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Lug 29 2008

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MULINO DI BARESI – UOMINI DI MAIS

In collaborazione con il FAI Fondo Ambiente Italiano e con l’Associazione Culturale Maurizio Gervasoni

 

 

Venerdi 8 Agosto

ore 18,00: Vista guidata al Mulino di Baresi con brindisi di accoglienza.

ORE 19,15: Cena  al Ristorante La Valle del Drago – Bàresi di Roncobello tel. 0345.84099

Menu
Salame nostrano con verdure di stagione
tagliolini ai funghi porcini
stracotto d'asino con polenta
torta del mulino
caffè
Per Soci e simpatizzanti € 22,00 (bevande escluse)

 

ore 20,30: Salotto del gusto
Una chiacchierata sull’importanza della reintroduzione delle antiche varietà, accompagnata da degustazione di dolci a base di mais alla Sala Polivalente Comunale di Roncobello
Programma:
Benvenuto ai partecipanti.
Monica Gherardi, autrice di testi teatrali: La creazione degli uomini di mais, leggenda dei Maya Quichè.
Lorenzo Berlendis
,  fiduciario Slow Food Valli Orobiche: La nuova agricoltura sa di antico.
Giorgio Brandolini, ricercatore: Potenzialità delle antiche varietà di mais, opportunità per le colture montane.
Paolo Valoti, tecnico Istituto Cerealicoltura di Stezzano: Sperimentare diverse varietà di mais a Baresi.
Monica Gherardi, autrice di testi teatrali: L’origine del mais bianco, leggenda Maya del Guatemala.
Andrea Forcella , pasticcere "Ol Fà", Osio Sotto: La ricerca della qualità in cucina.
Saluto delle autorità.
Degustazione finale di dolci a base di mais creati da Andrea Forcella, accompagnati da Moscato d’Asti di Al Donizetti di Bergamo Alta
Consigliata la prenotazione.

Il Mais
Zea mays, cereale di provenienza americana, è arrivato in Nord Italia nella terza decade del Cinquecento. Notizie certe lo danno in produzione, in terra bergamasca, nel 1632 a Gandino. Da allora la sua fortuna ha conosciuto una crescita inarrestabile, il "melgot" si è diffuso ovunque assurgendo ad alimento simbolo, specialmente nella sua preparazione più conosciuta: la polenta.
Ha soppiantato, nelle valli e nelle campagne, i cereali "minori": miglio, in primo luogo, orzo, sorgo, panìco, segale, ingredienti principali delle ‘pultes’ medievali. In tutta la fascia insubrica il mais ha trovato un habitat preferenziale, perciò grazie alla relativa rusticità, alla buona resa, alla specificità del ciclo vegetativo (che permette di seminarne alcune varietà dopo la mietitura del frumento) e alla ottima serbevolezza è diventato un elemento fondamentale nell’alimentazione e, più ancora, nel patrimonio identitario rurale.
Le varietà padane si sono originate dai ceppi vitrei e dentati provenienti dai Carabi e dal Centro America; rostrato (rampì), scagliolo, agostano, nostrano dell’Isola, sono alcuni dei nomi più ricorrenti delle varietà incrociatesi o selezionate dall’uomo.
Oggi molte di queste specie sono introvabili perché i criteri meramente quantitativi, di un certo approccio alla moderna agricoltura, hanno ridotto il patrimonio di biodiversità presente nei campi e sulle nostre mense, poiché si sono privilegiate poche specie "forti" e, soprattutto, molto produttive. Per effetto di uniformità delle abitudini e dell’omologazione dei consumi possiamo scegliere sempre di meno, a dispetto delle peculiarità di territorio e tradizione. Ciò comporta evidentemente un’ enorme perdita a livello culturale e gastronomico.
La nostra scommessa consiste nel tentare di dare un piccolo contributo perché coltivazioni, oggi ritenute residuali o di nicchia, ridiventino interessanti in virtù di una rinnovata richiesta.
Nella chiacchierata "Uomini di mais" se ne parlerà in modo non accademico ma per nulla banale.
Le sorprese approntate da mastri pasticceri, ingaggiati all’uopo, allieteranno un momento che vuol essere anzitutto conviviale.
Lorenzo Berlendis

L'origine del mais bianco  (leggenda del Guatemala)
Molti anni fa nacque nel villaggio di Pipiles, in una notte di luna piena, la figlia del signore di Pipiles. Aveva bellissimi occhi neri che le illuminavano volto e un sorriso radioso. Cresceva molto bella e tutti i principi dei villaggi vicini la chiedevano in sposa ma il padre non si decideva.
Alla fanciulla piaceva passeggiare nel bosco, ammirare le montagne, bagnarsi nel fiume quando il sole era alto nel cielo. Un giorno, mentre si trovava in riva al fiume, sentì una voce che proveniva dalle montagne che diceva: "Fanciulla, fiore amato dallo spirito del giorno, se mi vuoi conoscere segui le orme che troverai accanto alle rocce". La giovane, incuriosita, seguì le orme fino a quando, stanca, si mise a sedere. Subito, sentì di nuovo la voce che diceva: "Fanciulla, fiore amato dallo spirito del giorno,segui le orme fino a quando arriverai ad una grotta".
Si mise in cammino e trovò, seduto, un giovane bellissimo con, sulle spalle, una cappa tempestata di brillanti. Era il Signore di Murcialeger che le disse "Se rimarrai con me, avrai un figlio forte come una roccia e bello come questo bosco." La fanciulla rimase con il giovane. Dopo un po' di tempo nacque un bellissimo bambino dal sorriso radioso e dai denti candidi come quelli della mamma. Mentre questo avveniva nella foresta di Pipiles la gente soffriva la fame perchè un grosso animale aveva mangiato il cuore del mais che doveva servire per la semina.
Quando la giovane apprese della disgrazia si recò dal padre, il quale, ritenendola responsabile dell’accaduto le ordinò: "Vai e trova semi di mais affinché il nostro popolo cessi di soffrire la fame". La figlia partì. Camminò diversi giorni finché una notte, stanca del tanto cammino, si fermò su una roccia e si addormentò nella foresta.
Al suo risveglio si accorse di essere nella grotta del signor Murcielager, si mise a piangere e raccontò tutte le sue pene. L’uomo ascoltò poi le disse: "Non disperare, domani torna al villaggio, dì agli uomini di preparare i campi e al momento della semina togli i
tuoi denti e seminali". La fanciulla, per amore del suo popolo, fece quello che le era stato detto e tutti si misero al lavoro.
Il tempo passò e quando il mais cominciò a dare i suoi frutti, con meraviglia si accorsero che i grani della pannocchia erano bianchi e brillanti come i denti di una donna. Il mais bianco era il regalo fatto dagli dei alla gente di Pipiles in ricordo della giovane che seminò i suoi denti per salvare il suo popolo.

La creazione dei primi uomini, gli uomini di mais (leggenda dei Maya Quichè, tratta dal "Popol Vuh", massimo testo religioso)
In principio non esisteva nulla, solo un'immensa distesa di acqua.
Qui si incontrarono i due Creatori, Tepeu e Gucumatz, che decisero che era arrivato il momento di creare il mondo. Crearono vegetazione e animali, ma questi ultimi non li lodavano, quindi i Creatori decisero di ucciderli e di creare un nuovo essere più adatto. I primi tentativi furono vani: l'uomo di fango era molliccio, balbettava, non aveva intelligenza e non adorava i Creatori.
Al primo temporale divenne un essere informe; neanche i successivi uomini di legno adoravano i Creatori, così morirono tutti per colpa del diluvio scatenato da Tepeu e Gucumatz.
Rimase soltanto, lontano, un campo di mais, di cui gli dei si dimenticarono.
Grazie all'aiuto di un avvoltoio, i Creatori ebbero poi l'idea di creare degli uomini di mais. Il coyote, il gatto, il pappagallo portarono loro quattro pannocchie, da cui crearono quattro uomini.
I pennacchi formavano i capelli, con la parte interna fecero lo scheletro; alcuni chicchi costituirono gli occhi, altri chicchi erano ridotti in farina, per poi formare la carne. Li esposero al sole per far prendere loro il colore della pelle e i chicchi più grossi vennero usati per guardare più lontano.
I nuovi uomini adoravano il loro aspetto e la loro intelligenza, tanto da diventare superbi, così Tepeu e Gucumatz levarono loro la vista e tolsero un po' di intelligenza. Gli uomini ora erano tristi così gli dei crearono le donne, da cui nacquero molti figli che si divisero in tribù e popolarono il mondo.

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