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Mag 06 2020

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SLOW FOOD IN AZIONE: PERCHÉ LA COMUNITÀ ANTICIPA IL FUTURO?

Un dialogo tra Giacomo Miola, di Slow Food in Azione, e Carlo Petrini.

Che cos’è una comunità? A quale modello economico afferisce? Perché anticipa il futuro? Un dialogo tra Giacomo Miola, di Slow Food in Azione, e Carlo Petrini.

Sulla nostra pagina Facebook, molti di voi hanno avuto modo di assistere giovedì scorso alla prima puntata di Slow Food in Azione, un ciclo di incontri dedicato ai temi cari a Slow Food, ideato dai 27 giovani leader del progetto. Ne proponiamo una sintesi – e il video integrale – anche a chi non ha potuto esserci, e vi diamo appuntamento, sullo stesso canale, giovedì 7 maggio alle 17, con un secondo incontro dedicato alla relazione fra città e campagna.

Giacomo Miola

In senso molto largo il termine comunità ha molte accezioni. Lo stare a casa in questo momento di crisi si scontra con quello che è il modello di riferimento delle comunità che, classicamente, sono aperte, trasversali, e implica che siano trovate forme diverse di comunicazione, utilizzando strumenti multimediali. Per contro, dobbiamo pensare a chi vive in aree marginali, e non può permettersi una connessione internet, gli anziani, le comunità di migranti… Rischiamo di lasciare indietro una parte di mondo fondamentale… Come possiamo trasmettere il senso di appartenenza a una comunità pur essendo in tempi di distanziamento e isolamento sociale? E quali insegnamenti potremmo trarre dalle difficoltà oggettive che affrontiamo in questo periodo? È possibile far convivere l’idea di una comunità tradizionale, fisica, lenta, con un modo moderno – veloce, virtuale – di “fare comunità”?

Carlo Petrini

Due anni e mezzo fa, nel nostro Congresso di Chengdu avanzò l’idea di rafforzare le comunità dentro la rete Slow Food. Le comunità per altro sono arrivate nella nostra storia già dal 2004, in occasione del primo Terra Madre. Questo significa che da più di 16 anni il nostro movimento sta sperimentando quanto sia valida questa realtà associativa. A Chengdu abbiamo ratificato l’importanza di aprire fortemente a questo tipo di struttura perché ha caratteristiche diverse da quelle tradizionali, dei partiti, dei movimenti, delle associazioni. Le caratteristiche precipue delle comunità sono l’intelligenza affettiva e l’austera anarchia.

Questi sono elementi fondamentali, e lo si vede. Dentro la comunità c’è un modo d’essere, di comportarsi, di condivisione che non è assimilabile a una qualsiasi altra struttura organizzativa. Con Terra Madre abbiamo sempre ragionato in questi termini: non pretendere dalle comunità obbligazioni coercitive, ma fare in modo che esprimessero tutta la loro diversità in piena autonomia. Non c’è dubbio che in questa fase storica le nuove tendenze per portare avanti istanze, ideali, per realizzare il cambiamento hanno maggiore forza e intraprendenza se portate avanti da comunità.

Penso che il percorso di Slow Food nei prossimi anni sarà quello di aprirsi a queste realtà, in maniera molto inclusiva. Se non siamo inclusivi, non possiamo cambiare le cose, e per farlo è necessario avere una rete, fortificarla, implementarla, perché questa non è una formula solo organizzativa. È una formula politica. È la nuova politica. L’inclusività può avere una grande incidenza anche nel cambiamento di paradigma. Dobbiamo cambiare il paradigma di una politica economica basata esclusivamente sul profitto, e volgerci a una politica economica che guardi ai beni comuni, ai beni relazionali, che riduca le disuguaglianze, che abbia rispetto per l’ambiente, che metta davanti la solidarietà.

Giacomo Miola

Dalla politica ai media in questi giorni di confinamento c’è un abuso della parola comunità, spesso usata in maniera retorica o strumentale: sicuramente è cresciuto un bisogno relazionale che ci porta a sentire la vita in senso più comunitario. Come possiamo passare da comunità “immaginate” e chiuse proposte da una certa politica a un “sentire di comunità” aperto, inclusivo, proprio delle comunità reali?

Carlo Petrini

Credo che oggi le politiche aggressive non abbiano più una grande presa. La gente è stanca. Guardiamo al nostro comparto: il comparto alimentare oggi è in ginocchio. La contraddizione è però che questo comparto, il modo in cui intendiamo la politica del cibo, può essere quello che contribuisce fortemente al cambiamento. Quando parliamo di cibo, noi parliamo di territori, coltivazioni, allevamenti, e buona parte di questa pratica – fatta di allevamenti intensivi, uso smodato della chimica, trasformazioni nocive per la salute – è assolutamente non sostenibile dal punto di vista ambientale. Se dobbiamo costruire un’attenzione sul fronte ambientale, la politica del cibo è determinante, anche per il modo che abbiamo di intendere il rapporto città-campagna.

Nella cultura italiana il rapporto città-campagna è stato uno degli elementi distintivi di tutte le epoche. Se questo elemento salta, non avremo più i nostri borghi, le nostre realtà specifiche in campo agricolo, rischiando di compromettere un sistema funzionante da secoli, e che va ricostruito. Pensare di ricostruirlo con la filosofia di Slow Food significa prestare attenzione alle piccole realtà produttive, all’economia locale. Sto parlando di alta politica: partendo dal cibo, si può arrivare all’equità e alla giustizia, alla cura dell’ambiente, a un’economia che sia meno invasiva e meno distruttrice, alla solidarietà. Tutto questo si realizza se facciamo comunità.

A livello internazionale, Terra Madre deve essere la comunità delle comunità. Quando abbiamo intercettato la potenzialità delle nostre comunità, che sono presenti in Amazzonia, in Patagonia, in Kenya, abbiamo compreso che il loro modo di essere è veramente comunitario e dove tutti hanno un ruolo – anziani, donne, bambini. È giunto il momento di imparare da queste realtà così profonde. Se vogliamo continuare a essere un movimento mondiale, dobbiamo avere l’elemento della biodiversità tra di noi, perché è questa la realtà che abbiamo creato, e che ci porterà vitalità. Dobbiamo aprirci e sviluppare una visione davvero universale, in questo sta la nostra forza, non nella chiusura.

Giacomo Miola

L’economia delle comunità è il faro?

Carlo Petrini

Abbiamo davanti una grande opportunità: portare avanti il bene comune e il bene relazionale come elementi distintivi della nuova economia. Siamo davanti a due cosmogonie: quella del profitto, della finanzializzazione, della competitività; e quella della cooperazione, della solidarietà, dei beni comuni e relazionali, quella di un profitto giusto. È la seconda che dobbiamo portare avanti, collegandola alla salvaguardia dell’ambiente, della salute, dell’educazione, perché può essere la linea che cambia il paradigma. Per farlo, però, dobbiamo fare in modo che la rete di comunità, a livello planetario si allarghi, e abbia capacità di presentare queste nuove istanze.

Oggi questa esigenza è molto sentita. La situazione di crisi che attraverseremo e che già stiamo attraversando genererà situazioni psicologiche drammatiche, genererà cattiveria. Non sarà semplice ricostruire in modo diverso. È fondamentale e distintivo, oggi, avere una dimensione solidale. Senza solidarietà, senza attenzione verso gli ultimi, senza lottare contro le disuguaglianze, non ha senso parlare di politica di cambiamento. Abbiamo un grande lavoro da svolgere per la rigenerazione, e riusciremo a farlo se staremo dalla parte di chi è più in difficoltà.

Giacomo Miola

Le comunità educative possono essere una reale concreta speranza per il futuro? E come coinvolgere efficacemente i ragazzi delle scuole, che magari hanno un senso di comunità più virtuale e meno fisico rispetto alle generazioni precedenti? 

Carlo Petrini

Non possiamo solo realizzare comunità inerenti all’alimentazione. Dobbiamo pensare in termini di comunità educative, culturali. Le comunità educative sono un principio basilare per la trasformazione. Intorno al cibo c’è molto di più: l’ambiente, la giustizia sociale, il paesaggio, il rapporto tra generazioni. Le nostre comunità devono essere multiformi e variegate. Una comunità di Terra Madre possono essere benissimo dei giovani che fanno musica, una libreria, una scuola, dobbiamo essere aperti a questo concetto.

Dal pubblico.

In cosa le comunità anticipano il futuro?

Carlo Petrini

Nella loro vita interna si basano su un modello di cooperazione, che è quello a cui dobbiamo guardare in futuro. Il modo di essere basato sulla cooperazione è anticipatore del cambiamento, e disegna un pezzo di futuro.

Dal pubblico

Come mantenere un modello di convivialità nelle osterie, nei ristoranti?

Carlo Petrini

Nelle mie Langhe, si prospetta una riduzione del comparto del 30%. Dobbiamo mettere a valore quella ristorazione che abbia un rapporto diretto con le campagne, e agevolare tutte quelle istanze economiche che possano alleviare la situazione di sofferenza che c’è. Se chiude questo comparto, le nostre città cambiano volto, e cambia volto la nostra socialità. Dobbiamo continuare a essere a fianco di questi compagni di strada, come abbiamo sempre fatto, e come dobbiamo continuare a fare, rafforzando la solidarietà.

Dal pubblico

Da questa crisi potranno nascere nuovi lavori?

Carlo Petrini

Certamente. Dovranno nascere, e dovremo esercitare tutta la nostra fantasia. La solidarietà è una base attiva. Se ci apriamo, avremo anche lo spazio per inventarci nuovi mestieri.

La prima puntata è stata curata da: Gabriella Chiusano, Irene Melloni, Ottavia Pieretto, Antonella Mignacca, Federico Varazi, Michele Sozio e Giacomo Miola, che l’ha anche condotta.

Slow Food in Azione: le comunità protagoniste del cambiamento è un progetto finanziato dal Ministero per il lavoro e le politiche sociali, – Direzione generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese. Il progetto ha l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza sulla biodiversità e la lotta contro la crisi climatica, e di educare a modelli di consumo sostenibile e a scelte alimentari consapevoli. Al progetto partecipano 27 giovani leader, che ne stanno curando anche la fase online. Fonte: Slow Food, 4.05.2020

 

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