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Nov 14 2022

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ALTRO CHE PANTANO: UN MIRACOLO IN UNA VALLE APPARTATA NEL CANAVESE

Rantan è una microfarm a Trausella (Torino) che rispetta il ciclo naturale dei prodotti cucinati, anche praticando l’agricoltura “no till”, che non prevede aratura e fresatura dei terreni

Courtesy of Rantan

Rantan è una parola piemontese che significa “pozzanghera” o “pantano”, a seconda del dizionario che si sceglie di consultare (e sì, esistono dizionari Italiano-piemontese e viceversa, ma questa è un’altra storia). Dicevamo che Rantan significa pantano. Un nome che gli esperti di marketing non suggerirebbero per battezzare un ristorante, un’azienda agricola o un agriturismo. E nemmeno qualcosa che è un po’ tutto questo e molto altro. Eppure un pantano è la scena che si sono trovati di fronte Carol Choi e Francesco Scarrone la prima volta («era novembre, subito dopo un diluvio», ricorda Francesco) che hanno messo piede di fronte a quella che sarebbe diventata la loro casa. 

Siamo a Trausella, un piccolo comune della Val Chiusella, nella zona del Canavese, a poche decine di minuti di auto da Torino. Quello che quattro anni fa era un pantano, oggi è Rantan, una bella costruzione in pietra dove si può cenare in un tavolo condiviso mangiando piatti prevalentemente a base di vegetali coltivati appena fuori dalla porta e dormire in una delle due camere a disposizione per gli ospiti. Quello di Rantan è un progetto che ha visto la luce nel 2019, ha saputo resistere a due anni di limitazioni imposte dalla pandemia e anzi, proprio durante quel periodo si è costruito una solida reputazione (grazie a recensioni positive, social e passaparola) tanto che oggi attorno al tavolo di Carol e Francesco non è raro incontrare ospiti provenienti da paesi  – a volte da continenti – diversi.

Courtesy of Rantan

Quasi un miracolo in una valle appartata, lontana dai flussi del turismo di massa. «È anche per questo che Carol e io abbiamo scelto questo luogo», racconta Francesco Scarrone, mentre la moglie è alle prese con gli ultimi giorni di gravidanza. «È stata una scelta istintiva. Cercavamo un luogo dove mettere radici, da poter chiamare casa e questa valle così diversa dalle altre, rurale, ferma nel tempo, ci è sembrata il posto perfetto. Oggi siamo orgogliosi di attrarre persone che non sono mai state da queste parti e finiscono per innamorarsene, tanto che alcuni clienti hanno voluto acquistare casa qui».

Rantan è il prodotto di un’idea radicale, di un’esecuzione rigorosa e della fusione pressoché indissolubile tra scelte di vita e progetto imprenditoriale. I due protagonisti di questa storia si incontrano qualche anno fa a Copenhagen e, nella città dei migliori ristoranti al mondo, la scintilla non può che scoccare in cucina. Francesco Scarrone, piemontese, era arrivato in città nel 2012, dopo una carriera di studente universitario interrotta (Ingegneria) e una scuola di cucina appena conclusa (Alma) per misurarsi con la ristorazione nordica. Uno stage poi trasformatosi in un lavoro fisso al Relæ, ristorante stellato dello chef Christian Puglisi, poi al bistrot Manfred & Vin e alla pizzeria Bæst, sempre del gruppo Puglisi, dove tutto, ma proprio tutto, è autoprodotto. In mezzo, un’esperienza agricola nel sud della Francia. 

Carol Choi, invece, era approdata in Danimarca da New York, dove aveva studiato Publishing, lavorato nell’editoria e infine in pasticceria. La sua avventura danese si era svolta tra dolci, pane e lievitati, passando anche dal Noma fino a Mirabelle, panetteria evoluta dall’ennesimo progetto di Puglisi. Il matrimonio, dopo un breve fidanzamento, apre una finestra sul futuro. Dopo aver pensato alla Francia, i due arrivano in Italia, inizialmente a Torino, dove Francesco lavora per due anni al ristorante Consorzio. 

Courtesy of Rantan

«Volevamo sviluppare un progetto diverso dal classico ristorante, così abbiamo immaginato un contesto montano che offrisse la possibilità di fare agricoltura. Conoscevo la Val Chiusella fin da bambino, abbiamo trovato questo posto e ce ne siamo innamorati». “Questo” posto, aperto al pubblico a luglio 2019, è un piccolo complesso di costruzioni rurali in mezzo ai prati, non lontano dal torrente Chiusella, che Carol e Francesco hanno ristrutturato con cura. Al cuore c’è la piccola cucina, sulla quale affaccia la sala da pranzo con il lungo tavolo sociale che può ospitare 14 persone. Poi un’altra casa, con 2 camere per gli ospiti arredate con gusto nordico, orti e frutteti e, in costruzione, un nuovo spazio con un forno a legna per la panificazione, ambienti dove stoccare le verdure e ospitare corsi, workshop, piccoli eventi. 

Ma cos’è Rantan? Qual è il concetto su cui si basa?. «È un progetto di ospitalità rurale famigliare – chiarisce Scarrone – legato allo spazio casalingo e alla nostra produzione agricola. Alla base di tutto c’è l’agricoltura, perché ciò che succede nei nostri campi determina quello che accade dentro, in cucina. Non a caso la gran parte di ciò che serviamo si basa sulle verdure che coltiviamo qui e il menù cambia per adeguarsi ai ritmi della natura. Di fatto siamo una piccola azienda agricola, che l’ospitalità contribuisce a rendere sostenibile». 

L’agricoltura ha bisogno di una rivoluzione – sostiene Francesco Scarrone – e a Rantan cercano di portarla avanti partendo dalle basi. Infatti qui tutto il processo, dal seme al raccolto, avviene in house e si pratica l’agricoltura “no till”, che non prevede aratura e fresatura dei terreni: «Rispettiamo il suolo, la sua naturale stratificazione e la sua complessità, partendo dal presupposto che meno si interviene su processi che si autoregolano, meno danni si rischiano di compiere. Il nostro ruolo è quello di stimolare il processo naturale, studiando la microbiologia del suolo e applicando le tecniche corrette. Il risultato sono verdure migliori, più buone e saporite e un impatto positivo sull’ambiente». 

A tavola, tutto questo si traduce in un menù onnivoro a forte prevalenza vegetale, che impiega frutta e verdura dell’orto integrata da materie prime (soprattutto la carne) provenienti da piccole aziende del territorio per disegnare una cucina che sfugge piacevolmente alle definizioni. «Cuciniamo quello che ci piace mangiare, piatti semplici che non richiedono tecniche particolarmente complesse. Ogni piatto si gioca su due, tre ingredienti al massimo, assemblati senza rispettare confini regionali o gastronomici precisi». Così, nel pane fatto a mano, servito caldo con burro mantecato al momento, c’è tutta la sapienza di Carol nella panificazione; nelle verdure come il cavolo nero e la pastinaca, fresche o messe in conserva, si fondono materie prime piemontesi, tradizioni coreane, procedimenti danesi. 

Ingredienti conditi dal sale della condivisione, che è un’altra cifra caratteristica di Rantan. Attorno al tavolo si ha la sensazione di stare a un pranzo di famiglia; Carol e Francesco si muovono tra la cucina, che è a tutti gli effetti la cucina di casa, e la sala, dove il tavolo unico e la prossimità favoriscono la conversazione, anche tra ospiti sconosciuti. Tutto molto bello, come direbbe Bruno Pizzul. La cucina di Rantan è aperta venerdì e sabato a cena, la domenica a pranzo, con possibilità di pernottamento il venerdì o il sabato sera. Prenotare non è sempre semplice, ma ne vale la pena.   Fonte: Linkiesta, eccetera, Paolo Patrito , 24.10.2022

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