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Dic 31 2022

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NON SOLO COTECHINO E ZAMPONE: TUTTI I SALUMI DA METTERE IN PENTOLA PER CAPODANNO

Dal cappello del prete piacentino alla rosetta bresciana esiste una sorprendente varietà di forme, sapori, consistenze: tipicità prevalentemente lombarde ed emiliane che hanno conquistato le tradizioni di tutta la Penisola

Foto Moira Nazzari – Pixabay

Mirandola, borgo nei pressi di Modena, nell’inverno del 1511 era sotto assedio: le truppe di papa Giulio II cercavano di conquistare la cittadella; faceva freddo e gli abitanti erano ormai a corto di risorse: erano rimasti, insieme a loro, solo i maiali. Si racconta che l’idea geniale di insaccarne le carni sia venuta a quello che era stato il cuoco di Pico della Mirandola, non meno geniale del suo defunto padrone.

Alcuni dicono sia stato per non lasciare i suini nelle mani dei nemici, altri per assicurarsi una scorta di proteine che non deperisse rapidamente, sta di fatto che scelsero di usare tutto quanto era disponibile, comprese le zampe (con tanto di unghie) e la cotenna. Erano nati cotechino e zampone.

Le leggende ammantano sempre la storia dei grandi protagonisti, anche quando si tratta di cibo. E cotechino e zampone sono dei veri e propri vip sulle tavole degli italiani, soprattutto nei giorni a cavallo tra la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo. Compagni delle lenticchie, inestimabile e insostituibile portafortuna, sono simbolo di un florido e ricco avvenire.

Ma non ci sono solo loro: i salumi “da pentola”, che richiedono cioè una lenta cottura, sono tanti e di vario tipo: si servono in tutta Italia, ma la produzione (e la tradizione) si radica in quelle zone in cui l’allevamento del maiale è più diffuso e in cui l’inverno è più rigido. Emilia e Lombardia, prima di tutto, ma anche Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta.

Accomunati da un sapore deciso e da una consistenza morbida, differiscono per la forma, per la grana dell’impasto, per l’aromatizzazione delle carni e per mille altri dettagli. Perché siano davvero buoni, occorre cuocerli nel modo giusto, per il tempo necessario, e soprattutto sceglierli di ottima qualità: lardelli troppo duri, grassezza eccessiva, sale troppo intenso sono difetti e non caratteristiche. Per questo bisogna imparare a conoscerli. Vediamoli uno per uno.

Emilia Romagna

Cappello del prete

La forma è la stessa del cappello a tricorno un tempo indossato dai parroci: in realtà questo salume è triangolare perché questa è la forma delle cotenne ricavate dalla zampa per insaccare il composto di carni.
Originario del Piacentino, si prepara in diversi modi nella Regione, ma la ricetta più diffusa prevede l’uso del muscolo della spalla, con l’eventuale aggiunta di cotenna e grasso, il tutto macinato a grana media e conciato con sale, pepe, erbe aromatiche e aglio macerato nel vino bianco. Perché la pasta si ammorbidisca, occorre lessarlo lungamente in acqua bollente. Non va confuso con il suo “superiore”: il Vescovo è un altro salume emiliano, realizzato con carne di stinco e impasto del cotechino.

Cotechino di Modena

La cotica, lo dice il nome stesso, è ingrediente fondamentale di questo salume. Tutelato dal marchio Igp, si produce non solo a Modena e in tutta l’Emilia Romagna, ma anche in Lombardia e in parte del Veneto: le carni magre, il grasso e la cotenna di maiale sono tritati e insaporiti con sale, pepe ed eventualmente vino e aromi, quindi l’impasto viene insaccato nel budello o in involucri artificiali. Potete acquistarlo precotto, in buste sottovuoto, oppure scegliere quello crudo, ricordando che in questo caso va lessato a lungo, bucherellandolo prima della cottura, da effettuare in acqua inizialmente fredda.

Mariola
Si prepara con gli scarti della lavorazione del maiale, ed è tradizionale della Bassa parmense e del Piacentino. Il nome è quello del largo budello, doppio, spesso, grasso e dalla forma irregolare, usato per insaccare le carni profumate con aglio, spezie e vino: la natura di questo budello rende particolarmente complessa la stagionatura. Per questo, anche se si preparano mariole crude, è molto più frequente trovare la Mariola Cotta, dalle larghe fette di colore rosato.

Salama da sugo

È la regina di Ferrara. Il suo sapore particolare, amato addirittura da Lorenzo il Magnifico, rimanda al Rinascimento.

Per prepararla si usano carni macinate di maiale, coppa, pancetta, grasso di gola, fegato e lingua, insaporite con sale, pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano e soprattutto vino rosso; l’impasto viene insaccato nella vescica di suino, sulla cui forma tondeggiante la legatura con lo spago imprime otto spicchi divisi a metà da una linea orizzontale. L’asciugatura può avvenire vicino a una stufa o all’aperto, al calore del sole, mentre la stagionatura, della durata variabile tra sei mesi e un anno, avviene in ambienti ventilati.

Tutelata dal marchio Igp, la salama da sugo, per liberare tutto il suo ricco e complesso profumo, deve essere cucinata secondo un preciso procedimento: va immersa per una notte in acqua perché si ammorbidisca; sgocciolata, va avvolta in un telo. Quindi la si pone in una pentola colma d’acqua, e perché non ne tocchi né le pareti né il fondo viene legata con il suo spago a un cucchiaio di legno appoggiato sopra la pentola. La cottura è lunga: circa cinque ore, a fuoco lento.

Anche il servizio ha le sue regole: la salama va portata in tavola calda, rimuovendo la parte superiore ed estraendo la carne con un cucchiaio, oppure togliendo interamente la pelle e collocandola intera, su un tagliere, meglio se a conca, per raccogliere più agevolmente il sugo che esce durante il taglio. Compagno ideale è il purè di patate.

Zampone Modena

Tutelato dal marchio Igp, lo Zampone Modena ha molto in comune con il Cotechino: dalla zona di produzione, che comprende anche parte del Veneto e della Lombardia, oltre all’Emilia, all’impasto. Ma la sua particolarità risiede nella forma: il trito viene infatti insaccato nella pelle della zampa anteriore del maiale, completa delle dita. Questa conferisce allo zampone il suo caratteristico aspetto, e ne rende il gusto robusto, deciso e intensamente aromatico.

Come il cotechino, può essere acquistato precotto, confezionato sottovuoto, oppure fresco: in questo caso lo Zampone va messo a mollo nell’acqua fredda per una notte intera, poi sgocciolato, forato con un ago e inciso sotto il piede. Avvolto in un canovaccio e legato con filo da cucina, deve poi essere cotto lungamente in acqua inizialmente fredda.

Zuccotto di Bismantova

La ricca miscela di spezie è il tratto distintivo di questo salume tipico dell’Appennino Reggiano: alloro, pepe, bacche di ginepro, cannella, chiodi di garofano, noce moscata e aglio. In questa miscela la carne suina viene posta a marinare per due giorni prima di essere macinata e insaccata.

Lombardia
Boccia Cremonese

La sua forma è ovviamente sferica, o quasi. Si prepara con un impasto simile a quello del cotechino, ma più magro. Prima di cuocerla (lungamente, per circa ore), occorre immergere la boccia in acqua fredda perché il budello si ammorbidisca e non rischi di scoppiare cuocendo. In tutto simile a quella cremonese è la boccia mantovana.

Cotechino bianco della Valtellina

Si produce in Valtellina e in Valchiavenna a partire da cotenne, orecchie, nervetti e muso: le carni vengono tritate e insaporite con sale, pepe, spezie (tra cui non mancano mai i chiodi di garofano), aglio e vino bianco secco o passito. Caratteristico è il suo colore chiaro, quasi bianco, mentre la miscela di spezie, diversa da produttore a produttore, ne definisce l’aroma, comunque delicato.

Mortadella di fegato

La tradizione di questo salume, presente anche in Piemonte, è radicata nelle province di Como, di Monza e della Brianza, di Pavia e di Mantova: nelle province settentrionali si consuma in genere cotta, con polenta, purè o lenticchie, mentre a Sud di Monza la si gusta stagionata, cruda. La mortadella di fegato ha un sapore antico, dolce e delicatamente speziato, non salato ma sicuramente pieno: prima della cottura va bucherellata, mentre dopo (circa un’ora e mezza, a seconda delle dimensioni), va lasciata riposare.

Osso dello stomaco

O, in dialetto, òs de stòmec. Tipico di Lonato, nel Bresciano, vede tra gli ingredienti proprio l’osso dello sterno, lasciato marinare lungamente in una miscela di vino e aromi. Poi viene tritato a coltello e unito alle carni magre e grasse, agli odori e insaccato nella vescica di maiale.

Rosetta bresciana

Ancora nel Bresciano si prepara questo particolarissimo salume, vero banco di prova di abilità norcina: la caratteristica forma a rosetta è data dal peritoneo intestinale, il budello “riccio”, che viene usato per insaccare la miscela di carni. Questo subisce una specifica lavorazione che ne assicura la giusta consistenza, e viene suddiviso in sezioni che formano un disco aperto, che verrà poi ricucito, lasciando però un passaggio per insaccare la pasta. Infine si cuce e si lega la rosetta, che dovrà poi essere cotta e servita calda o fredda.

Vaniglia
È il cotechino della Brianza, anche se con questo stesso nome vengono identificati salumi prodotti nel Mantovano e nel Cremonese. Tutti sono accomunati da una dolcezza e delicatezza dell’impasto, che forse originariamente era profumato proprio con la preziosa ed esotica spezie. Un impasto morbido e magro, un dosaggio leggero di aromi, un tocco di vino e poco sale sono le caratteristiche del vaniglia, che richiede una cottura di un paio d’ore a partire dal bollore. Prima di tagliarlo è sempre consigliabile lasciarlo riposare per qualche minuto nell’acqua di cottura ormai spenta.

Friuli Venezia Giulia

Muset
Secondo alcuni è il più antico dei cotechini. Deve il suo nome all’ingrediente principale, il muso del maiale. Si produce in tutto il Friuli Venezia Giulia, ma il fulcro della tradizione di questo salume si trova nelle valli del Natisone, e in particolare la città di Cividale del Friuli.

La concia delle carni varia e comprende, oltre a sale e pepe, noce moscata, coriandolo, cannella, peperoncino e pepe garofanato, oltre a vino bianco o Marsala. Dopo una lunga cottura, si serve a fette spesse con la Brovada, tipica preparazione a base di rape fermentate, oppure con la polenta, con i fagioli o con i crauti.

E ancora

Questa particolare anagrafe dei salumi da pentola non può dirsi completa senza ricordare le specialità piemontesi come la Mortadella della Val d’Ossola o il salame cotto del Monferrato, oltre alla bondiola veneta, insaccato sferico tipico del Polesine, che in alcuni casi viene arricchito con la lingua.

A questi si aggiungono un’infinita varietà di salsicce, sanguinacci, salamelle, verzini… tutti prodotti che meritano di essere scoperti ed assaggiati. Ma questa è un’altra storia.   Fonte: Linkiesta, Gastronomika, Daniela Guaiti , 31.12.2022

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