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Ago 31 2022

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UNA ESTATE ITALIANA: IL VIAGGIO (RI)PARTE DALLA CUCINA

Dopo due anni sottotono, il 2022 ha segnato davvero la ripartenza per il settore turistico. E a far da traino a tutto il comparto sono le esperienze enogastronomiche: ne abbiamo scovate nove, dal bosco al vigneto

Foto Unsplash

Secondo le stime di Demoskopika, l’arrivo di 92 milioni di turisti stranieri, si aggiunge ai 27 milioni di italiani che hanno deciso di restare in Italia, dedicandosi al cosiddetto turismo esperienziale; un settore che quest’anno ha fatto registrare una crescita dell’81% rispetto all’epoca pre-pandemia.

In particolare sono sempre di più i curiosi che, nei loro viaggi, vanno alla scoperta dei sapori locali, dei prodotti tipici e dei piatti tradizionali del nostro territorio visitato, delle loro storie e di quelle dei protagonisti storici della loro preparazione.

C’è chi assaggia e chi mette le mani in pasta!

Rispetto al passato, il turismo enogastronomico attuale sta assumendo una declinazione nuova: l’avventore che un tempo si limitava ad assaggiare prodotti tipici e autoctoni del luogo, preparati da mani esperte secondo le ricette della tradizione più autentica, oggi cerca di immergersi appieno nello spirito locale assistendo alla produzione e cimentandosi in prima persona nella lavorazione di ingredienti e piatti. A questi esploratori del gusto, che non si accontentano di sedersi al ristorante o di acquistare prodotti a km zero da portare a casa come souvenir, si rivolgono diversi enti e associazioni territoriali, che fanno da tramite tra i visitatori e gli abitanti “indigeni” per creare occasioni di condivisione e arricchimento reciproco.

Una nuova idea di vacanza e di ospitalità

Alla base del nuovo trend di turismo enogastronomico esperienziale c’è innanzitutto la crescente consapevolezza, da parte degli enti culturali e dei produttori locali, del valore del patrimonio enogastronomico e artigianale italiano, dei gusti e dei gesti che meritano di essere riscoperti e tramandati. Dal canto loro i viaggiatori si mostrano sempre più interessati, aperti alle novità e desiderosi di apprendere nuove conoscenze culinarie da poter applicare una volta tornati a casa.

Si tratta di una sorta di training didattico sul campo, divertente ma soprattutto utile per imparare a riconoscere cosa c’è davvero dietro un ingrediente (dalla storia di chi lo produce alla filiera che permette di portarlo sulla propria tavola) e a compiere le scelte migliori al supermercato, a casa o al ristorante. Insomma: il concetto di vacanza si è decisamente evoluta, passando dall’idea di “mangiare bene godendosi il servizio” a quella di “mangiare responsabilmente” dopo aver partecipato a tutte le fasi che portano il cibo dal territorio al piatto.

Esperienze di gusto…per tutti i gusti

Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi, troppo lontani da casa o troppo vicini, troppo disabituati ai lavori manuali o intimoriti dai fornelli per lasciarsi coinvolgere in una full immersion nel gusto. Ormai esistono infatti tour organizzati per tutte le tipologie di turista, capaci di soddisfare le esigenze e gli interessi di qualsiasi categoria di viaggiatore (e di mangiatore), ma anche singole esperienze da intraprendere in forma estemporanea, prenotandole direttamente una volta arrivati nel luogo da visitare tramite le associazioni locali per la promozione del territorio (tra le più note c’è la rete delle Cesarine), le agenzie turistiche specializzate come 181 Travel Experience o i molti siti internet che svolgono questo servizio a livello nazionale.

Tesori di fine estate (e oltre)

Anche se per molti l’unico periodo utile dell’anno per dedicarsi alle vacanze e allo slow eating è quello che va da giugno a fine agosto, in realtà non è l’arrivo di settembre a chiudere il calendario del turismo esperienziale. Anzi, soprattutto per quanto riguarda l’ambito enogastronomico, con l’arrivo dell’autunno e l’inizio del riposo agricolo, si apre una nuova stagione di appuntamenti golosi e davvero esclusivi, perché defilati rispetto ai circuiti del turismo di massa.

  1. Tour tra malghe, caseifici e latterie
  2. Visitare pascoli, stalle e caseifici, vedere come vengono allevate e nutrite vacche, bufale, pecore e capre, scoprire le fasi di lavorazione del latte e di affinamento dei formaggi, o persino partecipare alla loro realizzazione e ricevere direttamente a casa la propria forma dopo il periodo di stagionatura. Per farlo, da Nord a Sud, si può partecipare agli open day delle aziende aderenti alla piattaforma Caseifici Agricoli o ai tour più specifici organizzati nelle aree di maggior ineresse per la produzione casearia, come quella del Parmigiano-Reggiano.

L’ultima novità, pensata per gli amanti delle due ruote, è la Montasio Roure, un percorso ciclabile di circa 400 km con partenza e arrivo a Udine, promosso dal Consorzio del Montasio, assieme al progetto Aida (Alta Italia Da Attraversare) che, passando per le malghe del Friuli Venezia Giulia, porta a visitare quattro delle latterie che producono il formaggio Montasio Dop trasformate in stazioni di ristoro e degustazione del formaggio simbolo della Regione.

  1. Foraging: erbe spontanee dal campo al piatto

Dal parco dello Stelvio ai Monti Sibillini, i boschi italiani rappresentano un paradiso terrestre per gli amanti del wild food impegnati nel recupero della cucina davvero povera e sostenibile attraverso la reintroduzione nei piatti contemporanei delle erbe spontanee, necessariamente stagionali e a chilometro zero. Per chi vuole imparare a conoscere il patrimonio arboreo nazionale e a valorizzarlo nella cucina di tutti i giorni, utilizzando quelle che comunemente vengono considerate erbacce, in tutta Italia (dal Varesotto alle Murge tarantine) vengono organizzati corsi di foraging e cucina selvatica, tenuti da botanici, forager esperti e chef professionisti.
L’obiettivo è sostituire le verdure coltivate con le loro “sorelle umili”, scoprendone la versatilità, le caratteristiche organolettiche e le proprietà nutrienti, con in più il vantaggio di trascorrere del tempo all’aria aperta.

  1. Cinquanta sfumature di sfoglia e d’aceto

L’Emilia Romagna è la patria della pasta fresca tirata al mattarello, della piadina e dell’aceto balsamico. Per questo ogni anno l’Assessorato al turismo e i Consorzi locali rinnovano il loro impegno a far conoscere queste tipicità locali promuovendo esperienze di gusto, visite guidate e laboratori. Si va dai corsi per imparare a tirare la sfoglia all’uovo affiancati da un’esperta sfoglina a quelli per apprendere tutti i trucchi della piadina.

Non mancano poi le visite guidate alle acetaie di Modena e Reggio Emilia, che producono il tradizionale Aceto Balsamico Dop e Igp e mettano a disposizione degli ospiti percorsi di degustazione per imparare a cogliere le sfumature di gusto, di acidità e di aromi dell’aceto nelle sue varie fasi di invecchiamento, ma anche a utilizzarli al meglio in cucina. Per prendervi parte basta visitare il sito di Acetaie Aperte, contattare direttamente l’Ufficio informazione e accoglienza turistica di Modena, i consorzi di tutela o una delle 34 acetaie distribuite in 15 Comuni che, da quest’anno, sono segnalate in un’apposita Mappa del turista balsamico e altri tesori gastronomici nella provincia di Modena.

  1. Raccolta del tartufo

Il Piemonte è la regione del tartufo per eccellenza: dalla zona del Monferrato al Roero, dalle Langhe alle colline che si estendono tra la zona est della provincia di Cuneo e quella a sud ovest di Alessandria, in diversi periodi dell’anno qui si raccolgono tutti i tipi del prezioso tuber (tra cui il più pregiato, detto appunto tartufo bianco d’Alba). Oltre alle manifestazioni più importanti al mondo dedicate a questo prodotto, dai mesi estivi fino a gennaio, qui vengono organizzate battute di ricerca al tartufo, individuali o di gruppo, in vere tartufaie oppure nei boschi, a cui chiunque può partecipare in compagnia di tartufai esperti con il loro cane.

Ogni escursione si conclude con la degustazione di prodotti tipici locali, tra cui appunto il tartufo, in diverse declinazioni.

  1. Pesca delle moeche

Venezia non è una città unica solo dal punto di vista architettonico e artistico, ma anche per le sue peculiarità gastronomiche. Tra queste ci sono le moeche (moleche o “pepite di Venezia”), i granchi molli prossimi alla muta del carapace che vengono pescati dai moécanti soprattutto nelle zone di Chioggia, Giudecca e Burano e che, una volta fritti diventano una prelibatezza rara e ricercata. Sono reperibili solo per qualche settimana all’anno, in primavera e in autunno, e in questi periodi è possibile per i turisti fare visita ai casòni (o casòti) della laguna in cui si svolge la loro pesca e selezione. Basta rivolgersi alle associazioni cittadine come El Fèlze, visitare le piattaforme online come questa o questa che organizzano questi tour oppure mettersi direttamente in contatto con gli artigiani locali.

  1. Vendemmia e frangitura delle olive

Se l’enoturismo è ormai in voga tutto l’anno, l’autunno consente di fare un passo in più e partecipare alla vendemmia nei molti agriturismi che, dal Piemonte alla Sicilia, offrono questa opportunità ai loro ospiti, coinvolgendoli nella raccolta dell’uva e in tutte le fasi di produzione del vino.
Lo stesso vale per l’oleoturismo, che in questo periodo dell’anno è pensato per permettere ai turisti di scoprire da vicino l’arte frantoiana o persino di partecipare alla frangitura delle olive e alla produzione dell’olio nelle masserie, nei frantoi e nelle aziende che, dalla Lombardia all’Abruzzo, dalla Puglia, all’Umbria e alla Calabria, rientrano nel consorzio Movimento Turismo dell’Olio.

  1. Pizza napoletana (quella vera!)

Una pizza experience è un’occasione irrinunciabile per chi vuole scoprire i segreti del piatto più noto e imitato del mondo, trasformandosi in pizzaiolo napoletano per un giorno. Online si moltiplicano le proposte di laboratori per adulti e bambini, ma solo alcune garantiscono un’esperienza esclusiva e davvero autentica. Tra queste la “Pizza Masterclass” della Pizzeria Francesco e Salvatore Salvo, recentemente inserita al 5° posto nella classifica dei migliori pizzaioli al mondo per la ricerca sugli ingredienti e sulle tecniche di lavorazione fatta dai loro titolari e attiva in progetti pensati per offrire ai giovani un’occasione di riscatto sociale iniziandoli alla nobile arte di pizzaiolo.

  1. Mercati, conventi e street food siciliani

La Sicilia è un’isola famosa per la ricchezza storica e archeologica, per le bellezze paesaggistiche, ma anche per la buona tavola, che va dallo street food ai dolci più raffinati. Da Palermo a Catania, da Siracusa a Cefalù, tra le esperienze gastronomiche da non perdere durante una vacanza alla scoperta delle tradizioni locali ci sono i tour dei mercati, le passeggiate notturne alla scoperta dei cibi da strada, ma anche i veri e propri corsi di cucina e di pasticceria tipica, per esempio quelli per imparare a lavorare il cioccolato di Modica Igp o a fare i cannoli, la cassata e la tipica frutta Martorana di pasta di mandorle. Infine non sono da sottovalutare le visite guidate con degustazioni nei monasteri che custodiscono le ricette originali di alcuni piatti (soprattutto fritti) oggi noti e imitati in tutto il mondo

  1. Orecchiette &Co in Puglia

Per conoscere il lato culinario più autentico della Puglia e entrare in contatto con le sue più profonde radici enogastronomiche non si può prescindere dallo sperimentare la preparazione della pasta fresca nei suoi formati caratteristici (orecchiette, cavatelli e strascinati) e nei suoi abbinamenti più tipici (con le cime di rapa o il sugo di braciole). Per farlo ci sono diverse possibilità: dai corsi guidati da chef professionisti all’interno di masserie, trulli o a domicilio, alle lezioni casalinghe delle nonne pugliesi all’interno di abitazioni private in compagnia di tutta la famiglia. In questo caso la possibilità di cucinare e mangiare tutti insieme, in un ambiente riservato e informale
permette di vivere la più autentica delle esperienze culinarie, immergendosi completamente nella cultura del luogo.

  1. Pani e pesci tra Sardegna e Asinara

Il pane sardo è protagonista del progetto Le vie del pane, una serie di itinerari con visite ai luoghi dove hanno origine le materie prime, laboratori didattici e percorsi di analisi sensoriale, organizzati da agenzie locali e dall’Ecoistituto del Mediterraneo, in collaborazione con imprese, cooperative e panificatori indigeni, che ancora oggi realizzano il “coccoi”, il tradizionale pane cerimoniale di grano duro Dop e accolgono i turisti per mostrare loro le tecniche della sua lavorazione (che ormai avviene tutto l’anno e non più solo nel periodo pasquale). Dall’isola è possibile anche prendere parte a escursioni con battute di pesca nel parco naturalistico dell’Asinara, per passare una giornata in compagnia dei pescatori del posto a bordo di un veliero d’epoca e infine gustare ciò che in mare ha donato.

  1. Raccolta delle castagne

Nel periodo che va da ottobre a novembre si moltiplicano le occasioni per andare alla scoperta di uno dei sapori e dei profumi più amati dell’autunno: quello delle castagne. Da Monte Fumaiolo, sull’Appennino tosco-romagnolo al comune di Melfi e alla Valle del Melandro (in Basilicata), fino al Comune di Roccamonfina, in provincia di Caserta (dove la castagna ha ottenuto la certificazione Igp), sono diverse le mete dei tour pensati per consentire ai turisti di partecipare alla tradizionale raccolta delle castagne in compagnia di un locale, per apprendere i segreti di questa attività e imparare a raccogliere e cucinare i frutti migliori.

L’ultima novità sono gli “hub enogastronomici”

Per mettere il turista interessato a scoprire i sapori e le tradizioni enogastronomiche locali nelle condizioni di trovare e prenotare facilmente (non solo prima della partenza ma anche durante il viaggio) le attività a cui vuole partecipare, è nata l’idea degli “hub enogastronomici”: spazi polifunzionali pensati per favorire ai turisti la scoperta del territorio visitato e della sua cultura enogastronomica, e al tempo stesso consentire ai produttori di mettere in vista i loro prodotti, favorendo la visita delle aziende locali e la vendita diretta al consumatore finale.
L’efficacia di questa “vetrina” è stata confermata dall’esempio del “Tempio del Brunello”, il museo interattivo
(con installazioni digitali, visori di realtà virtuale e video immersivi) che fa parte del progetto culturale “L’Oro di Montalcino” con cui l’omonimo Comune toscano cerca di attrarre i turisti alla scoperta della cultura enologica del territorio. L’idea è quella di offrire ai visitatori una pre-esperienza, che li invogli ad avventurarsi nei luoghi di produzione e ad approfondire la conoscenza delle tipicità del luogo, passando dalla suggestione virtuale all’emozione reale. E cosa fare questo inverno? Nessuna paura, le occasioni golose non mancheranno, ma ne parliamo più il là…   fonte: Linkiesta, Gastonomika, Chiara Di Paola, 31.08.2022

 

 

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