Giovedi 23 aprile 2009
Con esplicito orgoglio, non possiamo negare che le ambiziose aspettative che si erano create attorno all’evento hanno avuto legittimazione in una lunga e piacevole maratona del gusto che ha regalato qualità, passione, emozione.
IL LUOGO
L ‘aura millenaria di uno dei siti più significativi nel panorama, pur ricco, del Romanico Europeo ha contribuito non poco a produrre meraviglia. Cielo cupo e brezza assai poco primaverile hanno accolto le decine e decine di visitatori certi di prendere parte a qualcosa di speciale. Discorrere di storie di cibo e di uomini in questo mirabile contesto ha aggiunto suggestione a suggestione, elemento colto a fondo dai fortunati presenti.
LA CONFERENZA STAMPA
La tavola rotonda è stata introdotta da un formidabile team di chef:
Stefano Masanti e Maurizio Vaninetti dalla Valtellina, Mario Cornali e Daniele Caccia per il Canto e gli Almenno, guest star Vittorio Fusari.
La nostra Condotta ha tenuto a battesimo la nascita ed estensione delle rete di ristoratori che fanno a capo al movimento Slow Cooking nella Bergamasca portando a compimento un percorso prefigurato dal buon Elio Ghisalberti, senza dubbio il nume tutelare dell’operazione.
Dibattito non accademico che entra subito nel cuore della questione cibo e territorio, sfatando la vulgata che vede il fiorire di slogan-prodotti-iniziative attorno al tema della tipicità, molto spesso inventata come scorciatoia promozionali o poco più.
Gli operatori nel corso della chiacchierata attestano che bontà e tradizionalità di prodotti che rappresentano angoli di territorio sono la base necessaria, ma non esaustiva, sulla quale si dispiegano la sensibilità, la capacità di risignificare e reinventare, il bisogno di esperimentare nuovi incroci e abbinamenti.
Nessun tentativo di ripetere all’infinito tradizioni ingessate, nessuno scivolone verso un’autarchia improponibile in luogo di una disponibilità a valorizzare produzioni eccellenti, magari poco conosciute o di difficile reperibilità.
La committenza delle reti di consumatori, a maggior ragione quelle di ristoratori, come Slow Cooking, permettono a piccoli operatori sul territorio capaci di fare qualità, rigorosi nelle procedure, rispettosi dell’ambiente di ottenere il giusto prezzo e continuare a lavorare con la serenità di una prospettiva più certa.
LE DEGUSTAZIONI
Una quindicina di produttori locali si incontrano con il meglio della produzione valtellinese, che sfodera 2 prestigiosi Presidi: violino di capra e grano saraceno. Leggermente fresco il primo, base per gustose sfoglie il secondo, diventano subito ambita meta e “stazione fissa” dei numerosi visitatori.
Tutti apprezzano le proposte ricche e variegate: sublimi i caprini del canuto maestro, nostro ospite ricorrente, molto interessanti e diversificati i formaggi di latte vaccino dei Fratelli Fustinoni, gustosi i salumi proposti da Bruno Bonzi, graditissimi i piccoli frutti di Todeschini, i mieli di Angela Rota e Roberto Bonacina, così come le conserve di Giuliano del Cascinetto. Ricca la proposta di vini, con i prodotti del citato G. Locatelli, e quelli dell’Aziende Tosca e S. Egidio. Chiudono il “mercato contadino” le rinomate farine di mais dell’Azienda Scotti e una nutrita carrellata di panini di diversa foggia e composizione del Forno delle Bontà di Mattavelli.
Costa fatica mettere fine al chilometrico buffet, ricco di scambi tra produttori e pubblico, per dare spazio alla tappa successiva.
LETTURA CON COMMENTO MUSICALE
L’istrionico Tiziano Manzini, non nuovo ai cimenti in ambito gastronomico, ha scovato un pezzo più che ironico e canzonatorio, si prende garbatamente gioco dei puristi del cibo e non lesina frecciate a Slow Food. Il momento di puro piacere letterario è sottolineato dalle note di Carlo Sinigaglia che snocciola una serie di pezzi dentro e sopra il testo che ben si sposano con il procedere della lettura della sapida ricetta ricca di gustose ambiguità, doppi tripli sensi e rimandi.
La combine inedita è il secondo evento dentro l ‘evento di cui la Condotta ha fatto da sensale. La ricca stimolazione pluri-sensoriale apre la strada all’atteso momento clou.
LA CENA
Un’infilata di tavoli reali attende il gruppone già carico di piacevolezze. Ma l’apertura dà subito il segno di ciò che la banda dei quattro… chef ha composto. Un piatto con un fondo verde luminescente di mele e…ospita delicati bocconcini di trota marinata, papille impegnate per decrittare gli ingredienti. Accompagna il Drezza Metodo Classico della Cantina Sociale di Pontida, una sorta di esperimento declinato in poche bottiglie ottenute da una base di chardonnay, prodotto sfumato in un battibaleno e meritevole di approfondimento. Gli succede il cugino Drezza bianco, da uve Incrocio Manzoni in purezza, stupisce per lunghezza e complessità, bevuto non troppo freddo riserva profumi e sapidità inusitati, ne sentiremo parlare.
Sul piatto una quiche con una frolla in cui è ben presente il mais, nobilitata dai germogli di ligabosc e da un paio di virgulti innominabili del sottobosco di castagno.
Si cambia bacca, per supportare i pregevoli ravioli che nobilitano come meglio non si potrebbe tagli e frattaglie abitualmente destinati , ahinoi, allo scarto, si presenta in tavola la produzione 2006 dei Dirupi Valtellina Superiore ad opera dei 2 giovani enologi che hanno dato un salutare scrollone alla Valtellina. Frutto di vigneti disetanei, di estrema varietà clonale, di interventi cospicui per abbassare rese ed alzare la qualità il nebbiolo interpretato dai nostri cattura per complessità, armonia, ricchezza e appeal a non finire.
I fuochi d’artificio proseguono e si moltiplicano quando arriva in tavola un agnello adagiato su una mousse di gemme di pino che sostituisce il tarassaco, indisponibile causa nevicate e gelo in bassa quota, delicate e morbidissime le carni, geniale quanto azzeccata la crema, deliziosi i croccanti riccioli bruni che completano una composizione anche scenograficamente perfetta: un’emozione di quelle che restano a lungo nella memoria del palato.
Sorpresa nelle sorprese, ed ennesimo fuori programma: Siro Buzzetti, vigneron di Valtellina, offre la propria versione del nebbiolo: un pregevolissimo Sassella uscito da una microproduzione, piccola solo nei numeri.
Degno compare arriva sui tavoli il nebbiolo Dirupi, produzione 2007, che dichiara forte e chiaro dove si voglia arrivare con la cura maniacale riservata a poggi rocciosi decisamente vocati alla produzione vitivinicola di alta qualità: attenti a quei due!
E’ la volta della mousse di patate che dà ulteriore saggio di come la semplicità degli ingredienti possa restituirci sottili piaceri se esce dalle mani giuste.
Lo stesso dicasi per il timballo, felice variazione sul tema che basa su caprini di eccelsa qualità la composizione di un dessert sinfonico da ricordare.
Chiude la tradizionale majassa, rivisitata, che suggella il patto fecondo tra materie prime di grande pregio, testimoni e ambasciatrici del territorio, ed interpreti dagli orizzonti molto vasti.