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Set 17 2022

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VERRE DES DOLÉANCES: IL VINO FA MALE? VI SPIEGHIAMOP PERCHÉ NO

Mettiamo in fila, uno dopo l’altro, i motivi per cui vale la pena proteggere e preservare il vino fatto bene, da produttori attenti e da vigne sane. Sono molti, e ridurre il consumo a prescindere, come ci chiede l’OMS, è una posizione che non ci piace

Foto di Gaia Menchicchi

L’Organizzazione mondiale della sanità se la prende con il vino, chiedendo di ridurre del 10% il consumo pro-capite in generale entro il 2025. Con l’European framework for action on alcohol 2022-2025  torna sui suoi passi e invece di contrastare l’abuso di alcol chiede di moderarne l’assunzione a prescindere dalle quantità. Si va così a imporre di ridurre il consumo di alcol e non a moderare l’assunzione dannosa. Una sottile differenza ma che cambia le carte in tavola rispetto alle precedenti normative, e fa naturalmente infuriare i rappresentanti del settore.

Noi proviamo a mettere uno dopo l’altro i motivi per cui questa presa di posizione non ci piace, e pensiamo non inquadri il problema nella sua complessità.

Partiamo dal paradosso bordolese, visto che il punto per l’OMS è tutelare la salute pubblica. Questo paradosso, ormai assodato da numerosi studi clinici, dimostra che la zona mondiale con il più alto consumo di vino rosso, ossia la zona di Bordeaux, forse la più celebre per la produzione di vino al mondo, è anche la zona con il più basso tasso di mortalità per malattie cardiovascolari. L’abbinata vincente è grassi saturi – vino rosso, ma pare che anche l’elevato consumo di verdure con folati possa portare a questo risultato. Le ricerche disponibili ad oggi non hanno ancora dimostrato in modo convincente l’esistenza effettiva di un rapporto causa-effetto tra il consumo di vino e la prevenzione di malattie cardiovascolari, ma i dati della zona sono reali, quindi non è possibile scientificamente nemmeno dimostrare il contrario.

Andiamo a disturbare i sardi centenari? Con buon vino e buon cibo sono i più longevi d’Europa. E pare che proprio il Cannonau sia l’elisir di lunga vita. I super centenari della Sardegna sono stati eletti qualche anno fa dagli inglesi nell’Olimpo dei modelli di longevità da seguire, insieme agli anziani di Okinawa e le loro alghe e il tofu, e i pastori grechi di Ikaria, con le loro tisane di montagna. Il vino ottenuto da uve ricche di polifenoli e antiossidanti, consumato con moderazione, si ritiene possa contribuire a rallentare il processo di invecchiamento, così spiegano gli esperti inglesi.

E visto che ci siamo, elenchiamo le sostanze presenti nel vino che fanno bene. Il resveratrolo, rientra nell’elenco del Ministero della Salute “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico”, è in grado di stimolare una serie di processi coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e nella riparazione del DNA e a sua capacità antiossidante contribuirebbe alla protezione delle cellule dai danni causati dai radicali liberi.

La quercitina è il flavonoide maggiormente utilizzato per i disturbi metabolici e infiammatori e la principale attività attribuita è quella antiossidante. Contribuisce a ridurre la formazione di radicali liberi e sostanze pro-infiammatorie rivelandosi di fatto un prezioso alleato per la nostra salute. Inoltre, ad essa vengono attribuite proprietà vasoattive in quanto aumenta la resistenza dei capillari e ne regolano la loro permeabilità.

E abbiamo ancora i polifenoli: un vasto gruppo di sostanze organiche naturali ci aiutano a stare meglio e sono degli eccellenti protettori delle nostre cellule. Hanno capacità antiossidanti e antinfiammatorie, sarebbero in grado di proteggere le cellule dallo stress ossidativo e avrebbero, tra le altre, proprietà in grado di tenere sotto controllo i livelli di colesterolo; capacità antibatteriche, antipruriginose, antiparassitarie e citotossiche.

Certo, l’alcol in sé non fa bene: ma se smettessimo di scegliere vini scadenti bevuti in quantità smodate e ci concentrassimo su vini buoni, fatti bene e li bevessimo con la necessaria moderazione?

E passiamo agli aspetti culturali: quanto della cultura di Italia e Francia, per citare solo i due più significativi produttori di vino, passa da calici e bottiglie? Quanta letteratura, quanto cinema, quanta musica passano attraverso questa bevanda? E quanta cultura artigianale c’è nella sapiente produzione di questo nettare così prezioso?

Ma passiamo al territorio, e al modello virtuoso della vigna. Preservare il terreno piantando vigne e coltivandole prestando grande attenzione alla loro salute è uno dei modi migliori per dare struttura e sostanza alla terra, che ne guadagna anche in bellezza. Pensiamo alle distese meravigliose delle colline piemontesi, o ai vigneti eroici di Alto Adige, Valtellina, delle colline del Prosecco. L’Italia sarebbe la stessa senza questo patrimonio di piante curate e rispettate dall’uomo? Forse dovremmo imparare a scegliere i vini anche in base a come i produttori trattano le vigne e il terreno su cui crescono, e forse dovremmo migliorare la nostra conoscenza di questi aspetti della produzione del vino, questo sarebbe un buon punto da mettere all’ordine del giorno della comunicazione dell’enologia, per fare in modo che sempre più produttori siano attenti e scrupolosi nel rispetto della terra che offre loro i suoi frutti.

E passiamo all’economia. L’abbiamo tenuta per ultima ma è comunque una voce che non possiamo dimenticare. Alcune zone italiane, ma potremmo estendere il discorso a mille altre regioni nel mondo, che 60 anni fa non erano considerate dal turismo, non avevano caratteristiche tipiche e non avevano fabbriche o commerci, o ricchezze, grazie alle vigne e alle cantine hanno cambiato la loro storia, diventando mete di turismo straniero e grandi contribuenti del PIL. Vogliamo parlarle del Chiantishire, per dirne una? O della Franciacorta?

Vogliamo spingervi all’alcolismo? Certo che no. Vogliamo solo sottolineare quanto il vino non sia solo un nemico della salute pubblica, ma come sempre uno strumento nelle mani dell’uomo. Basta saper scegliere, basta conoscere, basta berne in quantità corrette: tutto il resto è propaganda.   Fonte: Linkiesta, Gastronomika, Anna Prandoni Andrea Moser,  16.09.2022

 

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