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Set 23 2021

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IL MINISTRO GARAVAGLIA A CHEESE: “LANCERÒ UN PIANO ITALIANO PER IL TURISMO ENOGASTRONOMICO: SARÀ PRONTO A PRIMAVERA

Il titolare del Turismo ospite del Gusto, a Bra, con Carlo Petrini, Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, e Luca Ferrua, direttore del Gusto. Il fondatore di Slow Food: “Necessario distribuire i flussi in tutto il Paese, le risorse non sono infinite” – IL VIDEO 

Carlo Petrini, il ministro Massimo Garavaglia, il direttore di Repubblica Maurizio Molinari e il direttore del Gusto Luca Ferrua 

Distribuire i flussi turistici in tutte le aree del Paese, rispettare i territori senza cannibalizzarli nell’ottica della sostenibilità, e mettere a punto un vero piano del turismo che – come anticipa il ministro Massimo Garavaglia al Gusto, sarà pronto a primavera. Il tutto tenendo ben presente che l’enogastronomia è la molla che spinge a viaggiare il 70% degli italiani e rappresenta la spinta principale per i visitatori internazionali. “Un piano per il turismo ce l’ha il Guatemala, ce l’ha il Camerun. Deve averlo anche l’Italia, per questo serve iniziare a studiare le mete in maniera costante e precisa. L’obbiettivo è che sia pronto a primavera. Ma per realizzarlo bisogna collaborare, fare sistema. E Slow Food con i suoi presidi ha un ruolo fondamentale”. Il ministro del Turismo Garavaglia ne è convinto e lo annuncia a Bra, durante l’edizione 2021 di Cheese, nella casa del Gusto, in un incontro organizzato dall’hub enogastronomico del Gruppo Gedi con Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, e Luca Ferrua, direttore del Gusto, a moderare il dibattito.

Dobbiamo organizzarci meglio e vincere la sfida nel segno della sostenibilità – ribadisce il ministro – tema ampio, anche sociale, che comporta il rispetto della comunità. Il turismo ha un ruolo di sintesi perché trova il modo di far vivere al visitatore tutto ciò che c’è nella comunità, come avviene a Cheese ad esempio con un bicchiere di vino abbinato a un formaggio. E il nostro lavoro è far conoscere meglio ciò che abbiamo già”. Ma attenzione, ammonisce Petrini, bisogna andare oltre. “Uno degli elementi fondamentali nell’offrire esperienze turistiche è garantire alle nostre comunità territoriali la possibilità di vivere bene. Siamo in un’area, le Langhe, in cui il turismo enogastronomico è già consolidato, e tutti coloro che entrano nel sistema tendono a incrementarlo. Ma nei nostri borghi stiamo perdendo pezzi di socialità, non ci sono più botteghe o osterie, al loro posto sono arrivati i ristoranti stellati. Ma la gente del posto non va agli stellati. Fino a qualche tempo fa la pensavo diversamente – ironizza ma non troppo il numero uno di Slow Food – ma oggi constato che purtroppo non ci sono più neanche i parroci, e così la socialità di questi borghi si perde”.  Insomma, sì allo sviluppo del turismo enogastronomico, ma ancorato in comunità “felici” ed equilibrate, come condicio sine qua non per far funzionare l’offerta. Del resto, come ha sottolineato Roberta Garibaldi, esperta di enoturismo e consigliera del ministro Garavaglia, per il 70% degli italiani la possibilità di fare esperienze nel mondo del cibo e del vino, non solo con degustazioni ma anche con visite in cantine e aziende del food, caseifici in primis, è fondamentale nella scelta della meta da visitare.  “E questo vuol dire cercare l’identità del territorio e un legame con esso – come sottolinea l’esperta – Sarà importante rafforzare tutto ciò nel futuro, ma in un’ottica di sostenibilità, preservando prodotti, ricette, mercati, negozi di prossimità e drogherie: valorizzare il turismo vuol dire farlo con approccio sostenibile”.

L’esempio delle Langhe

Un esempio tangibile viene proprio dalle Langhe dove “il concetto borgo è stato superato da un’economia potente – come denuncia Petrini – Qui andiamo verso un problema serio. Per quanto possa essere buono un pranzo, un prodotto e per quanto possa esser bello il patrimonio artistico, quando i turisti entrano nei bar ed entrano in contatto con una realtà resta loro impreso lo stile di vita del posto, il sorriso delle persone, il profumo dei panettieri. Se perdiamo questo in nome di una economia più accentuata, in cui dobbiamo sempre aver di più, le cose non funzionano. Se non è felice la gente che abita il territorio, non puoi avere turismo felice. Senza l’identità, puoi anche avere un turismo di eccellenza, ma si perde ciò che costruisci”.

Formaggi in mostra a Cheese a Bra 

Tutelare l’essenza dei luoghi è la nuova sfida dell’enoturismo. E ogni terra ha la sua peculiarità da assaggiare, apprezzare, valorizzare. “Ciò che distingue Bra, le Langhe e il Nord-ovest è la capacità di fare e creare le cose – sottolinea Molinari, direttore editoriale del Gruppo Gedi e di Repubblica Cosa che mi ha sempre colpitoLa mia famiglia è romana da 500 anni, ma quando nel 1997 arrivai in questa terra, mi resi subito conto che c’era qualcosa di diverso. Poi quando dopo 20 anni all’estero sono tornato a Torino per guidare La Stampa, ho potuto finalmente rendermi conto di persona di questa realtà e capirla più a fondo. Durante una sfilata degli alpini ad Ast, uno di loro, alla mia domanda su quale fosse il segreto di questo territorio, rispose: è l’alpinità, cioè la capacità di creare le cose”. L’alpino è una persona che vive in una zona impervia, e che si trova a dover risolvere problemi facendo affidamento solo sulla sua conoscenza del territorio, usando utensili minimi. Le Langhe e il Nord-ovest esprimono questa capacità di fare: non è un caso che realtà come l’auto, il cinema, la cultura siano settori in cui Torino eccelle“. Ed anche l’enogastronomia può e deve fare la sua parte. “Il Paese si rimette in moto con ciò che meglio sa fare – riflette Molinari – e il Nord-ovest, grazie a questa sua caratteristica, è cruciale nella ripartenza e nel rilancio dell’economia attraverso tre processi che gli sono propri: l’identità col territorio, la sostenibilità e il rispetto per il cibo, con i giovani come chiave di volta, e infine la produzione di risorse sane, nella ricerca di un equilibrio fra salute del pianeta e consumo. In questo panorama il Gusto, canale verticale del Gruppo Gedi, deve essere parte di un dialogo costante sulla qualità dei prodotti”.

Alba capitale dell’enoturismo

L’anno prossimo Alba sarà sede della conferenza mondiale dell’United (Nations World Tourism Organization) sull’enoturismo. La sfida, sottolinea Ferrua, sarà fare in modo che quell’appuntamento sia solo un primo passo nel ruolo dell’Italia come meta del turismo internazionale. “Abbiamo girato tutte le regioni di Italia prima di scegliere Alba, che avrà un ruolo più ampio, di sintesi  – dice il ministro Garavaglia – L’equilibrio sta nello spostare i flussi turistici da dove ce ne sono troppi a dove ce ne sono pochi. Ad esempio, l’Irpinia è il centro della produzione vitivinicola della Campania, eppure attira solo una minima percentuale dei turisti.  Se l’anno prossimo torneremo alla normalità, l’obiettivo sarà distribuire meglio i turisti con offerte integrate. E l’enogastronomia è il veicolo primario”.

Vigneti nelle Langhe 

Un turismo diffuso: il ruolo dei presidi

Per far questo, cioè per non cannibalizzare alcuni territori a scapito di altri, serve una ricetta ben precisa, perché ci sono aree del Paese dove c’è ancora molto da fare, riflette Ferrua, e in questo senso un importante aiuto può venire dai presidi Slow Food che valorizzano e salvano dall’estinzione piccole produzioni. Riflessione condivisa da Petrini: “Quando abbiamo costruito presidi, in molti ci dicevano che cercavamo delle chicche troppo minute, che non facevano numeri. I presidi in realtà sono elementi fondamentali per determinare sul territorio un certo fascino, un certo modo di riconoscere la identità. E penso che il compito più importante che ha il nostro ministro sia quello di allargare l’appetibilità puntando su territori che al momento non ne l’hanno. È fondamentale anche per noi allargare il bacino, non è possibile che i flussi della Langa siano tutti concentrati e città come Saluzzo, il Monregalese dove c’è una gastronomia d’eccellenza, o le nostre valli non siano valorizzate. Le ricette ancestrali sono le più fascinose. Del resto, non si può concentrare tutto su Barolo e tartufo, anche perché queste risorse non sono infinite. Si pensi a Venezia, che è collassata presa d’assalto dal turismo mondiale”. D’altro canto ci sono perle del territorio che andrebbero invece potenziate. “Pensiamo a Cherasco, è una meraviglia e quanti la conoscono?”, riflette il ministro. Bisogna uscire dalla narrazione degli stessi luoghi. Ma come? La risposta la fornisce Molinari: “Attraverso la conversazione. Il digitale ci dà possibilità  di usare più piattaforme e diffondere contenuti diversi e più ampi. Ma lo sforzo di raccontare il cibo su ogni tassello di ogni supporto ha bisogno di un confronto con i lettori, che dal canto loro hanno la responsabilità di fornire un feedback. Se ognuno è consapevole di tale compito, si può creare un ciclo virtuoso per rendere più avvincente la narrazione del territorio”.

La strategia della comunicazione

E qui entra in gioco il ruolo del giornalista. Nella platea del dibattito organizzato da Il Gusto ci sono numerosi studenti dell’università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. È una di loro a chiedere a Molinari quali siano le competenze che deve avere oggi un giovane per fare il giornalista. Passione – risponde il direttore di Repubblica – disponibilità al sacrificio e consapevolezza del valore della specificità delle proprie competenze. “L’elemento finale è l’innovazione – continua Molinari – Il punto vero è che tecnologie ci offrono la possibilità  di ascoltare e comprendere, e la sfida è vinta se ognuno di noi lavora sulla qualità di quello che produce, che è figlia di umiltà e studio”. E c’è di più perché la professione del giornalista nei prossimi anni creerà interazione e assorbirà altri mestieri come l’analista, il grafic designer, il programmatore di nuovi software e i big data. “Solo così si può raccontare al meglio il territorio, perché oggi le tecnologie offrono a ogni giornale locale una possibilità infinita di raccontare”, aggiunge il direttore di Repubblica. Marketing territoriale, comunicazione, enogastronomia. Ma attenzione, conclude Petrini, per comunicare i giovani hanno bisogno di contenuti: “Produttori, contadini, artigiani devono essere al centro, altrimenti che cosa comuniamo? Fra tradizione e innovazione c’è connessione, non dualismo: l’innovazione è una tradizione ben riuscita. E la tradizione, se non ha una dimensione innovativa, è destinata a morire”. Una sfida da raccogliere nel post pandemia e che deve partire proprio dai giovani e dal loro rinnovato interesse per la terra. Fonte: Il Gusto, Lara Loreti, 17.09.2021

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