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Set 27 2016

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TERRA MADRE SALONE DEL GUSTO: SLOW FOOD E IL FUTURO DELLA (VERA) GASTRONOMIA

L’agricoltura ecologica e consapevole ha un protagonista quasi assoluto: il contadino, che del proprio lavoro deve vivere degnamente, contando su degli alleati importanti, i grandi chef. “Oggi un cuoco deve fare buona cucina per i clienti, ma questa non è l’unica cosa che conta – spiega a WineNews il “cuisinier” francese Olivier Roellinger che ha rinunciato alla terza stella Michelin, e che, con il compatriota tristellato Michel Bras, l’agrichef albanese Altin Prenga e la chef “urbana” Cristina Bowerman, ha raccontato come si costruisce una rete di relazioni professionali con le comunità agricole dei propri territori a “Terra Madre Salone del Gusto”, che si chiude oggi a Torino – un cuoco, oggi, deve essere vigile, anche pressando la politica, su ciò che avviene nella sua comunità, dalla scuola, dove l’alimentazione dovrebbe diventare materia di studio, agli ospedali dove si deve mangiare sano. E farsi portavoce dei migliori produttori del suo Paese, selezionandoli e rispettando in cucina gusto e proprietà dei loro prodotti sani, buoni e giusti. Insomma i cuochi di qualità non devono farsi solo un nome sulle guide, ma condividere una visione con la comunità”. Prenga, arrivato in Italia su un barcone, è tornato in Albania per aprire il “Mrizi i Zanave”, uno dei migliori ristoranti del suo Paese (con vip e politici clienti fissi, ndr), “dove i contadini sono contadini per necessità e la dittatura, che ha nazionalizzato fino all’ultima capra, ha distrutto un intero patrimonio di tradizioni gastronomiche. Con mio fratello abbiamo ribaltato il paradigma, coinvolgendo 300 contadini da cui compro l’intera produzione, e vendendo ciò che non usiamo in uno shop o ad una rete di ristoratori che abbiamo creato”. Le loro storie traducono in fatti “il futuro è l’alleanza tra ristoratori, mondo contadino e cittadini”, ipse dixit del fondatore di Slow Food Carlo Petrini che, oggi, ha accompagnato la guida “Osterie d’Italia 2017”, con meno osterie, più quotidiane, anche se un po’ più care, ma dove una cosa è certa, ha detto Marco Bolasco, curatore con Eugenio Signoroni: “l’oste c’è”, a raccontare i piatti, di cosa son fatti e grazie a chi. “Sembra banale, ma qui sta il valore della giusta accoglienza”.

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