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Mar 10 2022

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VINO E SALUTE

LA PAROLA ALLA SCIENZA

Se state leggendo questo approfondimento avrete senz’altro seguito la bufera che si è scatenata alla proposta europea di mettere una F nera sugli alimenti che contengono alcol (Nutriscore). E così anche il vino è stato messo sul banco degli imputati e poi escluso dalla normativa per ragioni politiche.

Noi potremmo parlare di vino e delle sue antichissime origini. Una leggenda narra che il frutto proibito del Paradiso Terrestre fosse la succulenta Uva e non la biblica Mela. Un’altra racconta che Noè salvò la vite dal diluvio universale portandola al sicuro nella sua Arca. Presso gli antichi Romani il vino assunse una tale importanza che Bacco fu inserito nel novero degli Dei. Ma potremmo anche raccontare di quante energie si spendono nella coltivazione della vite con tutte le sue varietà autoctone e non; potremmo narrare del territorio, della storia, delle tecniche agronomiche e di vinificazione ed infine dell’atmosfera magica che si crea nella degustazione di un bicchiere di vino. Ma in questa sede la domanda che ci siamo posti è un’altra: il vino fa bene o fa male? E qui facciamo una valutazione meramente scientifica cercando la risposta in studi che negli anni hanno definito regole ben precise sul consumo di vino (e di alcol) per coniugare vino e salute in un binomio definito impossibile.

Dati preliminari: Vino, quantità di alcol e calorie

Prima parte: Il vino fa bene

Seconda parte: Vino e salute, un binomio impossibile

VINO, QUANTITÀ DI ALCOL E CALORIE

Come introduzione “diamo i numeri” che ci servono per una valutazione consapevole di quanto stiamo bevendo, poiché le bevande alcoliche, soprattutto il vino, sono prodotti largamente utilizzati nel nostro Paese e il loro consumo è parte integrante della cultura e della tradizione italiana.

Si definiscono bevande alcoliche tutte le bevande che contengono alcol (etanolo) in varia misura a partire da 1.2ml per 100ml. Il quantitativo di alcol, il cosiddetto “tenore alcolico” viene infatti riportato in etichetta solo per le bevande che ne contengono una quantità pari o superiore.

Erroneamente si sente ancora parlare di gradi e gradazione alcolica, ma la misura corretta del tenore alcolico di una bevanda è il titolo alcolometrico. Tale valore rappresenta i millilitri di alcol puro presenti in 100 ml di bevanda alla temperatura di 20°C e viene espresso in etichetta come “% vol”.

Per sapere quanti grammi di alcol sono contenuti nel volume di bevanda alcolica che stiamo consumando bisogna moltiplicare il valore riportato in etichetta per la densità dell’etanolo (0.79) e per la quantità di bevanda espressa in decilitri (vedi esempio qui sotto).

La quantità di alcol presente nella bevanda che nell’uso comune rappresenta un drink è definita Unità Alcolica (U.A.) e a causa delle differenti abitudini non è uguale in tutti i Paesi. In Italia l’U.A. è la quantità di etanolo presente in un bicchiere di vino (125 ml) a media gradazione (12%vol) o in una lattina di birra (330 ml) a media gradazione (4.6%vol) o in un bicchierino (40 ml) di superalcolico (40%vol) e corrisponde a 12 g.

Esempi di calcolo di quantità di alcol a partire dal titolo alcolometrico Quanti grammi di alcol sono contenuti in un litro (10 dl) di vino a 12%vol? 12 (%vol) × 0.79 (densità) × 10 (quantità in dl) = 94.8 g di alcol

Quanti grammi di alcol sono contenuti in un bicchiere di vino a 12%vol? 12 (%vol) × 0.79 (densità) × 1.25 (quantità dl) = 11.8 g di alcol.

L’etanolo è il maggior costituente, dopo l’acqua, delle bevande alcoliche, non è un nutriente, sebbene sia una fonte rilevante di energia (7 kcal/g) e le bevande che lo contengono non apportano quantità significative di altri nutrienti oltre agli zuccheri. Per queste ragioni le calorie da bevande alcoliche sono inserite nella categoria delle “calorie vuote”. Un bicchiere di vino da 125 ml ha un contenuto calorico di 11.8×7=82.6 kcal.

IL VINO FA BENE (1-2-3)

Il fatto che un consumo moderato di vino abbia effetti positivi sulla nostra salute è un fatto scientificamente provato. I primi studi a questo proposito (lasciando al momento da parte la sempre seppur valida saggezza contadina e gli usi e i costumi dei nostri avi) risalgono alla fine degli anni Ottanta, inizio degli anni Novanta, quando alcuni studiosi hanno cominciato ad esaminare un fenomeno quanto meno curioso: in Francia, un paese dove la dieta seguita è ricca in grassi saturi (es. burro, lardo, ecc.), l’incidenza delle malattie cardiovascolari è particolarmente bassa.  Ci si è quindi interrogati sulle cause e gli studi epidemiologici che ne sono derivati hanno avuto come risposta il fatto che il consumo regolare di vino potesse ridurre l’incidenza delle problematiche cardiovascolari.

Da qui si è quindi coniato il concetto di PARADOSSO FRANCESE.

Questo è stato però solo il punto di partenza, nel corso degli anni, si sono susseguiti numerosi studi che hanno proprio avuto come oggetto e scopo quello di capire quali fossero i meccanismi in funzione del quale una bevanda alcolica potesse effettivamente avere un impatto positivo sulla salute di un individuo.

In linea di massima si è scoperto che il vino ha indubbi e provati effetti positivi:

Sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari (aumenta il “colesterolo buono” HDL, riduce il “colesterolo cattivo” LDL)

Riduce il rischio di diabete di Tipo-2.

Aiuta la prevenzione di alcuni tipi di cancro (come ad esempio nel caso del tumore alla prostata e ai polmoni)

Questo soprattutto grazie all’azione dei polifenoli e di come questi, anche in funzione della combinazione con l’etanolo, vengono assimilati dal nostro corpo.

Tutto questo è scientificamente provato e, comunque, valido parlando di consumo moderato e costante. Cosa si intende per consumo moderato? 1 bicchiere al giorno per le donne (150 ml), 2 bicchieri al giorno per gli uomini (300 ml).

Storicamente, nelle epoche passate, il vino veniva già assunto per i suoi effetti positivi; era utilizzato come antisettico, antidolorifico, per trattare problemi dermatologici e disturbi digestivi.

I suoi effetti positivi sulla salute sono però stati messi in luce grazie a uno studio epidemiologico su larga scala da cui si è diffuso il concetto di paradosso francese. Questo studio rilevò in Francia una minore incidenza di malattie coronariche, nonostante si trattasse di un paese ad alto rischio perché caratterizzato da una dieta ricca di grassi saturi (burro, strutto…). Il dato fu interpretato come conseguenza del consumo moderato di vino rosso.

Questa relazione inversa tra mortalità e consumo di vino nelle diverse nazioni si vede molto bene nel grafico rielaborato da Lindberg e Amsterdam, ricavato dallo studio di Leger e collaboratori  4 (figura 1).

Figura 1: Relazione tra mortalità e consumo di vino. Asse y (numeri da 1 a 11) mortalità, asse x (numeri da 0.4 a 2) consumo di vino. All' aumentare del consumo di vino diminuisce la mortalità (rielaborato da Lindberg e Amsterdam dallo studio di Leger e collaboratori 4 ).

Come si può vedere, con l’aumento del consumo di vino diminuisce la mortalità. I paesi con mortalità più alta sono quelli con una dieta diversa da quella mediterranea, ma non si comporta in questo modo la Francia, dove a fronte di una dieta non mediterranea (ricca di grassi saturi), si ha una bassa mortalità.

Anche altri studi epidemiologici hanno dimostrato nel tempo una relazione tra consumo di bevande alcoliche e mortalità. Soprattutto è stata dimostrata una riduzione di mortalità con un consumo moderato e costante di bevande alcoliche.

Come si può vedere dal grafico ricavato dallo studio di Klatsky and Udaltsova 5  e rielaborato da Lindberg e Amsterdam (figura 2), la mortalità è minore per le persone che consumano bevande alcoliche in modo moderato (1-2 volte al giorno) mentre aumenta per chi non ne consuma o ne consuma in modo eccessivo (5-6 volte al giorno).

Figura 2: Relazione tra mortalità e frequenza del consumo di bevande alcoliche. Sull’asse y (numeri da 0.6 a 2.2)  indice di mortalità e sull’asse x (da “never” a 6+d) consumo di bevande alcoliche. Never = astemi; Ex = eccezionale; Occas = occasionale; <1d = meno di 1 bicchiere al giorno; 1-2 d = 1-2 bicchieri al giorno; 3-5 d = 3-5 bicchieri al giorno; 6+d = più di 6 bicchieri al giorno. Le persone che consumano vino in modo moderato hanno mortalità più bassa rispetto a chi non ne consuma o a chi ne consuma in modo eccessivo (rielaborato da Lindberg e Amsterdam dallo studio di Klatsky and Udaltsova 5 ).

Le curve assumono il tipico andamento a “j” con la mortalità che diminuisce al centro del grafico (persone che consumano bevande alcoliche in modo moderato), aumenta nella parte iniziale (persone che non consumano bevande alcoliche o con consumo occasionale) e in quella finale (persone che consumano bevande alcoliche in modo eccessivo).

Negli anni sono anche state mosse alcune critiche a questi studi epidemiologici. Infatti, è stato osservato che il dato potrebbe essere influenzato dal fatto che chi fa un consumo moderato di vino è sovente chi ha una condizione socioeconomica migliore rispetto a chi non ne consuma o ne consuma troppo, quindi la mortalità più bassa potrebbe anche essere dovuta, in parte, a una migliore qualità della vita. Non si è ancora arrivati a una risposta definitiva a livello di studi epidemiologici, però ci sono evidenze scientifiche ormai consolidate relative agli effetti positivi sulla salute di uva (frutti rossi), succhi d’uva, estratti dei vinaccioli e delle bucce dell’uva. Prodotti molto  affini/presenti nel vino, soprattutto in quello rosso. Queste evidenze vanno, quindi, ad indicare la presenza di effetti positivi sulla salute di un consumo moderato di vino.

Inoltre, alcuni studiosi ipotizzano che questi benefici potrebbero essere addirittura incrementati nel vino grazie all’effetto combinato di alcol e polifenoli e all’aumento della disponibilità dei polifenoli contenuti in bucce e vinaccioli, dovuto ai processi fermentativi. Durante la fermentazione alcolica e la macerazione i polifenoli presenti all’interno delle cellule di bucce e vinaccioli sono estratti e quindi resi più disponibili, cioè più facilmente assimilabili dall’organismo umano.

I meccanismi responsabili dell’effetto positivo del vino sulla salute sono estremamente complessi, alcuni non sono ancora stati chiariti del tutto, però si è osservato che sono tutti riconducibili principalmente ad alcol e polifenoli.

Principali Sostanze Con Effetti Positivi Sulla Salute Presenti Nel Vino

ALCOL

L’alcol (Etanolo) è una molecola relativamente semplice ed è formato da 2 atomi di carbonio (C), 5 atomi di idrogeno (H) e 1 gruppo alcolico (OH). La sua formula è CH 3 CH 2 OH e la sua struttura può essere rappresentata come nell’immagine sotto.

 

È uno dei prodotti della fermentazione alcolica ad opera dei lieviti, è uno dei macro costituenti del vino e si trova in quantità che vanno dai 70 g/L (9 % Vol) ai 140 g/L (18 % Vol).

POLIFENOLI

In questo raggruppamento rientrano diverse molecole che si possono dividere in 2 grandi gruppi: i flavonoidi e i non flavonoidi. Sono tante molecole presenti in quantità molto più basse dell’etanolo, si va da 1 g/L a concentrazioni inferiori a 0.001 g/L, ma con effetti considerevoli e peculiari sia sulle caratteristiche organolettiche del vino (colore, sapore, struttura…) sia sui benefici sulla salute (forte attività antiossidante).

ANTOCIANI

Provengono dalla buccia dell’uva, sono estratti durante la fermentazione e sono responsabili del colore dei vini rossi.

Sotto la rappresentazione di uno degli antociani, la malvidina.

TANNINI

Provengono dalla buccia dell’uva, dai vinaccioli e dal legno delle botti. Sono estratti durante la fermentazione i primi, durante l’affinamento gli ultimi e sono responsabili della struttura dei vini.

Sono molecole molto complesse e formate dall’unione di singole unità chiamate monomeri. I tannini della buccia, ad esempio, sono formati dall’unione di 2, 5, oppure più di 10 unità monomeriche di catechina ed epicatechina. La struttura dell’epicatechina è rappresentata nell’immagine sotto.

Un tannino della buccia è composto da una decina di queste unità condensate (attaccate) assieme.

RESVERATROLO

Il resveratrolo è localizzato nelle bucce ed è prodotto dalla vite per difendersi dagli attacchi dei parassiti fungini. È estratto durante la vinificazione, soprattutto in rosso e nei vini è presente in concentrazioni che vanno da 0.001 a 0.003 g/L.

Questo polifenolo appartiene alla famiglia degli stilbeni, molto studiata per gli effetti positivi sulla salute dell’uomo e gli sono attribuite diverse proprietà farmacologiche. Di seguito la rappresentazione della sua struttura:

 

Questi sono solo alcuni dei polifenoli presenti nei vini, a cui si aggiungono tante altre molecole (acidi cinnamici, quercetina….) con effetti diversi sulle proprietà organolettiche del vino, ma anche sulla salute, in quanto tutte caratterizzate da attività antiossidante.

Effetti Positivi Del Vino Sulla Salute

Effetto Antiossidante

L’effetto antiossidante derivato dall’assunzione moderata di vino rosso è probabilmente uno dei principali fattori responsabili del paradosso Francese.

Una dieta ricca di grassi, infatti, è causa di danni ossidativi alle lipoproteine del plasma (stress ossidativo), i quali sono però contrastati dalle sostanze antiossidanti (polifenoli) presenti nel vino.

Inoltre, lo stress ossidativo è associato anche ad altre malattie croniche come arteriosclerosi, arresto cardiaco, cancro, degenerazione neurologica e accelerazione del processo d’invecchiamento. Il vino rosso è un protettore contro tutte queste malattie perché incrementa la capacità antiossidante del plasma sopprimendo la generazione di radicali liberi (ROS), aumenta la capacità di assorbimento da parte del plasma dei radicali liberi e diminuisce i danni ossidativi al DNA.

È stato dimostrato che i flavonoidi del vino (tannini, antociani…) proteggono dall’ossidazione del colesterolo cattivo (LDL) e che i tannini sono molto attivi nel prevenire l’ossidazione dei lipidi contenuti nei cibi nel tratto intestinale, indicando un effetto positivo del consumo di vino rosso durante il pasto.

Si è anche visto che l’effetto antiossidante del vino è legato alla frequenza con cui è consumato. Gli effetti antiossidanti di un singolo bicchiere di vino sono transitori (svaniscono dopo poche ore), mentre con un consumo costante (1-2 bicchieri tutti i giorni) sono mantenuti nel tempo. Quindi i migliori effetti antiossidanti del vino si hanno con un consumo quotidiano di vino durante i pasti. Effetto Sui Lipidi

Un consumo moderato di vino è associato ad un incremento del colesterolo buono (HDL), che è importante per liberare il corpo dall’eccesso di colesterolo e alla riduzione del colesterolo cattivo (LDL), associato all’aumento del rischio di: arteriosclerosi, obesità e diabete di tipo 2.

Il consumo di vino durante i pasti è ideale perché consente di eliminare parte del colesterolo prima che si depositi nel corpo.

L’effetto sui lipidi è dovuto all’azione combinata di alcol e polifenoli. Il primo è risaputo che aumenti i livelli di colesterolo buono (HDL) mentre i polifenoli agiscono positivamente sull’omeostasi (quantità) del colesterolo.

Anche a livello di effetto sui lipidi, i benefici sono massimi con un consumo quotidiano moderato (1-2 bicchieri al giorno), mentre non si verificano nel caso di un consumo saltuario.

Inoltre, il consumo di vino rosso potrebbe combattere l’obesità agendo sulla diminuzione dell’appetito, soprattutto sui soggetti femminili.

Come per l’effetto antiossidante, anche qui, si evidenzia la maggior efficacia dei vini rossi rispetto ai bianchi.

Funzione Immunitaria/Infiammazioni

L’infiammazione cronica è una componente critica di molte malattie: obesità, problemi cardiovascolari, malattie neurodegenerative, diabete, invecchiamento e alcuni tipi di cancro.

L’etanolo e i polifenoli sono in grado di modulare le risposte immunitarie e il consumo di vino rosso può proteggere contro vari disturbi del sistema immunitario sia stimolando le risposte immunitarie, sia riducendo l’infiammazione.

Effetto Cardiovascolare

Le malattie cardiovascolari (infarto, angina pectoris, ictus) sono la principale causa di morte in tutto il mondo. Studi epidemiologici dimostrano che il consumo moderato di vino è associato a una diminuzione di mortalità per malattie cardiovascolari.

Questo beneficio è attribuito alle capacità antiossidanti, all’effetto positivo sui lipidi e all’effetto antinfiammatorio di cui sopra.

In aggiunta si è visto che il vino, soprattutto quello rosso, agisce sul sistema cardiovascolare anche ad altri livelli: ha un effetto positivo sul tessuto endoteliale (rivestimento interno dei vasi sanguigni), rallenta l’arteriosclerosi e diminuisce l’ipertensione grazie ad un effetto vaso rilassante.

La maggior parte di questi effetti sembrano dovuti all’attività antiossidante dei polifenoli, però anche qui sembrerebbe esserci un effetto additivo dell’alcol.

Cancro

Sebbene sia risaputo che l’alcol è una sostanza cancerogena, ci sono evidenze scientifiche di una diminuzione di rischio di alcune tipologie di cancro (al colon, alle ovaie, alla prostata) associata a un consumo moderato di vino, grazie all’effetto polifenoli.

Gran parte degli studi relativi agli effetti positivo del vino sulla prevenzione del cancro è concentrata sul resveratrolo.

Il resveratrolo sopprime la proliferazione di un’ampia varietà di cellule tumorali (linfonodi, seno, prostata, stomaco, colon, pancreas, tiroide, pelle…) ed è molto studiato perché blocca il processo di cancerogenesi a diversi livelli: attivazione, fase iniziale, fase di progressione.

È stato dimostrato che il resveratrolo ha attività antiossidante, antinfiammatoria, antimutagena, antimetastatica, antiangiogenica, antiproliferativa.

Diabete Di Tipo 2

Il diabete di tipo 2 è caratterizzato dalla riduzione dello smaltimento di glucosio nei tessuti periferici e sovrapproduzione di glucosio da parte del fegato.

È provato che un consumo moderato di vino previene l’insorgenza del diabete di tipo 2, probabilmente grazie alle proprietà antiossidanti del vino rosso che potrebbero essere le responsabili di questo effetto positivo. Questa affermazione è supportata dall’effetto positivo di uva ed estratti dei vinaccioli sui pazienti affetti da diabete di tipo 2.

Inoltre, resveratrolo, quercetina, catechina e antociani inibiscono l’iperglicemia.

Anche in questo caso pare esserci un effetto additivo di alcol e polifenoli.

Effetto Neurologico

Studi epidemiologici e studi sugli animali hanno dimostrato che un’assunzione moderata di vino rosso può ridurre il rischio di sviluppo di malattie neurologiche come demenza, ictus e morbo di Alzheimer.

Questo effetto è dovuto principalmente all’alcool, mentre non è ancora stato chiarito l’eventuale contributo dei polifenoli.

Effetti Gastrointestinali

Recenti studi hanno trovato che una moderata assunzione di bevande alcoliche è associata ad una riduzione delle infezioni da Helicobacter pylori, con una migliore associazione nel vino rispetto alla birra.

Altri effetti positivi di un consumo moderato di vino:

– prevenzione sindrome metabolica;

– attività antibatterica contro streptococchi a livello del cavo orale;

– riduzione rischio sviluppo osteoporosi nelle donne anziane.

Effetti Tossici

Tutti gli effetti positivi elencati fino qui sono relativi ad un’assunzione moderata e continuativa di vino, cioè due bicchieri (300 ml) al giorno per gli uomini e uno (150 ml) per le donne in modo costante.

Oltrepassare questa dose può invece avere effetti opposti, aumentando i rischi di neuro degenerazione, disturbi depressivi, obesità, indebolimento delle ossa, ipertrigliceridemia, malattie cardiache, ipertensione, ictus e cancro al seno.

 

Il Vino Fa Bene: Conclusioni

Vi sono ampie prove a sostegno dei benefici sulla salute associati al consumo regolare e moderato di vino, in particolare di vino rosso, maggiormente ricco di polifenoli.

L’alcol incrementa i livelli di colesterolo buono (HDL), inibisce l’aggregazione piastrinica e riduce l’infiammazione sistemica, mentre i polifenoli hanno effetto antiossidante, diminuiscono l’aggregazione piastrinica e migliorano la struttura tessuto endoteliale (rivestimento interno dei vasi sanguigni). Inoltre, i polifenoli agiscono attraverso diversi meccanismi di attenuazione della risposta infiammatoria e di attività cardioprotettiva, neuroprotettiva e come agente chemiopreventivo.

Siccome gli effetti positivi sono determinati da alcol e polifenoli, i vini con i migliori benefici risultano essere quelli più alcolici e ricchi in polifenoli, quindi quelli più strutturati.

Va comunque sottolineato che tutti i benefici associati al consumo di vino, soprattutto di vino rosso, si hanno con un consumo regolare e moderato. La dose raccomandata è 2 bicchieri al giorno per gli uomini (300 ml), 1 bicchiere al giorno per le donne (150 ml) e il consumo deve essere quotidiano.

L’effetto positivo del vino può essere ulteriormente incrementato associandolo ad una dieta salutare, come ad esempio quella mediterranea.

Gli effetti salutari associati alla dieta mediterranea, che combina assunzione moderata di vino ad una dieta ricca di frutta, verdura e cereali integrali suggeriscono anche che i polifenoli del vino hanno un effetto sinergico con le altre sostanze contenute in questi cibi. Addirittura, aggiungere vino alla dieta di persone sane potrebbe determinare a queste ulteriori benefici.

 

VINO E SALUTE: UN BINOMIO IMPOSSIBILE

Riportiamo qui di seguito cosa dicono le LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE

(Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU e Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria-CREA) (6) .

 

 

 

BEVANDE ALCOLICHE: IL MENO POSSIBILE

  1. Come comportarsi

Se si è astemi è bene continuare a non assumere bevande alcoliche, perchè non esiste un consumo di alcol esente da rischi per la salute; se invece sei consumatore di alcol e decidi di continuare a bere, è opportuno rispettare le condizioni che seguono per minimizzare i rischi per la salute: La quantità di consumo di alcol compatibile con un “basso rischio” si riassume in un 2-1-0:

-fino a 2 unità alcoliche al giorno se sei un uomo adulto;

-fino a 1 unità alcolica al giorno se sei una donna o una persona con più di 65 anni;

-0 alcol sotto i 18 anni.

Le quantità sopra riportate sono compatibili con un consumo a basso rischio solo se:

-sei sano

-segui un’alimentazione completa ed equilibrata

-il tuo peso è normale

-bevi solo durante i pasti e, comunque, mai a digiuno, scegliendo bevande a bassa gradazione

– non sei in gravidanza o allattamento

– non assumi farmaci

– non devi guidare o manovrare subito dopo macchinari pericolosi per te o per gli altri

– non hai o non hai avuto problemi di dipendenza

  1. Le bevande alcoliche: composizione ed effetti

L’elemento caratterizzante delle bevande alcoliche è la presenza di etanolo, primo costituente dopo l’acqua, che può avere concentrazioni molto variabili nelle diverse tipologie. Secondo le principali  Agenzie Internazionali di salute pubblica, l’alcol è una sostanza tossica e cancerogena, tanto che la IARC (International Agency for Research on Cancer) classifica le bevande alcoliche nel gruppo 1 (sicuramente cancerogene per l’uomo).

Il suo consumo prolungato e cronico è associato quindi ad aumentato rischio di cancro ed è molto difficile stabilire una quantità assolutamente priva da rischi per la salute. Va inoltre sottolineato che l’alcol può indurre assuefazione, dipendenza e alcolismo ed è responsabile di danni sociali, mentali ed emotivi.

L’etanolo è un neurotossico capace, a livello del sistema nervoso centrale, di alterare sia le funzioni fisiche che mentali. L’intossicazione acuta da alcol, oltre a determinare problemi immediati sulla salute, può indurre comportamenti incontrollati e causare incidenti di ogni tipo. Per questi motivi, la legge regola il quantitativo di alcol tollerabile per chi si mette alla guida. Bisogna tenere tuttavia presente che una concentrazione ematica di etanolo, ben inferiore a quella consentita per poter guidare, è già in grado di alterare la percezione del pericolo, la visione laterale, la velocità dei riflessi ecc.

Le bevande alcoliche fermentate contengono anche, in quantità molto variabili, molecole bioattive quali acidi fenolici, stilbeni (quali il resveratrolo), lignani e flavonoidi presenti naturalmente nelle materie prime usate per la loro produzione (frutta, cereali, ecc.) o derivate dai materiali utilizzati per l’invecchiamento. Questi composti, isolati e somministrati in una certa quantità, hanno dimostrato di esercitare azione antiossidante, antinfiammatoria e antiaggregante in studi sperimentali e tali proprietà sono state attribuite alla bevanda che li contiene.

Ma ciò non è corretto poiché le bevande alcoliche non rappresentano una fonte utile di molecole bioattive, sia perché l’apporto di tali sostanze da alimenti non contenenti alcol, tra cui la frutta e la verdura, è decine di volte superiore, sia perché occorrerebbero grandissime quantità di bevanda alcolica per ottenere valori significativi di molecole bioattive. In altri termini, sia per quantità che per concomitante presenza di un tossico, non possiamo considerare le bevande alcoliche come una fonte di sostanze protettive per la salute.

Oltre all’etanolo, le bevande alcoliche possono contenere altre sostanze che possono essere di origine naturale (sottoprodotti del processo di fermentazione) o residui o contaminanti dell’intero processo produttivo e, in questo caso, sono in genere maggiormente presenti nelle bevande di bassa qualità e/o fatte in casa. Infatti, alcuni distillati casalinghi, percepiti come “genuini”, possono essere più contaminati di quelli industriali, a causa dei processi non perfettamente controllati. Infine, il vino (e in misura notevolmente minore la birra) può contenere solfiti, aggiunti come antimicrobici e antiossidanti e favorire così la conservazione del prodotto. Il loro utilizzo ai dosaggi in grado di esercitare questi effetti è considerato sicuro dalle organizzazioni sanitarie.

Solfiti:

I solfiti sono sali inorganici già naturalmente presenti nel vino in piccola quantità e sono prodotti dai lieviti responsabili della fermentazione alcolica. Poiché hanno proprietà antiossidanti e conservanti, sono anche utilizzati nell’industria alimentare come additivi. In particolare, possono essere aggiunti per preservare il vino in varie fasi della vinificazione (Sigle identificative E220-E228).

A protezione delle persone intolleranti a tali sostanze, la legge italiana (cosi come quella di tutti i Paesi dell’Unione Europea) da alcuni anni impone di riportare in etichetta la presenza di solfiti in tutti gli alimenti che ne contengono più di 10mg/l.

In generale, i vini bianchi presentano una maggiore quantità di solfiti dei rossi e quelli bianchi dolci o spumanti ne sono particolarmente ricchi. Nelle birre, invece, le concentrazioni sono nettamente più basse.

  1. Impatto sociale e sanitario

Il consumo di alcol rappresenta un importante problema di salute pubblica, in quanto responsabile in Europa di circa il 4% di tutte le morti e di circa il 5% degli anni di vita persi per disabilità.

Piccole quantità di bevande alcoliche, configurabili in una modalità di consumo a basso rischio, sono state associate ad un minore rischio di mortalità, soprattutto per la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari ischemiche.

Non sorprende che questa associazione abbia generato grande entusiasmo, sia nell’opinione pubblica che nei media. Tuttavia, da studi più recenti emerge che gli effetti protettivi stimati per la cardiopatia ischemica sono compensati da aumento di rischio per cancro. In questi ultimi anni, infatti, sempre maggiori evidenze scientifiche indicano che le stesse quantità a cui sono associati effetti protettivi sul cuore, possano aumentare il rischio di altre patologie come il cancro.

L’OMS, nel suo codice europeo contro il cancro dice infatti: “Se bevi alcolici di qualsiasi tipo,

limitane il consumo. Per prevenire il cancro è meglio evitare di bere alcolici”.

In Italia una parte della popolazione al di sopra dei 15 anni non consuma bevande alcoliche, tuttavia una maggioranza prossima al 70% ne fa uso e questo è un importante problema di salute pubblica, soprattutto per coloro che bevono secondo modalità non definibili “a basso rischio”. I rischi per la salute correlati al consumo di bevande alcoliche aumentano man mano che aumenta la quantità consumata.

Livello di consumo in relazione al rischio per la salute secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

Consumo a basso rischio: meno di 10g di alcol al giorno per le donne adulte e per gli anziani e meno di 20g al giorno per gli uomini adulti (circa 1 U.A. al giorno per donne adulte e gli anziani e 2 per gli uomini adulti).

Consumo a rischio: è quel livello di consumo o modalità di bere che supera le quantità a basso rischio (20-40g al giorno per le donne adulte e per gli anziani e 40-60g al giorno per gli uomini adulti) e che può determinare un rischio nel caso di persistenza di tali abitudini.

Consumo dannoso: modalità di consumo che causa danno alla salute, a livello fisico o mentale (oltre i 40g al giorno per le donne adulte e per gli anziani e 60g al giorno per i maschi adulti). A differenza del consumo a rischio, la diagnosi di consumo dannoso può essere posta solo in presenza di un danno alla salute del soggetto.

Alcoldipendenza: insieme di fenomeni fisiologici, comportamentali e cognitivi in cui il  consumo di alcol assume per l’individuo una priorità sempre maggiore rispetto alle altre abitudini, tanto da diventare una dipendenza. La caratteristica predominante è il continuo desiderio di bere.

L’alcol dipendenza è recidivante nel senso che può ricomparire rapidamente, anche dopo un periodo di astinenza.

Nel nostro paese coloro che non dovrebbero bere bevande alcoliche sono oltre 7 milioni. Fra questi va considerato che 1 milione tra bambini e adolescenti consuma alcol a dispetto delle raccomandazioni, ma anche delle norme vigenti che vietano sia la vendita che la somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 18 anni. Le indicazioni di salute pubblica impongono infatti un  consumo “zero” al disotto di tale età.

Per quanto riguarda gli adulti, le percentuali più elevate di consumatori a rischio si registrano negli anziani di sesso maschile, per un totale di oltre 2 milioni di persone. È in crescita anche il tasso di alcoldipendenti che fanno ricorso ai servizi alcologici, anche se è notevole la discrepza tra alcolisti seguiti (oltre 69.000) e quelli stimati (circa un milione), secondo quanto indica l’Osservatorio Nazionale Alcol.

In estrema sintesi, l’impatto dell’alcol sulla salute è sostanziale e richiede la disponibilità e la realizzazione di iniziative di prevenzione rivolte sia alla popolazione generale che a specifici gruppi a rischio, come gli adolescenti.

  1. Assorbimento e metabolismo dell’alcol

Da un punto di vista degli effetti avversi dell’alcol è importante non solo la quantità di alcol totale assunta ma anche il livello di alcolemia (concentrazione di etanolo nel sangue) raggiunto. Per le sue caratteristiche chimico-fisiche, l’etanolo ha la capacità di sciogliersi perfettamente nell’acqua e passare facilmente le barriere interne o esterne dell’organismo.

Nuove modalità di assunzione dell’alcol

Preoccupanti, soprattutto nei giovani, le modalità di assunzioni di importanti quantità di alcol in poco tempo allo scopo di raggiungere rapidamente l’ebbrezza, spesso con l’uso di super alcolici. È altresì pericolosa l'associazione tra alcol e energy drinks, nell’illusione di poter bere di più e contenere gli effetti della sbornia. Infatti, l’effetto eccitante della caffeina (e di altre sostanze contenute negli energy drinks) può mascherare, ma non annullare, gli effetti neurologici dell’alcol.

Le caratteristiche di completa solubilità dell’alcol in acqua permettono, dunque, la sua rapida diffusione in tutti i distretti corporei (con eccezione per il tessuto osseo e quello adiposo). Dopo assunzione per via orale, infatti, l’alcol viene assimilato in minima parte attraverso le mucose orale e gastrica e in massima parte attraverso il primo tratto dell’intestino (duodeno e digiuno). In breve tempo, si distribuisce in tutti i liquidi corporei e, in 30-60 minuti, raggiunge il picco più alto nel sangue. Tale picco è variabile e dipende da molti fattori, tra i quali i più importanti sono la quantità di alcol ingerita, le modalità di assunzione (a digiuno o durante un pasto), la composizione corporea (soprattutto dalla quantità di acqua), il peso, il sesso, l’età, la genetica, l’etnia, la capacità individuale di metabolizzare l’alcol, l’abitudine a bere, l’uso di farmaci.

L’alcol non ha sistemi di deposito nell’organismo ed è (e deve essere) rapidamente metabolizzato da enzimi specifici operanti sia a livello gastrico che, soprattutto, a livello del fegato. La velocità di eliminazione dell’etanolo è funzione della quantità di massa epatica metabolicamente attiva. Ogni chilo di fegato è in grado di ossidare mediamente 5g di alcol per ora. Poiché in condizioni di normalità la massa epatica è correlata al peso corporeo, indicativamente un individuo di 70kg è in grado di metabolizzare circa 7-10g di alcol l’ora.

Di seguito vengono riportate le variabili principali che determinano la concentrazione ematica

dell’alcol e i fattori fisici e comportamentali che influenzano la capacità di metabolizzare l’alcol:

  • Quantità: di alcol consumata e tipo di bevanda: maggiore è la concentrazione di alcol in una bevanda, maggiore è il picco di alcolemia. Inoltre, la presenza di anidride carbonica, sia essa naturalmente presente (birra, spumante o vini frizzanti) o derivante da cocktail con bevande gassate, è in grado di accelerare l’assorbimento dell’etanolo.
  • Tempo di svuotamento gastrico: il picco di alcolemia sarà più basso se lo stomaco si svuota più lentamente. Il tempo di svuotamento gastrico è estremamente variabile da persona a persona, ma anche nello stesso soggetto in differenti condizioni. Ad esempio, è rallentato dalla presenza di cibo nello stomaco, da pasti ad alto contenuto di grassi, dalla bassa temperatura della bevanda.
  • Quantità: di acqua corporea: l’alcol si diluisce nell’acqua per cui maggiore è la quantità di acqua corporea totale e minore sarà il picco alcolemico. Peso, altezza, sesso, età e tessuto adiposo sono tutte variabili che influenzano la quantità di acqua corporea e di conseguenza l’alcolemia; a parità di alcol ingerito essa sarà maggiore nelle donne rispetto agli uomini, negli anziani rispetto ai giovani, nelle persone di bassa statura rispetto a quelle più alte. Infatti, la quota di acqua corporea è fisiologicamente legata all’età e al sesso per cui gli anziani e le donne hanno percentuali di acqua inferiori rispetto ai maschi adulti. Di conseguenza le donne hanno una maggiore sensibilità all’alcol poiché hanno mediamente un peso più basso, minori quantità̀ di acqua corporea e minore efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol, tutte condizioni che determinano una maggiore vulnerabilità ai suoi effetti, con un’alcolemia più elevata a parità di consumo. Anche l’anziano è più esposto ai danni da alcol per quanto detto sulla diminuzione dell’acqua corporea totale; inoltre con l’età, anche se il fegato non cambia di volume, può diventare meno efficiente.
  • Etnia: la capacità metabolica è fortemente influenzata dalla genetica. Nell’organismo umano

l’alcol deidrogenasi che costituisce il principale meccanismo di metabolismo dell’etanolo esiste in

molte forme ed è codificata da almeno 7 differenti geni. Gli asiatici presentano una difficoltà

maggiore nell’eliminazione dell’acetaldeide (il primo metabolita dell’alcol) ed i conseguenti elevati

livelli di questa sostanza inducono reazioni molto sgradevoli (vampate di calore, nausea, mal di

testa e battito cardiaco accelerato), che finiscono per esercitare un forte effetto protettivo dalla

dipendenza da alcol. Gli afroamericani sono, invece, in grado di eliminare l’etanolo in maniera più

efficiente.

  • Digiuno: il metabolismo dell’etanolo è più lento durante il digiuno e questa è una condizione

che prolunga la permanenza dell’alcol in circolo.

  • Alcolismo: un consumo cronico ed elevato di alcol induce un adattamento di alcuni degli enzimi

metabolici, con conseguente aumento della velocità di eliminazione, almeno in un primo tempo,

finché la funzionalità epatica non sarà compromessa dall’intossicazione alcolica.

  • Farmaci: parecchie sono le interazioni con i farmaci, per cui non devono essere consumate bevande alcoliche né in concomitanza con l’assunzione di farmaci, né in corso di terapia farmacologica. Consultare sempre il proprio medico o quanto meno le indicazioni riportate sui foglietti illustrativi dei medicinali se si vogliono consumare bevande alcoliche in corso di terapia farmacologica. I farmaci possono infatti potenziare gli effetti dell’etanolo e l’etanolo può alterare l’azione dei farmaci, potenziandola o inibendola.

L’alta diffusibilità dell’etanolo nell’acqua corporea non risparmia il liquido amniotico e il latte materno, per cui il consumo di bevande alcoliche, anche in piccolissima quantità, durante la gravidanza e l’allattamento rappresenta un pericolo per il feto e per il lattante.

  1. Contributo energetico e interazione con gli altri nutrienti

L’etanolo è un componente della dieta unico nella sua complessità. Fornisce 7kcal per grammo ed è quindi secondo solo ai grassi come fonte di energia. Non ha tuttavia sistemi di deposito, per cui deve essere metabolizzato prima rispetto a carboidrati e grassi, che potranno riprendere il loro destino metabolico solo in seguito. Inoltre, agisce farmacologicamente sul sistema nervoso centrale, sulla secrezione gastrica, sulla glicemia, sull’appetito ecc., producendo un quadro metabolico molto complesso.

L’apporto di energia che le bevande alcoliche comportano, almeno 85kcal per ogni U.A., va tenuto in considerazione nel bilancio energetico complessivo; quando il consumo supera le 3 U.A. al giorno, ai rischi per la salute si associa un rischio maggiore di eccedenza ponderale, indipendentemente dal tipo di bevanda scelta o che venga assunta a pasto o fuori pasto.

L’assunzione di grandi quantità̀ di bevande alcoliche, sostituendosi ad altri alimenti, influisce negativamente anche sullo stato di nutrizione relativo a vari componenti della dieta, come vitamina A, vitamina E, vitamine del gruppo B, colina, metionina, selenio, calcio, ferro, magnesio, zinco.

Tutto questo non accade solo come conseguenza di una semplice malnutrizione per difetto (come detto le bevande alcoliche sono una fonte di calorie vuote), ma anche perché l’alcol compromette la funzionalità del fegato limitandone la capacità di metabolizzazione dei nutrienti.

  1. Danni da alcol

Consumi cronici di alcol, soprattutto se di grandi quantità, sono in grado di provocare una serie di danni a vari sistemi, nonché gravi squilibri nutritivi e concreti rischi di malnutrizione, che amplificano la tossicità dell’etanolo sui vari apparati. A carico del sistema nervoso centrale e periferico, tali consumi possono provocare varie manifestazioni cliniche che vanno dalla neuropatia periferica al tremore, fino a stati più gravi di allucinazioni, psicosi, demenza. A carico del sistema digerente l’alcol può provocare gastriti acute e croniche, emorragie, ulcere, cirrosi epatica e danni al pancreas. L’alcol compromette anche il sistema cardiovascolare, contribuendo all’innalzamento della pressione arteriosa e facilitando la comparsa di vari tipi di cardiopatie.

Di seguito vengono riportati gli effetti del consumo di alcol su vari organi e sistemi.

Fegato

Le patologie epatiche legate al consumo di alcol rappresentano una delle principali cause di malattia e mortalità nel mondo; la relazione tra consumo di alcol e danni al fegato, progressivamente sempre più gravi, dalla steatosi alla cirrosi, è ben documentata.

Il fegato rappresenta il principale organo bersaglio della tossicità dell’etanolo sia perchè circa il 90% dell’etanolo ingerito viene metabolizzato a livello epatico, sia perché l’etanolo stesso può  esercitare effetti diretti su alcuni meccanismi metabolici, che contribuiscono all’instaurarsi della steatosi epatica (fegato grasso) e delle altre patologie, via via sempre più gravi quali fibrosi, cirrosi e cancro. Il rischio d’insorgenza di cirrosi sembra legato alla durata dell’esposizione e alla quantità di alcol introdotto piuttosto che al tipo di bevanda e le evidenze cliniche indicano che l’astensione dagli alcolici anche quando la malattia è in corso può ridurne la progressione.

Tumori

È noto da tempo che l’assunzione di elevate quantità di bevande alcoliche comporti un aumentato rischio di insorgenza di cancro in quasi tutti i distretti corporei a partire dalle prime vie aeree e dal primo tratto dell’apparato digerente (bocca, faringe, laringe e esofago) e dal fegato, che sono gli organi che subiscono il primo contatto diretto con l’etanolo e, nel caso del fegato, anche dei suoi metaboliti. È invece conoscenza relativamente recente che anche quantità piuttosto basse di alcol (corrispondenti a meno di 1 U.A. al giorno), ritenute fino a poco tempo fa benefiche oltre che sicure, possono aumentare il rischio di cancro anche in distretti corporei non interessati direttamente dal contatto, quali mammella nelle femmine e colon-retto nei maschi. Il rischio di cancro alla mammella, in particolare, aumenta con l’aumentare del consumo di bevande alcoliche. Il consumo anche di quantità molto basse di etanolo induce un significativo aumento di rischio per il cancro della mammella: ogni 10g di alcol al giorno provocano un aumento di rischio del 5% in pre-menopausa e del 9% in post-menopausa, aumento che è progressivo e cresce rapidamente anche con piccoli aumenti di consumo.

Malattie cardiovascolari e metaboliche

Infarto del miocardio

Le ricerche scientifiche molto recenti hanno rivisto la correlazione tra consumo di etanolo e mortalità per tutte le cause che in passato era descritta da una curva a forma di J mentre le evidenze più recenti mostrano che il consumo di bevande alcoliche è correlato con un aumento di mortalità.

Le osservazioni del passato (“paradosso francese”), mettevano in evidenza una minore mortalità cardiovascolare in un Paese come la Francia, caratterizzato dal consumo elevato di grassi saturi, noto fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. È stato ipotizzato che fosse il vino (rosso) ad esercitare questo fattore protettivo. In realtà ad esercitare questo effetto non è il colore del vino, ma il suo contenuto di alcol. Il consumo di basse quantità di qualsiasi bevanda alcolica produce lo stesso risultato sia nella diminuzione del rischio di malattia ischemica che nell’aumento di rischio di cancro.

Ictus Cerebrale

Numerosi studi hanno valutato l’associazione tra consumo di alcol e rischio di ictus cerebrale riportando, in maniera simile a quanto succede nella malattia coronarica, un rischio minore di insorgenza di ictus ischemico per basse quantità di consumo rispetto ai non bevitori. Al contrario, per l’ictus emorragico si osserva un aumento del rischio, anche per basse quantità di consumo. Il binge drinking (assunzione di 6 o più U.A. in un’unica occasione, finalizzata a un rapido raggiungimento dell’ubriachezza) è una modalità di consumo associata ad un maggior rischio di ictus, verosimilmente a causa dell’aumento della pressione arteriosa conseguente a un’assunzione acuta di elevate quantità di alcol.

Profilo lipidico

Il consumo a basso rischio di alcol influenza, in modo generalmente favorevole, il profilo lipidico, diminuendo la colesterolemia generale e aumentando il colesterolo “buono” o HDL. Inoltre, favorisce molti meccanismi che possono esercitare un effetto benefico sul rischio cardiovascolare ischemico, tra cui la riduzione dell’infiammazione e dell’aggregabilità delle piastrine. Questi effetti positivi sono quelli chiamati in causa nel tentativo di spiegare il meccanismo responsabile della diminuzione della mortalità ischemica per i bassi consumi, come evidenziato dalle curve a forma di J.

Pressione arteriosa

L’effetto del consumo di alcol sulla pressione arteriosa è complesso. In genere si osserva un aumento dei valori pressori all’aumentare dell’apporto di alcol sia in soggetti normotesi, sia in pazienti ipertesi, anche se i meccanismi attraverso i quali l’alcol influisce sui valori della pressione arteriosa non sono ancora stati definiti con precisione.

Sindrome Metabolica

La relazione tra consumo di alcol e prevalenza di Sindrome Metabolica appare controversa, perché l’alcol ha effetti favorevoli su alcune sue componenti (es. colesterolo-HDL, insulinoresistenza e controllo glicemico) e negativi su altre (es. pressione arteriosa, trigliceridi). Gli studi condotti su popolazioni di diverse aree geografiche riportano, in genere, una ridotta prevalenza di Sindrome Metabolica per un consumo a basso rischio di alcol. Anche in questo caso, infatti, si osserva una curva a forma di J, per la quale esiste una maggiore prevalenza tra gli astemi, i forti bevitori e coloro che iniziano a consumare alcol precocemente nella loro vita, mentre è minore in coloro che hanno consumi a basso rischio.

Diabete

Negli ultimi anni, numerose ricerche scientifiche hanno suggerito che un consumo a basso rischio di alcol possa essere associato a una riduzione dell’incidenza del diabete mellito tipo 2 e delle sue complicanze vascolari, con un effetto più marcato per le donne, rispetto agli uomini. Di nuovo, le modalità che comportano l’assunzione di grandi quantità in breve tempo, il binge drinking, aumentano fortemente il rischio in caso di consumi anche moderatamente più elevati.

Sistema nervoso

Il consumo acuto e cronico di alcol è associato a numerosi effetti sul sistema nervoso. L’alcol e il suo metabolita primario, l’acetaldeide, sono neurotossici e non c’è alcun dubbio che un consumo a rischio, acuto o prolungato di alcol diminuisca le prestazioni cognitive, aumenti il rischio di demenza senile e sia causa di malattie neurodegenerative e neuropsichiatriche, come epilessia e depressione.

Nel contempo, però, una crescente quantità di dati scientifici sembrerebbe evidenziare che un consumo a basso rischio negli anziani possa essere associato a una minore incidenza di demenza senile e di malattia di Alzheimer, in parallelo con quanto avviene per le malattie cardiovascolari ischemiche. I dati finora raccolti non permettono però di trarre conclusioni definitive.

Scheletro

Un’assunzione elevata di alcol rappresenta una delle cause principali di osteoporosi. L'osteoporosi è una malattia caratterizzata da una diminuzione della massa e della densità ossea e dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, con conseguente aumento del rischio di fratture. Invece, il consumo a basso rischio di alcol è associato con una maggiore densità minerale ossea nelle donne in menopausa.

Si ipotizza che il meccanismo attraverso il quale il consumo di piccole quantità di alcol migliori la salute ossea sia la diminuzione del rimodellamento osseo, cioè l’abbassamento della quota di osso rimossa dalla normale attività di apposizione e rimodellamento del tessuto osseo. Al contrario, un consumo elevato e cronico di alcol provoca una diminuzione della massa e della densità minerale ossea.

Alcol e farmaci

Molto importanti sono le interferenze fra l’alcol e molti farmaci, che possono provocare reazioni indesiderate, a volte anche gravissime, ma anche ridurre o potenziare gli effetti dei principi attivi.

Molti farmaci, per esempio, vengono metabolizzati nel fegato dagli stessi enzimi che metabolizzano l’alcol; questo comporta un duplice rischio: l’assunzione di alcolici in concomitanza con questi farmaci, comporta un rallentamento dello smaltimento sia dell’alcol che del farmaco, con conseguenti, pericolosissimi, fenomeni di sovradosaggio. Se invece un bevitore abituale consuma il farmaco lontano dall’assunzione di alcol, correrà il rischio di accelerata eliminazione del principio attivo perché l’assunzione cronica di alcol avrà fatto sì che i sistemi enzimatici agiscano più rapidamente.

  1. Effetti sulla salute legati alla modalità di consumo

La modalità di assunzione delle bevande alcoliche può determinare importanti conseguenze sulla salute, in particolare, riguardo alle malattie cardiovascolari e ai relativi fattori di rischio. Da questo punto di vista, l’effetto va oltre il semplice frazionamento del consumo e la sua coincidenza con i pasti che oltretutto sono due comportamenti che riducono il picco alcolemico. Anche in questo caso, infatti, la spiegazione potrebbe ricercarsi nel circolo virtuoso di cui in altre occasioni abbiamo parlato. Una condotta di questo tipo è spesso caratteristica del modello alimentare tradizionale mediterraneo, che si abbina in genere ad uno stile di vita più sano e più attento sia all’alimentazione (qualità, varietà e completezza della dieta, assunzione calorica, quantità di alcol assunta, ecc.) sia ad altri fattori di rischio modificabili, quali il fumo, il sovrappeso, la sedentarietà, ecc.

I primi studi a suggerire che sia preferibile l’assunzione di bevande alcoliche in occasione dei pasti sono stati condotti proprio in Italia, quindi su gruppi di popolazione che seguivano le tradizioni di consumo tipiche del nostro Paese. I risultati hanno evidenziato che il rischio di ipertensione, a parità di quantità consumata, è significativamente più alto in chi beve vino al di fuori del pasto. Dati analoghi sono stati ottenuti anche confrontando popolazioni con culture molto diverse, come quella italiana e quella nordamericana. Nonostante nei due Paesi le modalità abituali di consumo di alcol siano piuttosto differenti, l’indicazione emersa è simile: sia un consumo eccessivo di alcol, che l’abitudine a bere senza l’accompagnamento di cibo si associano ad un aumentato rischio di ipertensione arteriosa e di iperlipidemia.

Il rischio di mortalità connesso al bere in modo esagerato e concentrato in singole occasioni, come per esempio nel fine settimana è molto alto. Infatti, il binge drinking è una modalità di assunzione che concentrando la tossicità potenziale dell’alcol, risulta dannosa ad ogni età ed è fortemente associata ad un incremento della mortalità, con un rischio ancora crescente per gli anziani, a causa della maggiore fragilità e della possibile interazione con l’uso di farmaci.

  1. Raccomandazioni finali

La comunicazione indirizzata al grande pubblico sul consumo di bevande alcoliche rappresenta un problema delicatissimo, poiché da una parte queste fanno parte della nostra cultura e della nostra tradizione, ma dall’altra non bisogna dimenticare che l’alcol è una sostanza per la quale non sono identificate modalità e quantità di assunzione esenti da rischio. Pur trattandosi di bevande piacevoli al palato, che vengono ampiamente consumate e che fanno parte delle tradizioni alimentari del nostro Paese, occorre evitare di generare fraintendimenti, di fornire alibi di salute al consumo di bevande alcoliche e persino di indurre nuovi comportamenti pericolosi per la salute, in quanto non è sensato, né etico suggerire agli astemi di cominciare a bere, seppure in quantità riconducibili al consumo a basso rischio.

Anche l’indulgenza nei confronti di vino e birra, ritenuti diversi dai superalcolici, deve essere considerata con attenzione: è vero che contengono una quantità inferiore di alcol in confronto con altre bevande alcoliche, ma restano comunque la fonte principale di alcol, e al riguardo è irrilevante la piccola quantità di componenti bioattivi in esse contenuta.

L’atteggiamento nei riguardi del consumo di alcol è un problema complesso perché da un lato ci sono le ricadute di salute del singolo e della collettività e dall’altro l’estrema familiarità e la diffusione di un consumo che ha anche valenze sociali. Chi è a stretto contatto con il paziente – medici di base, specialisti, farmacisti, altro personale sanitario – spesso può però svolgere un ruolo chiave nel fare informazione corretta in modo da ridurre al massimo i rischi legati al consumo di alcol nella popolazione sana e proporre al paziente il consiglio migliore per la sua condizione.

È fondamentale evitare di presentare, sia pure larvatamente, il consumo di bevande alcoliche come una forma di medicamento. Si dovrà invece insistere fino alla noia sui concetti del basso rischio, del consumo frazionato in occasione dei pasti e delle quantità da non superare nell’arco della giornata, per coniugare il piacere del bere con il minore rischio possibile. Inoltre, bisogna sempre tenere a mente le limitazioni per particolari gruppi “vulnerabili” di popolazione per i quali il bilancio fra

eventuali effetti benefici ed effetti negativi pende sempre – anche per consumi molto bassi – dalla parte del rischio.

In sintesi, non si deve dare l’impressione che il mondo medico suggerisca di bere e bisognerà invece sottolineare sistematicamente come, nonostante possano sussistere dei possibili vantaggi per alcune patologie e per alcune fasce di popolazione, questi vengono sistematicamente pareggiati dai rischi legati soprattutto al cancro, per cui non si può mai consigliare di bere ad un astemio.

Il consumatore deve sapere che bere alcolici comporta dei rischi (ai quali va aggiunto quello della dipendenza) tanto più bassi quanto minore sarà la quantità̀ consumata.

False credenze sull’alcol

  1. Non è vero che l’alcol aiuti la digestione. Al contrario, la rallenta e produce ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello stomaco; un abuso di alcol può essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento dei grassi presenti nel sangue.
  2. Non è vero che le bevande alcoliche dissetino ma, al contrario, disidratano: l’alcol richiede una maggior quantità di acqua per il suo metabolismo e, in più, aumenta le perdite di acqua attraverso le urine, in quanto provoca un blocco dell’ormone antidiuretico, e sudore.
  3. Non è vero che l’alcol riscaldi. In realtà, la vasodilatazione di cui è responsabile produce soltanto una fugace e ingannevole sensazione di calore che, in breve, però, comporta un ulteriore raffreddamento del corpo e che, in ambienti particolarmente freddi, aumenta il rischio di assideramento.
  4. Non è vero che l’alcol dia forza. Essendo un sedativo produce soltanto una diminuzione del senso di affaticamento e di dolore. Inoltre, solo una parte delle calorie da alcol può essere utilizzata per il lavoro muscolare.
  5. Non è vero che l’alcol proveniente da vino e birra faccia meno male; è solo presente in quantità minori rispetto ai superalcolici e questo è sicuramente un aspetto positivo, sempre raccomandando

di attenersi alle quantità consigliate.

  1. Non è vero che l’alcol sia un afrodisiaco: al contrario, esercita effetti depressivi sul sistema nervoso centrale e può influire negativamente sulla performance sessuale.
  2. Non è vero che le birre analcoliche siano sempre totalmente prive di alcol. Infatti, fino a un quantitativo di alcol pari al 1.2%, non c’è obbligo di dichiarazione in etichetta.
  3. Non è vero che la birra sia utile nella supplementazione idrosalina successiva all’impegno fisico degli sportivi sia amatoriali che agonistici. Infatti, una bevanda a contenuto anche molto basso di alcol ritarda il recupero metabolico proprio per la presenza di etanolo. L’eventuale presenza di antiossidanti o di altre molecole bioattive non compensa i potenziali danni da alcol.

 

CONSIDERAZIONI FINALI

 

Se siete arrivati al termine di questa lettura, forse concorderete con noi che i dati scientifici a volte collimano altre divergono. Questo nel campo della scienza è valido in tutti i rami come conseguenza della costante e crescente produzione di nuove conoscenze e relative pubblicazioni. Ciò porta naturalmente ad adottare a livello di popolazione il principio di precauzione per la tutela della salute pubblica e per ridurre comportamenti potenzialmente nocivi o pericolosi per l’individuo.

Mai come in questo caso ci sentiamo di fare nostro il proverbio dei nostri avi: “non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca”. Quindi degustiamoci, con moderazione s’intende, un buon bicchiere di vino, davanti ad un piatto della nostra tradizione, in buona compagnia e che sia.

BUONO PULITO E GIUSTO per tutti.

by Mariagrazia

Ringraziamenti

Ringraziamo Mario Guarnieri per il suo prezioso aiuto nella revisione di questa recensione.

Riferimenti bibliografici

  1. Alcuni dati sono da “Il concetto di winelness, tutto il bene di un bicchiere di vino”,

https://www.montaribaldi.com/it/winelness-it

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