. Il primo è la febbre emorragica venezuelana: la trasformazione di vaste aree di foresta in terreno agricolo ha determinato l’aumento delle popolazioni di roditori, che costituiscono il serbatoio dell’infezione, e ha facilitato il contatto di questi animali con gli esseri umani. Il secondo esempio è la presenza di volpi volanti vicino agli allevamenti di maiali, favorita dalle coltivazioni di mango che li circondano e dalla distruzione degli habitat naturali in Malesia: il risultato è stato lo spillover del virus Nipah.

Non si tratta di problemi lontani. “Non possiamo abbassare la guardia perché influenza aviaria e peste suina africana proprio ora sono tornate a essere rischi concreti, con preoccupanti focolai in Europa”, continua Isabella Pratesi. “In Italia ci sono migliaia di cinghiali a rischio. E per l’influenza aviaria sono stati censiti circa 300 focolai avicoli dal 2021 ad oggi, principalmente nel nord Italia. Del resto l’Italia è il quarto paese nella Ue per numero di animali allevati, con 23 milioni di capi tra bovini, suini, caprini e ovini”.

Il pericolo – dopo i due anni di covid19 è difficile dimenticarlo – è il salto di specie, la zoonosi. Il 60% degli agenti patogeni che causano malattie umane proviene dagli animali domestici o dalla fauna selvatica. Tre su quattro delle nuove malattie che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni è stato trasmesso da animali o da prodotti di origine animale.

“Con oltre 20 miliardi di polli allevati nel mondo e un numero crescente di allevamenti intensivi in tutto il mondo la possibilità di nuove ondate di malattie infettive di origine animale è molto alta”, conclude la responsabile conservazione del Wwf. “Varianti dell’influenza aviaria sono già in giro tra gli allevamenti intensivi del mondo, tutte in grado di infettare e uccidere l’uomo: è un rischio potenzialmente più grave del Covid-19”.  Fonte: Huffington Post, Terra, Antonio Cianciullo, 11.03.2022

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