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Mag 15 2019

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XYLELLA, NON C’È ALTERNATIVA ALLE ERADICAZIONI

ALEZIO, ITALY – APRIL 10: An Olive tree pruned completely because it suffer from Xylella fastidiosa in an area called “Li Sauli”
(Photo by Marco Di Lauro/Getty Images)

nuovo parere Efsa. Secondo l’autorità europea con sede a Parma i metodi per curare la malattia degli ulivi direttamente sulla pianta non si sono dimostrati efficaci fino ad ora. E quasi tutto il territorio Ue è a rischio contagio

Nel momento in cui Xylella colpisce l’unico modo per trattare gli ulivi infetti è anche il più doloroso: eradicarli. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha pubblicato due pareri molto importanti a proposito del batterio Xylella fastidiosa che sta provocando il disseccamento degli ulivi soprattutto nel Salento, ma anche nelle isole Baleari e in Corsica. Senza dimenticare il nuovo focolaio scoperto a fine 2018 sul monte Argentario, in Toscana; quelli nella Comunità Valenciana e nell’area di Madrid, sempre in Spagna. Il primo parere è un aggiornamento sui rischi che corrono le piante colpite da Xylella, mentre il secondo analizza le misure di contenimento attuate fino ad ora nelle aree colpite.

La prima notizia è che i numerosi tentativi fatti per curare le piante infette senza eradicarle non hanno prodotto i risultati sperati. O almeno, non ancora. Perché, spiega Efsa via e-mail in risposta ad alcune nostre domande, “alcuni risultati promettenti sono stati ottenuti”. Ad esempio sugli agrumi in Brasile utilizzando la molecola

N-Acetylcisteina, in grado di disgregare il biofilm batterico: i sintomi della malattia sono tati ridotti. Ma, chiarisce Efsa, sono risultati “ancora preliminari” e ulteriori esperimenti sono in corso anche sugli ulivi pugliesi. Ed è negativo anche il parere sul metodo Dentamet, il fertilizzante a base di zinco, rame e acido citrico che sulle prime sembrava aver ridotto la gravità della malattia, ma che alla fine “non ha dimostrato di averla messa sotto controllo”. Lo studio scientifico, pubblicato su Phytopatologia mediterranea, era stato discusso anche nel convegno organizzato a Bari dall’Accademia pugliese delle scienze nel marzo 2018.

Il corollario di tutto ciò è che, ad oggi, “non esiste alternativa alle misure di eradicazione per eliminare la malattia”. Tuttavia questo non significa che nelle aree di contenimento (tra le quali il Salento) l’olivicoltura debba essere abbandonata: l’Unione Europea infatti consente di coltivare le varietà che resistono al batterio o che lo tollerano. Due di queste sono già state identificate in Italia.
Gli esperti dell’Efsa hanno anche confermato l’efficacia delle zone cuscinetto (un raggio di cinque chilometri rispetto alle aree in cui sono state eradicate piante infette) e delle aree infette (cento metri dalle piante malate). Le misure adottate in queste zone, fondamentali per far sì che il batterio non dilaghi, funzionano però solo quando “tutti i fattori di controllo sono implementati rapidamente ed efficacemente: rilevamento precoce delle piante infette, rimozione delle piante infette e piante ospiti, tempestivo controllo degli insetti vettori (stadi giovanili e adulti)” spiega lo studio. E “se anche solo uno di questi elementi non viene trattato rapidamente e con rigore, l’efficacia dell’eradicazione è a rischio”. Nel giugno del 2018 la Commissione Europea ha esteso di venti chilometri verso nord l’area infetta (e di conseguenza, anche la zona cuscinetto) che si trova in Puglia, sfondando così il confine della provincia di Bari.

Ma se fino ad ora a livello europeo il caso Xylella ha visto spesso contrapposti i Paesi mediterranei a quelli del nord, dall’indagine Efsa emerge che siamo tutti sulla stessa barca. Gli esperti dell’autorità con sede a Parma hanno infatti concluso che quasi tutta l’area della Ue è caratterizzata da climi che potrebbero rendere possibile l’insediamento di Xylella fastidiosa. L’Europa meridionale, come i fatti hanno confermato, rimane però quella più a rischio.
Gli esperti di Parma hanno anche rilevato un altro elemento di novità, non presente nel precedente parere del 2015, che sarà prezioso per gestire l’emergenza fitosanitaria. Il panel di scienziati dell’Efsa ha stimato la durata del cosiddetto “periodo asintomatico”, il lasso di tempo che intercorre tra l’infezione da Xylella e il manifestarsi dei primi sintomi della malattia. Non è stato facile, perché i tempi variano a seconda della combinazione tra la specie della pianta e la sottospecie di Xylella fastidiosa. Per fare due esempi: nelle piante ornamentali colpite da sottospecie multiplex il periodo asintomatico dura solo un mese; ma se la sottospecie è pauca questo si prolunga in media per dieci mesi, anche di più a seconda della cultivar colpita. Fonte: Nationale Geographic, Federico Formica, 15.05.2019

Xylella: dopo l’Italia tutta l’Europa rischia l’epidemia

«Non esiste ancora un modo conosciuto per eliminare la Xylella fastidiosa da una pianta malata in reali condizioni di campo». E per questo l’intera Europa può essere considerata a rischio.

È quanto emerge dai due pareri dell’Efsa (l’Autorità europea della sicurezza alimentare) redatti sull’epidemia che ha devastato l’olivicoltura pugliese (si calcolano 4 milioni di alberi coinvolti, circa 50mila ettari di uliveti e un impatto sulla produzione di olio d’oliva della Puglia, prima regione produttrice in Italia, del 10% circa) e resi noti oggi.

Le simulazioni effettuate al computer dai ricercatori Efsa hanno evidenziato che le aree maggiormente a rischio sono quelle nell’Europa meridionale con in primis l’Italia e che la variante della Xylella fastidiosa multiplex è quella che risulta avere le maggiori probabilità di stabilirsi nel nord Europa rispetto alle altre sottospecie.

La lotta alla xylella, sottolineano gli esperti Efsa nei documenti con cui aggiornano le conoscenze scientifiche ferme ai rapporti redatti dalla stessa Autorità nel 2015, è complicata dal ritardo con cui si manifestano i sintomi. In assenza di cure il controllo degli insetti vettori e la corretta e tempestiva applicazione delle misure di emergenza attualmente in vigore a livello Ue (taglio delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di 100 metri) risultano quindi decisive. Purtroppo si tratta proprio delle misure raccomandate da Bruxelles fin dal 2015 e che tra ricorsi amministrativi e altre indagini giudiziarie in Puglia sono state adottate con grande ritardo al punto da spingere, lo scorso anno, la Commissione Ue ad aprire una procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia.

Tra queste una delle più contestate è stata la prevista eradicazione di tutte le piante poste in un raggio di 100 metri da un olivo infetto. Una misura che secondo l’Efsa potrebbe essere adottata anche con un raggio inferiore ai 100 metri (e quindi in misura meno invasiva) ma solo in presenza «di una diagnosi precoce della malattia, di un controllo degli insetti vettori efficiente per adulti e larve e della rimozione immediata delle piante. Al contrario – si legge ancora nei pareri dell’Efsa – se il vettore è scarsamente controllato anche nel caso del raggio di taglio attuale, l’eradicazione rischia di rivelarsi inutile e fallire».

Inoltre secondo gli esperti dell’Authority Ue, ridurre le zone tampone, quelle cioè che separano l’area infetta dall’area indenne, aumenta drasticamente la probabilità di espansione dell’epidemia.

Ma il batterio della Xylella fastidiosa non ha colpito in questi anni solo l’Italia. Risulta infatti capace di infettare oltre 500 specie vegetali in tutto il mondo con 100 milioni di dollari l’anno di danni calcolati solo sui vigneti californiani. È stato individuato per la prima volta in Europa nel 2013 in Salento, in Puglia, quale responsabile della sindrome di disseccamento rapido degli ulivi ma successivamente (nel 2015) è stato individuato anche in Francia, in Corsica e nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra; nel 2016 è stata la volta delle Baleari, con infezione di ulivi, viti e mandorli, e di una serra in Germania mentre nel 2017 è toccato alla Spagna quando è stato individuato sui mandorli della provincia di Alicante.

All’inizio del 2019 inoltre sono stati segnalati due nuovi focolai in Europa, uno in Toscana sul Monte Argentario e l’altro nel distretto di Porto in Portogallo su piante ornamentali e spontanee. In tutte le aree focolaio sono in atto le misure di prevenzione raccomandate da Bruxelles.
«Questa è stata una sfida scientifica complessa e con molte aree di incertezza – ha commentato il presidente del gruppo di lavoro Efsa che ha studiato il fenomeno, Stephen Parnell – ma abbiamo individuato alcune conclusioni che aiuteranno i gestori del rischio, la valutazione del rischio stesso e i ricercatori. Le nuove informazioni rese disponibili dopo il nostro ultimo parere pubblicato nel 2015 hanno consentito di fare importanti passi avanti nella comprensione del parassita tuttavia permane molta incertezza in particolare a livello di sottospecie e di tipo di sequenza. È fondamentale continuare a investire in ricerca in modo che gli studi possano aiutarci non solo a controllare le epidemie, ma a prevenirle». Fonte: Il Sole 24Ore, Giorgio dell’Orefice, 15.05.2019

 

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