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Giu 04 2020

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UNA TERRA DIVERSA DI CARLIN PETRINI E MICHELE SERRA

Una nuova etica nei confronti della natura, ecco cosa possiamo fare per tutelare l’ambiente. Un dialogo tra cibo, bisogno di scienza e la necessità di scambi tra città e campagna

I due sono amiconi, “da una cinquantina d’anni” suppergiù, quindi potrebbero parlare di molte cose non fosse che bisogna parlare di questa nostra terra (si deve, è urgente farlo), e di cosa è successo a lei e a noi mentre il virus impazzava. In quel tempo lungo abbiamo anche visto dei miracoli, orsi in giro per i paesi, l’erba che cresceva in mezzo al pavè, abbiamo guardato dalle finestre il nostro mondo fermo e la terra/asfalto che non potevamo calpestare. Abbiamo pensato a quanto sia importante . e fragile. l’ambiente di cui siamo parte? Sì. E resterà qualcosa, di quelle riflessioni, tra la voglia di ricominciare e la paura che il nuovo mondo ci fa? Mah. Comunque, qui si parla anche di politica.
SERRA. Non so se la lezione sia servita. Certo è più chiaro di prima che siamo in stretto rapporto con la biosfera, le piante, gli animali e anche con quei pallini velenosi che chiamiamo coronavirus. Fare finta di niente sarà un po’ più difficile di prima, dopo questa esperienza.

PETRINI. Abbiamo attraversato due grandi crisi, economica, climatica, ora la pandemica. Spero che questa lezione ci riconduca a una nuova etica verso la natura. Ma sono anche scettico. Data la potenza distruttiva impensabile della pandemia, sarà necessario scommettere sulla capacità di tutti di far scattare degli elementi di cooperazione. Passare da una società competitiva a una comunitaria, perché il peggio deve ancora arrivare. La crisi climatica inciderà pesantemente sull’ambiente, sulla biodiversità e sulla vita di milioni di persone, e non dobbiamo mai dimenticare che è soprattutto determinata dal sistema alimentare. Il 34 per cento di CO2 è collegato al sistema di allevamenti, agricoltura, trasformazione, industria alimentare; la mobilità incide invece per il 17 per cento. Eravamo già al punto di pensare di cambiare il sistema alimentare, abbiamo fatto un lavoro enorme sulla produzione e distribuzione di prossimità. Tutto è stato bypassato. In questa crisi si è privilegiata la grande distribuzione e la vendita online.

SERRA. C’è stata una specie di psicosi di guerra, la paura di restare senza cibo, la corsa ai supermercati. Il rovescio della medaglia è stata la rivalutazione degli orti, qualcuno si è messo a farlo anche sul balcone, per una spinta magari infantile, ma giusta, a una maggiore autosufficienza. Per essere almeno in parte produttori di quello che si mangia, anche nelle città. E riequilibrare il rapporto con la campagna, che è scompensato. Se è un’utopia, è una bella utopia, vedi l’intervista a Stefano Boeri su Repubblica.

PETRINI. Uno degli elementi distintivi della storia italiana è il rapporto città-campagna. Siamo gli unici ad avere il termine ‘contadino’, significa colui che vive fuori città ma che con la città ha un rapporto organico. La produzione del cibo può diventare un elemento politico. Dal cibo come merce al cibo come relazione, una relazione tra produttore e cittadino, questa è una grande sfida. Le persone sono sempre più sensibili a questo fattore.

SERRA. Il problema è che un obiettivo primario, come il cibo buono e sano, viene bollato da molti come un vizio elitario, roba da signore milanesi eccentriche. È una sconfitta culturale e politica. Come se mangiare sano fosse roba da privilegiati, e chi non può permetterselo deve rassegnarsi a mangiare male. O addirittura rivendicarlo come segno ‘popolare’, come fanno Trump e Salvini. Il risultato è che molta gente spende centinaia di euro per cambiare lo smartphone e risparmia un euro al chilo sulla pasta.

PETRINI. Abbiamo bisogno di implementare l’educazione alimentare, molti vedono il cibo come semplice combustibile, e poi sul cibo si è depauperato l’enorme patrimonio di conoscenza che veniva tramandato di generazione in generazione. Esiste poi l’atteggiamento culturale sbagliato di relegare il cibo in un limbo di gastronomia da divertissement. Per fortuna molti conoscono l’impatto dei nostri comportamenti alimentari sulla terra. Un ambiente di sofferenza genera sofferenza in tutti noi e in particolare nei più poveri. Questo concetto di ecologia integrale è la grande novità dell’enciclica “Laudato si'”. Ma purtroppo non è stato ancora compreso del tutto.

SERRA. Un ambiente sano non deve essere un privilegio. E nemmeno il frutto di una visione arcadica e sentimentale del rapporto uomo-ambiente. Stiamo parlando di relazioni biochimiche tra esseri viventi: la grande difficoltà dell’ambientalismo è non riuscire ad accreditarsi come pensiero scientifico. Sono temi che hanno bisogno di scienza e innovazione. Sogno un ambientalismo ‘scienziato’ ma ancora non lo vedo.

PETRINI. Io penso al Club di Roma negli anni 60, avevano descritto con lucidità tutti i limiti dello sviluppo. Non hanno avuto l’attenzione che meritavano perché erano gli anni del boom. Ora paghiamo dazio.

SERRA. Lo sguardo era corto, chi prediceva tempi duri passava per menagramo.

PETRINI. Oggi ci sono i giovani, i Fridays For Future, ma che fine faranno se non trovano sviluppi scientifici che gli permettano di diventare soggetti politici?

SERRA. La politica sembra un fantino scosso da un cavallo che corre per conto suo, l’economia. A parte la debolezza cronica dei Verdi italiani, non c’è un solo leader del quale si possa dire che è prima di tutto ambientalista. Se tutto si consuma nella ricerca del consenso a breve, che spazio rimane per pensare seriamente al futuro?

PETRINI. Hai ragione. Ma ad esempio: l’atteggiamento di molte aziende parte dal basso, cioè dal consumatore. Oggi l’esigenza di cibo sano è più sentita, anche con la consapevolezza di spendere qualcosa di più. La gente sa che il cibo cattivo produce altre pandemie, come l’obesità. Manca una componente politica che prenda in mano queste bandiere.

SERRA. Senza visione politica non si può pensare a un rapporto di scambio più stretto tra città e campagna. La frattura politica tra le città come luogo di sperimentazione e apertura, delle campagne come luogo della conservazione e della chiusura, c’è sempre stata. Ora sta diventando drammatica.

PETRINI. È una visione vecchia come il cucco, la campagna come la Vandea… È nostro dovere capire i valori della campagna e renderli fruibili a tutti. Rivendicare che il diritto alla natura è di tutti.
SERRA. In campagna però l’isolamento si sente. Incide, separa. Lo spopolamento dovuto all’industrializzazione ha svuotato valli e crinali. E non è certo quel poco di turismo, le seconde case, a poter invertire la tendenza. Ci vogliono le infrastrutture, la banda larga. L’integrazione dei due sistemi.

PETRINI. La vivibilità delle campagne va aiutata con strumenti scientifici. Nella mia Langa non ci sono più le botteghe, serve una nuova bottega fatta da giovani con strumenti tecnologici all’avanguardia, un collante per tutta la comunità. Questi presidi ci salveranno dal congestionamento urbano, una rete di piccole comunità sarebbe la metropoli più bella del mondo.

SERRA. Sì, se riesci a mantenere le identità forti, da un lato. Le radici. E dall’altro lato a combattere l’isolamento. Se si chiudono gli uffici postali e gli ospedali per ‘mancanza di clienti, vuol dire che il criterio economico è l’unico in corso d’opera. Altri criteri, come il beneficio sociale che nel medio periodo diventa anche beneficio economico, non sono contemplati.

PETRINI. Questo abbiamo capito, durante il lockdown. Il sistema sanitario è saltato perché non c’erano abbastanza medici sul territorio, ma anche un piccolo ufficio postale garantisce alla comunità di vivere sul territorio. Serve un’economia diversa, non si può dire ‘tornate alla terra’ e basta. Ai tempi della Malora di Fenoglio i servizi non c’erano, oggi sì. Ripartiamo dalla terra non è solo lo slogan di un appello di Slow Food che invita il governo a mettere al centro delle politiche per il rilancio l’agricoltura locale, rispettosa dell’ambiente e della salute delle persone, ma una necessità. Larga parte della comunità scientifica, la società civile, molti economisti, concordano nell’affermare che il futuro deve essere più green. Ci vuole un radicale cambio di paradigmi, e l’agricoltura, i sistemi alimentari, possono davvero costruire un perfetto punto di partenza, utile anche ad ispirare altri settori.

SERRA. Questo sarebbe un ottimo momento per cambiare le cose.

PETRINI. Bisogna passare dalla competizione alla cooperazione. In questo senso la dimensione comunitaria è l’unica capace di consentire il rovesciamento concettuale. La comunità si identifica in un progetto comune, è una rete di relazioni e di vicinanze, non può essere scalfita dall’esterno.

SERRA. ‘Comunità’ era una parola di sinistra, negli ultimi anni è stata regalata alla destra. Il popolo ai populisti, la comunità alla destra: deve essere proprio morta da molti anni, l’egemonia culturale della sinistra…

PETRINI. Serve il metodo del dialogo, e la solidarietà. Non usciremo dalla crisi con una conflittualità permanente. Ognuno deve guardare a chi sta peggio.

SERRA. Una parola da rivalutare, in questo senso, è ‘dovere’. Tra i doveri, c’è quello di aiutare gli altri. fonte: la Repubblica, a cura di Brunella Giovara, 04.06.2020

 

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