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Set 17 2021

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PETRINI: ”COVID, DISASTRO AMBIENTALE, CRISI CLIMATICA. CAMBIARE È POSSIBILE CON GIOIA NON COL MAGONE”

Il fondatore di Slow Food intervistato dal direttore della Stampa Massimo Giannini nello spazio del “Gusto” a Cheese: “Penso che la dittatura sanitaria sia subire il virus e vedere i nostri ospedali al collasso, non il Green Pass. Il governo ha fatto bene a tenere il punto”

 Massimo Giannini e Carlo Petrini (@Daniele Solavaggione/Reporters) 

BRA (CUNEO). Il pianeta «è quasi a un punto di non ritorno»: il «disastro ambientale» è sotto gli occhi di tutti e le «disuguaglianze crescono come mai prima». Carlo Petrini, però, si mantiene «parzialmente ottimista», assicura intervistato dal direttore della Stampa Massimo Giannini nello spazio del Gusto a Cheese, la manifestazione di Slow Food in corso a Bra. E se ci riesce, sottolinea, «è grazie ai giovani, in cui vedo un’energia, una coscienza e una capacità creativa che, quando occuperanno i posti di comando, li porteranno a essere molto più sensibili di noi, che abbiamo fatto troppi danni». Nel frattempo, incalza il fondatore di Slow Food, «tutti siamo chiamati a contribuire a un cambio di paradigma epocale, che non va vissuto come una quaresima di mortificazione ma come un processo di liberazione. La realtà», sintetizza, «si cambia con gioia, non con il magone».

Carlo Petrini e Massimo Giannini nello spazio del Gusto a Cheese (@Daniele Solavaggione/Reporters) 

L’attualità è fatta di crisi climatica, ambientale, migratoria, sanitaria. Sul tema Petrini promuove Green Pass e vaccini, prendendo le distanze da Massimo Cacciari e dall’appello firmato da Alessandro Barbero e altri 300 professori, e rimarca la necessità di un’economia che sia cura del territorio e relazione umana: «Quand’è nato Slow Food il nostro antagonista era McDonald’s», premette, «oggi sarebbe Amazon. E non parlo di scontro inutile ma di sostanza. Se infatti la grande distribuzione ha messo in crisi i piccoli negozi, oggi Amazon mette in crisi la grande distribuzione. Il risultato? I nostri borghi si sono desertificati». E ora che si parla di ripartenza dopo la pandemia, Petrini si augura qualcosa di più ampio, «una rigenerazione».

Sul Green Pass c’è molto scontro. Il governo ne estende l’uso per far ripartire il Paese ma c’è chi parla di dittatura sanitaria. Cosa ne pensa?

«Penso che la dittatura sanitaria sia subire il Covid e vedere i nostri ospedali al collasso, non il Green Pass. Penso che il governo abbia fatto bene a tenere il punto e non mi trovo in sintonia con persone che pure stimo come Barbero o Cacciari. Questa malattia ha messo in ginocchio l’economia e la socialità mondiali, un nuovo lockdown sarebbe una ferita anche solo psicologicamente non risanabile».

Un altro capitolo doloroso è quello della crisi climatica. Draghi al Forum mondiale ha lanciato un allarme che suona come una sveglia all’Occidente. A che punto è la notte?

«Siamo a un punto quasi di non ritorno. È un momento storico. La transizione ecologica di oggi è come la rivoluzione industriale: permeerà il nostro modo di vivere per secoli. È una questione che non si può ridurre in maniera tecnocratica come pensa il ministro, bisogna coinvolgere l’intero Paese, le comunità locali. Il messaggio che deve passare è questo: cambiare stili di vita non significa imporsi una quaresima di mortificazione ma vivere un processo di liberazione. Noi italiani pensiamo che la parola “sostenibilità” derivi da sostenere, che significhi questo: “Se tu azienda sei virtuosa, aumenti anche il tuo profitto, ti sostieni meglio”. Invece no, deriva da “sustain”, il pedale del pianoforte che permette di allungare la nota. I cugini francesi infatti parlano di durabilità, non sostenibilità».

I politici fanno abbastanza da questo punto di vista?

«Biden sventola la bandiera della sostenibilità, ma poi si fa interprete di una nuova alleanza politico-militare con maxi investimenti per sottomarini nucleari. Insieme a Gran Bretagna e Australia».

Il dibattito di Carlo Petrini e Massimo Giannini nello spazio del Gusto a Cheese (@Daniele Solavaggione/Reporters) 

Macron si è arrabbiato ma per questioni di affari.

«Processi virtuosi di questa natura hanno bisogno di una governance internazionale, che però non c’è. Se avessimo applicato anche solo una parte di quanto previsto dall’accordo di Parigi non saremmo in questa situazione. I fenomeni Trump e Bolsonaro sono nati dopo Parigi. E hanno deriso una giovane come Greta Thunberg senza capire che dietro di lei c’erano anche i giovani dei loro Paesi. L’Ue si sta muovendo bene ma non basta».

La decrescita felice non è una pia illusione?

«Penso che non si tratti solo di un atteggiamento deflattivo, la decrescita, ma di un cambio di paradigma. L’analisi del greenwashing indica che siamo sulla strada giusta. Anche Amazon, che oggi sarebbe il nostro antagonista come agli esordi lo fu McDonald’s, fa pubblicità puntando su sostenibilità e inclusione. Questo tipo di economia mette in crisi i piccoli negozi, che se spariscono fanno morire anche i borghi».

Come si affrontano multinazionali che hanno un fatturato maggiore del Pil di interi Paesi?

«Noi le abbiamo anche aiutate, eh. Penso al regime fiscale di Paesi come l’Irlanda e il Lussemburgo, o anche a realtà che abbiamo in casa nostra. E comunque io penso che possano esistere multinazionali che non si muovono in maniera distruttiva, che pagano il dovuto e realizzano benessere per tutti e non per una persona sola. Agire si può. Una volta l’allora ad di McDonald’s Italia mi disse che quando faceva la spesa seguiva le indicazioni di Slow Food. Alla fine, la pratica è meglio della grammatica!».

Perdiamo 23 ettari di terreno al minuto a livello mondiale, il 75% delle terre emerse è alterato dall’azione umana, un milione di specie animali e vegetali è a rischio. L’agroalimentare, fondamentale per il nostro Paese, ha un impatto importante da questo punto di vista. Come deve agire la politica?

«Il nostro patrimonio merita di essere accudito. La società civile lo ha capito e sta facendo passi avanti, non ancora sufficientemente riconosciuti dalla politica. Dobbiamo muoverci pensando che il dazio che ci toccherà pagare sarà enormemente grande. L’obiettivo, per uscire dalla pandemia e non solo, è puntare a una rigenerazione».

«Non farei battaglia perché il Prosek esisteva prima del Prosecco ed è un’altra cosa, non una copiatura. Sarei più preoccupato, parlando di Prosecco, per la monocoltura che sta dilagando in Italia e l’uso di pesticidi. Un tema di cui, come avete scritto recentemente, le comunità locali si stanno interessando. Quando un prodotto funziona bisogna stare attenti e avere il governo del limite. Se lo superi, perdi in identità e biodiversità». Fonte: Gusto, Elisabetta Pagani, 17.09.2021 

Scarica il filmato al link 

https://video.lastampa.i/il-gusto//dossier/i-piaceri-de-il-gusto-bra-cheese-20121/faccia-a-faccia-tra-il-direttore-massimo-giannini-e-carlo-petrini-sul-futuro-del-cibo-e-la-sostenibilita/145088/145338

 

 

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