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Dic 27 2022

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UNO STILE DI VITA SALUTARE PER NOI E PER IL PIANETA (seconda parte)

Un modello alimentare che sia sano per noi e sostenibile per il pianeta, non deve focalizzarsi solo sulla composizione, ma anche sulla qualità degli alimenti che scegliamo, e la proposta di Slow Food viene supportata confrontando l’impronta di carbonio tra alcuni Presìdi SF rispetto a prodotti alimentari industriali.

La lettura di questo articolo ha suscitato il nostro interesse ed abbiamo voluto aggiungere maggiori dettagli  sia allo schema alimentare presentato che  al confronto tra prodotti alimentari basato sull’impronta di carbonio. Ricordiamo che l’impronta di carbonio (“Carbon Footprint”) è la quantità dei gas ad effetto serra emessi nell’atmosfera dall’insieme delle attività umane durante il ciclo di produzione dell’alimento preso in considerazione.

Una dieta sana è una dieta rispettosa del clima (1)

Le nostre scelte alimentari quotidiane hanno un impatto non solo sulla nostra salute ma anche sul clima: scegliendo più vegetali e legumi e riducendo la carne e i prodotti alimentari industriali, possiamo ridurre le emissioni di CO2.

Lo dimostra chiaramente uno studio realizzato in collaborazione con Indaco2 (INDicatori Ambientali e CO2), nato come spin-off dell’Università di Siena, con la consulenza del Dott. Andrea Pezzana, nutrizionista dell’ASL di Torino, che collabora da anni con Slow Food a progetti di alimentazione e salute.

Abbiamo confrontato una dieta settimanale malsana, basata su alimenti ultra-trasformati e proteine animali da carne allevata industrialmente (ovvero carne ad alto impatto ambientale) con una dieta sana e rispettosa del clima, composta da cereali integrali freschi e verdure coltivate con pratiche biologiche/sostenibili e, in alcuni casi, prodotti Presidio Slow Food.

L’obiettivo era verificare se una maggiore attenzione alla salute e alla sostenibilità ambientale dei prodotti alimentari si traduce in minori emissioni di gas serra.

Il nostro calcolo si è basato sul fabbisogno alimentare di un adulto di 30-40 anni con un fabbisogno calorico giornaliero di circa 2.000 Cal.

 (Una dieta sana è una dieta amica del clima. Il consumo settimanale di questi prodotti corrisponde ad una emissione di gas serra pari a 14kg CO2 eq )

Vale la pena notare la quantità di carne proposta in questa dieta.

Il consumo medio annuo di carne di una singola persona nei paesi occidentali è di circa 80 chilogrammi. Questo livello di consumo è già eccessivo oggi, ma nel 2050, quando il pianeta avrà una popolazione totale di circa 9 miliardi, sarà letteralmente insostenibile.

Un adulto non ha bisogno di più di 500 g di carne alla settimana. Ridurre il consumo di carne e mangiare più legumi e verdure fa bene non solo alla nostra salute, ma anche a quella del pianeta.

Per calcolare l’impronta di carbonio della dieta sostenibile, abbiamo considerato le emissioni associate alla produzione dei seguenti alimenti:

Carne – Il dato è stato calcolato come media dell’impronta di carbonio di tre carni dei Presìdi Slow Food: la carne di bovino maremmana dell’azienda Menichetti, la carne di maiale di Mora Romagnola dell’azienda Zavoli e il pollo nero d’Alsazia dell’azienda francese Gilbert Schmitt. Non è necessario acquistare i prodotti di questi allevamenti per ottenere questo tipo di abbattimento delle emissioni: è sufficiente optare per carni provenienti da allevamenti locali che utilizzano metodi parzialmente o totalmente estensivi e alimentano i propri animali esclusivamente con erba, fieno, legumi e cereali di qualità.

Frutta – Il dato si basa sull’analisi delle varietà di mele antiche coltivate da Verner Andersen nella sua fattoria biodinamica in Danimarca. Anche in questo caso basta optare per frutta di altri produttori coscienziosi che limitino o evitino l’uso di prodotti chimici per ridurre le emissioni.

Uova – Il dato è stato rilevato presso Cascina Santa Brera nei pressi di S. Giuliano Milanese, un’azienda agricola biologica che alleva le sue galline nei prati circostanti.

Olio extravergine di oliva – Il dato si riferisce all’olio del Presidio dell’olio extravergine di oliva dell’albero millenario Maestrat in Spagna, ma ci sono molti altri produttori di olio attenti alla sostenibilità.

Formaggi – Il dato rappresenta la media di tre Presìdi: Vastedda della Valle del Belice dell’azienda Cucchiara, Macagn dell’azienda Garbaccio e Caciocavallo Podolico lucano di Pecorelli. Sono tutti formaggi a latte crudo provenienti da allevamenti che allevano i loro animali all’aperto per gran parte dell’anno e hanno cura di alimentarli con erba e fieno con integrazioni di cereali di alta qualità. Se ti guardi intorno, è facile trovare tanti altri piccoli produttori come questi.

Gli altri prodotti considerati nel calcolo provengono da aziende agricole biologiche e da filiere corte .

Nel calcolare l’impronta di carbonio delle diverse diete non abbiamo tenuto conto di erbe aromatiche, spezie o semi, che rendono i piatti più sani e gustosi. Il loro contributo alle emissioni di gas serra è trascurabile, rendono i piatti più appetitosi e possono sostituire il sale, le cui dosi elevate (cioè più di 5 grammi al giorno) sono dannose.

A differenza dell’esempio precedente, una dieta settimanale con una preponderanza di cibo prodotto industrialmente e quantità eccessive (1,55 kg a settimana, l’attuale consumo medio di un europeo, il triplo di quello consigliato dai nutrizionisti) di carne di allevamento iperintensivo produce quantità molto maggiori di gas serra.

Questo, ovviamente, non è l’unico problema: il consumo eccessivo di salumi freschi e stagionati (tipico delle diete iperproteiche e ricche di grassi), cibi precotti ricchi di grassi, bevande zuccherate, gelati, pizze surgelate, snack, biscotti e dolci, e prodotti raffinati come pane e pasta realizzati con farine raffinate, comporta gravi rischi per la salute.

La quantità di alimenti nella dieta insostenibile per la salute e per l’ambiente non è particolarmente elevata ma, anche quando non vengono consumati spesso, gli alimenti inseriti in questa dieta – che, ahimè, è tipica per la maggior parte delle persone – contribuiscono a un accumulo di sostanze nocive (grassi, zuccheri, additivi, ecc.) che, a lungo termine, provocano malattie cardiovascolari, diabete e tumori.

Sempre più ricercatori sottolineano che, anche se vengono consumati solo di tanto in tanto, i cibi più dannosi hanno effetti terribili a lungo termine. L'”eccezione alla regola” deve quindi essere rivalutata e non dovrebbe significare “una volta alla settimana”.

 (Una dieta non sostenibile per la salute e per l’ambiente. Il consumo settimanale di questi prodotti comporta una emissione di gas serra pari  a 37 kg CO2 eq)

Scegliere la sostenibilità significa quindi risparmiare 23 kg CO2eq. ogni settimana. Cosa significa in un anno:

 (Un anno di buone abitudini risparmia tanta CO2 quanta ne produrrebbe un’auto durante un viaggio di 3300 km!

Considerando che ogni Europeo guida in media 12.000 km all’anno, assumere abitualmente cibi sani e sostenibili ha lo stesso effetto che lasciare la tua auto in garage per più di 3 mesi all’anno!)

UNA DIETA SANA E RISPETTOSA DEL CLIMA

(PORZIONI: Colazione: Yogurt 125 gr, pane integrale 50 gr, frutta 150 gr.

Pranzo e cena: Verdure 200 gr, carni fresche (manzo, maiale, pollo) 125 gr, uova 50 gr, formaggio fresco 125 gr, formaggio stagionato 50 gr, legumi freschi 150 gr, pesce 150 gr, pane integrale 50 gr, pasta o altri cereali 80 gr, frutto 150 gr, olio 20 gr.

Spuntino: frutta secca oleosa 15 gr, pane/crackers/ grissini 30 gr.

Dolce: confettura 25 gr.)

 

Approfondimenti Sullo Schema Alimentare Settimanale

Per chiarire meglio questo schema alimentare, basato sul fabbisogno calorico giornaliero di circa 2.000 Cal. per una  una persona adulta di 30-40 anni, osserviamo come esempio la dieta del Lunedi’.

Colazione: yogurt (un vasetto da 125 gr),  un panino integrale da 50 gr, una pera (circa 150 gr).

Pranzo: verdure (200 gr), un primo piatto (pasta al pomodoro, con 80 gr di pasta), una bistecca di manzo (125 gr), un panino integrale da 50 gr, una mela (circa 150 gr) un cucchiaio di olio (20 gr).

Spuntino: frutta oleosa (es 3 noci sono 15 gr.), panino (crackers o grissini 30 gr).

Cena: verdure (200 gr), legumi freschi (per es piselli 150 gr), fichi freschi (tre fichi freschi pesano circa 150 gr), una zuppa di cereali (per es. un minestrone di verdure con 80 gr di cereali), un panino integrale di 50 gr, un cucchiaio di olio di oliva (20 gr).

Analizzando tutta la settimana possiamo riassumere sinteticamente queste caratteristiche principali:

-abbondanza di cibi di origine vegetale: frutta, verdura, pasta, pane, cereali (meglio se integrali), con un consumo di cibi freschi e possibilmente  di stagione e di provenienza locale (per es. frutta di stagione e verdure appena colte).

– utilizzo dell’olio (extra vergine di  oliva) come fonte principale di grassi.

– consumo quotidiano di yogurt a colazione (che potremmo alternare con latte) e quantità limitate di formaggi (due volte a settimana durante la cena).

– consumo di carne o pesce una volta al giorno, a pranzo alternando carni rosse (manzo o maiale),  bianche (pollo) pesce (fresco).

– un uovo due volte a settimana durante la cena.

– consumo di frutta secca oleosa quotidianamente, senza esagerare, per uno spuntino.

– il consumo di dolci si limita ad un cucchiaio di confettura  a colazione una volta la settimana.

Queste caratteristiche sono altrettanto valide per la DIETA MEDITERRANEA le cui componenti trovano un’efficace sintesi nella

PIRAMIDE ALIMENTARE

Essa dispone, dalla base verso l’apice, gli alimenti da consumare con frequenza decrescente nella settimana (in basso i più salutari, in alto quelli con cui è bene non esagerare) e una serie di raccomandazioni nutrizionali valide per la popolazione adulta.

Possiamo quindi sostenere ancora una volta che la Dieta Mediterranea, oltre ad essere una tra le diete più salutari al mondo è un “esempio tangibile di una forza trainante per lo sviluppo sostenibile” (2).

Analisi Dell’Impronta Di Carbonio Di Alcuni Presìdi A Cura Di Indaco2 (3)

L’equipe di ricercatori di Indaco2 ha misurato gli impatti ambientali generati durante la produzione di alcuni Presìdi Slow Food nei settori agroalimentare e zootecnico.

La metodologia usata è l’Analisi del Ciclo di Vita (LCA, Life Cicle Assessment), in particolare la Carbon Footprint (Impronta di Carbonio), ovvero la stima delle emissioni di gas a effetto serra (anidride carbonica, metano e protossido di azoto) emesse in atmosfera durante il ciclo di vita di un prodotto: dalla produzione dei mangimi o dalla coltivazione dei foraggi e cereali usati nell’alimentazione degli animali, alle pratiche di svezzamento e allevamento, fino alla lavorazione in laboratorio e al confezionamento del prodotto.

Alcuni dei casi esaminati sono:

Antiche varietà di mele di Verner (Danimarca) Presidio Slow Food

Olio Milenario (Spagna) Presidio Slow Food

Pollo nero d’Alsazia (Francia) Presidio Slow Food

Vastedda della Valle del Belice (Italia) Presidio Slow Food

Razza suina romagnola (Italia) Presidio Slow Food

Razza maremmana (Italia) Presidio Slow Food

Macagn (Italia) Presidio Slow Food

Uova di galline allevate all’aperto (Italia)

Razza piemontese (Italia)  Presidio Slow Food

Caciocavallo podolico della Basilicata (Italia) Presidio Slow Food

Di seguito riportiamo i risultati ottenuti per tre Presìdi rappresentanti tre categorie alimentari:

-Antiche varietà di mele di Verner (verdure e ortaggi)

-Razza maremmana (carni fresche)

-Macagn (formaggi e latticini)

Per ulteriori approfondimenti relativi a tutti i Presìdi citati vi rimandiamo alla referenza (3).

Presidio delle mele di Verner: il custode delle 45 varietà.

L’azienda di Verner Andersen è situata vicino a Slangerup, a nord-ovest di Copenaghen. Ha un’estensione di 11 ha dedicati alla coltivazione di mele (5.5 ha), oltre a pere, prugne, ciliegie, uva spina, papaya. La particolarità della coltivazione di mele di Verner consiste nelle 45 diverse varietà utilizzate, molte delle quali antiche.

[Carbon Footprint delle mele] La Carbon Footprint complessiva per 1kg di mele è risultata pari a 56 gCO2-eq (equivalente alle emissioni generate in un tragitto percorso in auto di circa 150m). I risultati sono stati riportati in dettaglio (Fig 1) per evidenziare i processi critici e eventuali possibili azioni di mitigazione.

Il contributo principale in termini di emissioni di gas serra in atmosfera è dato dai consumi energetici, in particolare di elettricità per la refrigerazione dei locali di stoccaggio delle mele (81% – 45.1 gCO2-eq) e di gasolio agricolo per le lavorazioni sul campo (17% – 9.3 gCO2- eq). Una minima parte delle emissioni (2%) è generata dai prodotti di difesa (zolfo) e fertilizzazione (letame). Sono stati considerati anche gli utensili impiegati rispetto all’usura e al tempo di vita (impatti trascurabili). La gestione dei meleti (ovvero la fase di campo) incide per il 19% sulla Carbon Footprint complessiva.

[Produzione tradizionale vs industriale] I risultati ottenuti per 1 kg di mele sono stati confrontati con dati reperiti in letteratura internazionale. (Clune et al., 2016). La Carbon Footprint di 1 kg di mele prodotte da Verner (56 gCO2-eq) è circa l’81% più bassa rispetto a produzioni industriali (300 gCO2-eq). La scelta di consumare le mele di Verner comporta una quota di 250 gCO2-eq di emissioni evitate per ogni chilo di prodotto.

Analizzando i risultati per fasi (Fig.2) è possibile osservare che le differenze principali emergono nella fase 1 “gestione del meleto” (-36%) per il ridotto utilizzo di prodotti per la difesa delle piante e per l’impiego di fertilizzanti organici non sintetici e nella fase2 “stoccaggio mele” (-35%), principalmente in virtù dei consumi energetici ridotti. Nella fase 3 “confezionamento” (-10%), il risparmio di emissioni è dovuto alla filiera corta (vendita del prodotto sfuso in mercati locali vs confezionamento per grande distribuzione).

Presìdio Razza Maremmana: nuove generazioni di butteri

L’azienda zootecnica di Manuela Menichetti si trova in località Santa Barbera a Manciano (GR). L’azienda include una superficie di 183 ha che include, oltre al pascolo, boschi, erbai e seminativi per la coltivazione dei mangimi. La Maremmana è una razza bovina autoctona della Maremma Toscana e Laziale. Gli animali vivono allo stato brado nei campi, nella macchia e nel bosco. L’azienda gestisce circa 30 capi adulti e 30 vitelli all’anno con una densità di circa 4 capi per ettaro. L’alimentazione degli animali è integrata con fieno e orzo schiacciato coltivati in azienda (circa 24 ha di seminativi) che garantiscono l’autosufficienza.

[Carbon Footprint della carne di Maremmana] La Carbon Footprint complessiva per 200 g di carne cruda di Maremmana è risultata pari a 3200 gCO2-eq (equivalente alle emissioni generate in un tragitto percorso in auto di oltre 8 km). I risultati sono stati riportati in dettaglio (Fig.3) per evidenziare i processi critici e eventuali possibili azioni di mitigazione. Il contributo della fase di produzione dei mangimi corrisponde all’11% dell’impatto totale. Le emissioni sono dovute soprattutto all’uso di gasolio agricolo. In questo processo vengono utilizzate le deiezioni raccolte in stalla in sostituzione di fertilizzanti chimici che non vengono acquistati. Il contributo della fase di allevamento è il più rilevante (88%), specialmente a causa delle fermentazioni enteriche e deiezioni degli animali (87%), anche perché gli animali vivono più a lungo rispetto ad allevamenti convenzionali. Gli impatti della fase di trasformazione artigianale sono molto limitati (1%) e sono associati al trasporto (dall’azienda al macello di Pitigliano a 30 km e consegna delle mezzene alla macelleria di proprietà a Manciano) e all’elettricità per la refrigerazione. Il 60% della carne è venduta localmente.

 [Produzione tradizionale vs industriale]

I risultati ottenuti sono stati confrontati con dati reperiti in letteratura internazionale (EPD carne di bovino adulto, 2013; Casey and Holden, 2010; de Vries and de Boer, 2010). La Carbon Footprint di 1 kg di carne prodotta da Manuela Menichetti (16 kgCO2-eq) è circa il 30% più bassa rispetto a produzioni industriali (23 kgCO2-eq; max. 64 kgCO2-eq) (Fig.4)

Presìdio Macagn: vita familiare in alpeggio

L’allevamento bovino (25 capi) di Livio e Emanuela Garbaccio adotta un sistema itinerante. Si trova in inverno a valle in stalla e, dalla primavera all’autunno, a monte, in una cascina in alpeggio, a nord di Varallo (VC). Il pascolo si estende per circa 200 ha. Il Presìdio analizzato riguarda la produzione di formaggio Macagn in un’azienda a conduzione familiare. Il “Macagn” non è l’unico ma uno tra i pochi formaggi che vantano un procedimento di caseificazione molto particolare: il latte, infatti, viene lavorato ancora caldo di mungitura, un metodo che è pervenuto ai giorni nostri a partire da tempi immemori.

[Carbon Footprint] La Carbon Footprint complessiva per una forma da 2 kg di Macagn è 3 kgCO2-eq (pari alle emissioni generate in un tragitto percorso in auto di oltre 8 km). Dal dettaglio dei risultati (Fig. 5) si osserva che le emissioni associate alle attività dell’azienda (e.g. consumo di diesel per la manutenzione dei pascoli, elettricità per la stalla, metano per la trasformazione), pari a 0.51 kgCO2-eq, corrispondono al 17% del totale. Il restante 83% degli impatti deriva dalle fermentazioni enteriche e gestione delle deiezioni (emissioni biogeniche). Le emissioni biogeniche sono piuttosto contenute in virtù dell’alimentazione degli animali, esclusivamente naturale (erba e fieno), ma certamente condizionato da una resa minore rispetto ad una conduzione convenzionale.

[Produzione tradizionale vs industriale]

La Carbon Footprint di una forma di Macagn (3 kgCO2-eq) è circa l’83% in meno di altri formaggi convenzionali (17.7 kgCO2-eq). La produzione di una forma di Macagn genera impatti contenuti, con una quantità di emissioni evitate pari a circa 15 kgCO2-eq per ogni forma di 2 kg (i.e. emissioni generate in un tragitto percorso in auto di oltre 41 km). Dal confronto con la lavorazione di latte da mucche allevate in modo convenzionale (Fig. 6) emerge che, escludendo le emissioni biogeniche, gli impatti associati alla conduzione aziendale (0.51 kg CO2-eq) sono molto inferiori rispetto ai valori rilevati in altre aziende casearie (8.84 kgCO2-eq) dovuti all’utilizzo di mangimi industriali e ai consumi per le stalle nelle quali gli animali vengono allevati per la maggior parte dell’anno.

CONSIDERAZIONI FINALI

Si è conclusa da pochi giorni la Cop15, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, con l’accordo (storico ma non perfetto) di Kunming-Montreal, un piano che mira a ridurre radicalmente la perdita di biodiversità. Uno dei punti più noti di questo accordo, equiparato da molti all’obiettivo climatico di mantenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C, è il cosiddetto “30×30”, ovvero l’ambizioso obiettivo di porre sotto protezione il 30% degli ecosistemi terrestri e marini del pianeta entro il 2030, attraverso l’istituzione di aree protette e altre misure di conservazione da attuare sul territorio (4).

La produzione di cibo è tra i maggiori responsabili delle emissioni di CO2 e con le nostre scelte alimentari possiamo tutelare la nostra salute e contribuire a definire l’andamento della crisi climatica. Abbiamo visto che le tecniche di allevamento dei Presìdi, che adottano pratiche naturali, basate sul pascolo e su mangimi coltivati in azienda (non industriali), garantiscono condizioni migliori di benessere animali, effetti positivi per la nostra salute (oltre che per il gusto) e, in aggiunta, come dimostrato dai risultati esposti, una ridotta pressione sull’ambiente. Quando scegliamo il cibo da mettere sulla nostra tavola pensiamo all’importanza della varietà, della stagionalità, della localizzazione dei consumi, preferiamo scelte vegetali a quelle animali, consumiamo prodotti dei Presìdi o  provenienti da aziende agricole biologiche e da filiere corte. La nostra spesa sarà BUONA, PULITA e GIUSTA per TUTTI noi e per il futuro del pianeta.   (Mariagrazia Tripodi)

 

FONTI

1- https://www.slowfood.com/a-meatless-healthy-diet-is-a-climate-friendly-diet/

2-https://www.repubblica.it/il-gusto/2022/11/19/news/dieta_mediterranea_unesco_allonu_di_new_york-375186331/

3-https://www.slowfood.com/wp-content/uploads/2020/12/Report_INDACO_IT.pdf

4-https://ilbolive.unipd.it/it/news/cop15-montreal-30-entro-30-nuovo-accordo

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