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Ott 07 2023

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GUIDA SLOW WINE: È L’ORA DI VIGNAIOLI DEL CENTRO-SUD

Toscana e Piemonte le regioni più rappresentate, ma le più premiate sono Sicilia, Abruzzo e Molise. In crescita anche il Ponente della Liguria Ecco le nuove 19 chiocciole assegnate per la prima volta

Novità e conferme tra quelle ‘chiocciole’ e ‘bottiglie’ che sono alla base della festa: un vernissage a tutto tannino con cui Slow Wine a Milano brinderà alla presentazione della guida 2024, complice anche la giornata di debutto della Wine Week che, fino al 15 ottobre, si prenderà la scena – enologica e non solo – del capoluogo lombardo.

Sono 1152 pagine che fotografano l’Italia del vino, così come nelle intenzioni del curatore Giancarlo Gariglio che, nell’introdurre il lavoro, prende in prestito e adatta una vecchia pubblicità di Apple che ebbe la voce inconfondibile di Dario Fo: “Questa guida la dedichiamo ai folli innamorati del vino, alle vignaiole e ai vignaioli che danno prova di anticonformismo ed escono dal seminato per rincorrere il loro vino, ai ristoratori ribelli che servono quello che piace a loro, ai giornalisti piantagrane che scrivono ciò che realmente pensano, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso e ritengono che un altro vino sia possibile”.

Per il momento parlano i numeri e i 499 premi assegnati che si dividono, appunto, fra le chiocciole (conferite alle cantine per il modo in cui interpretano valori organolettici, territoriali e ambientali in sintonia con la filosofia di Slow Food, che edita la guida), le bottiglie (corrisposte alle cantine che hanno espresso vini di qualità eccellente) e le monete (che indicano una qualità eccellente e ottimo rapporto qualità/prezzo).

 La Toscana si conferma tra le regine del vino in Italia 

A fare la parte del leone in guida sono la Toscana (320 cantine presenti, il numero più alto in assoluto), e il Piemonte (seconda per numero di cantine, 305, ma che guida la classifica dei premi in tutte le categorie, con 37 chiocciole, 39 bottiglie, 12 monete per un totale di 88 riconoscimenti, pari al 29% sul numero di cantine totali). La più alta percentuale di premi assegnati rispetto al numero delle cantine recensite va invece a pari merito a Sicilia e ad Abruzzo-Molise (che la guida riunisce in un’unica sezione) con il 31%.

Sono 141 i nuovi ingressi in guida (in Toscana la quota più alta, di 24, mentre l’Umbria è l’unica regione che non vede alcun inserimento) e diciannove le chiocciole assegnate per la prima volta (Podere San Biagio in Abruzzo, La Sibilla e Pietracupa in Campania, Kristian Keer in Friuli, Marco Antonelli in Lazio, Corte Fusia in Lombardia, 460 Casina Bric e Paitin in Piemonte, Gian Battista Columbu in Sardegna, Marabino e Vite ad Ovest in Sicilia, Avignonesi, Col d’Orcia, Pian dell’Orino, Podere Erica in Toscana, Dorigati in Trentino, Raìna in Umbria, Dama del Rovere e Miotto in Veneto).

Ci diverse micro-realtà tra le 948 cantine (il 47% del totale) che hanno una produzione inferiore alle 50 mila bottiglie, e giustamente lo si sottolinea: «È una guida che vuol essere un punto di incontro delle comunità del vino, capillare sulla mappatura del territorio e con un’attenzione particolare ai piccoli produttori» conferma il vice presidente di Slow Food Federico Varazi.

Il Piemonte si conferma una regione di particolare fermento, anche nelle zone settentrionali “dove – scrive la guida – crescono diverse denominazioni come Boca, Bramaterra, Carema, Fara e Lessona, mentre vediamo nuove aziende interessanti affacciarsi con sicurezza tra Astigiano e Monferrato, e sul Nizza, capaci di dare ai vini di queste colline interpretazioni fresche e promettenti”. E cresce l’Alessandrino, “grazie alla Docg Gavi e all’avanzata inesorabile delle colline che sono culla del magnifico Timorasso”.

Tra le zone di crescita ci sono anche il Levante ligure che “si conferma in un momento di grande fermento enologico: riscontriamo, oltre alla nascita di nuove realtà, la volontà da parte di aziende affermate di produrre vini in veste più tradizionale, sperimentando macerazioni e lavorazioni meno classiche” e, in Lombardia, il quadrante delle Terre Lariane con l’ingresso in guida di una seconda cantina (Cascina Bellesina di Missaglia) oltre a La Costa di Valletta Brianza premiata con la chiocciola. E’ interessante anche il focus sullo sviluppo di giovani aziende: su questo punto, Slow Wine porta l’esempio della scuola enologica (San Michele all’Adige, ndr) che “sta producendo generazioni di giovani tecnici che, rientrati tra le vigne familiari, si mettono in proprio facendo nascere una miriade di piccole e piccolissime nuove cantine”. Anche il Veneto gioca un ruolo di rilievo con «due poli attrattivi: la Valpolicella e le colline di Conegliano Valdobbiadene e Asolo, illuminati, ancora una volta, da due stelle di prima grandezza, riconosciute a livello mondiale, l’Amarone e il Prosecco. In Valpolicella cresce, in virtù di una nuova leva di vignaioli, il livello della viticoltura».

I vigneti che circondano Barbaresco 

Ancora in Veneto, se i Colli Euganei “contano pochi protagonisti, purtroppo, ma sono talmente belli da impazzire, sia nel Bardolino sia nel Soave persiste l’impegno di un ristretto gruppo di produttori in grado di competere ad altissimi livelli sul piano internazionale, che si oppone con il proprio buon operato alla banalità della produzione di massa”. Non è invece un mistero che, nella ristorazione, stiano vivendo un periodo di attenzione i vini delle due regioni agli antipodi, un Friuli dove Slow Wine riconosce l’emersione, “con forza sempre maggiore i vini da varietà autoctone, con Friulano, Malvasia e Ribolla gialla in primissima fila” e una Sicilia che arriva da un’annata eterogenea e complicata per alcune varietà: «I Grillo, tra i vini maggiormente penalizzati nelle ultime due annate, hanno perso in tensione, cosa che non è successa invece ai Catarratto, risultati tonici e di buon grip. Come purtroppo succede da alcuni anni, i Frappato si sono mostrati meno fragranti e più duri, mentre i Cerasuolo sono più interessanti, ma meno sfaccettati rispetto al passato» scrive Slow Wine. Inoltre, la guida certifica la crescita di spumanti e frizzanti, specie gli ancestrali da varietà autoctone, mentre sono “consolidati e meno estrattivi i vini delle due varietà internazionali chardonnay e syrah”. C’è, non da ultimo, il lungo racconto di una Toscana che dimostra di essere attrezzata anche per affrontare annate difficile e fare i conti con i cambiamenti climatici, comprovando che “sì, si può bere molto bene anche in corrispondenza di annate insidiose”.

Già, bere e assaggiare ciò che le pagine scrivono: lo si potrà fare dalle 14 di sabato – e fino alle 20 – al Superstudio Maxi, in via Moncucco 35 a Milano (metro M2 Famagosta e dall’omonimo parcheggio per chi arriverà da fuori città) dove si apriranno i battenti per la degustazione aperta al pubblico. O per una verifica in diretta, se preferite.   Fonte: laRepubblica, Jacopo Fontaneto, 06.10.2023

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