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Apr 25 2020

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CARLO PETRINI: “IL NOSTRO 25 APRILE ACCANTO AGLI ULTIMI”

Carlo Petrini e la manifestazione in streaming per celebrare la Liberazione: “Quest’anno c’è un passaggio di testimone tra una generazione e l’altra. La parola d’ordine deve essere solidarietà”

C’era una volta il 25 aprile. Nelle montagne del Cuneese era una festa di popolo: “Quando ero ragazzo andavamo a Bra, a Barolo. C’erano tutti i partigiani, di ogni tendenza e formazione. C’erano i garibaldini, quelli della Matteotti, quelli di Giustizia e libertà. Sulle piazze incontravi Nuto Revelli, Giorgio Bocca, chi aveva combattuto contro i fascisti e i nazisti”. E adesso? “Adesso dobbiamo costruire un nuovo modo di ricordare la Liberazione. Gli ultimi testimoni di quei fatti stanno morendo in questi giorni, negli ospizi infestati dall’epidemia. Nel dramma, una generazione se ne sta andando”. Carlin Petrini è nato a Bra, nella Langa cuneese, quattro anni dopo la fine della guerra partigiana. Per questo 25 Aprile ha organizzato una raccolta fondi e una cerimonia in streaming. “Quello di quest’anno – spiega – sarà un passaggio di testimone e un nuovo inizio”.

Carlin, ora che cosa cambia?

“Adesso siamo noi a doverci assumere l’incarico di testimoniare. In tutti questi anni i protagonisti di quella storia ci hanno tramandato uno spirito, il senso di quella lotta”.

A lei che cosa è rimasto di quei racconti?

“Ho sempre vissuto la festa della Liberazione come una festa di popolo. Anzi una festa popolare, un appuntamento civile. Perché, almeno qui da noi, la Resistenza è stata una scelta collettiva, diffusa, che coinvolgeva generazioni e orientamenti politici diversi”.

Come si direbbe oggi? Trasversale?

“Nel mio paese sono stato eletto in consiglio comunale per la prima volta a 25 anni, negli anni Settanta. In quel consiglio sedevano sei ex partigiani: un liberale, un democristiano, due socialisti e due comunisti. Ecco perché dico che è stato un movimento civile e trasversale. Perché aveva coinvolto tutti”.

Quale altro insegnamento bisogna tramandare?

“È molto importante che non si perda l’idea che fu la lotta di Liberazione a fondare la nostra democrazia, la nostra convivenza civile. La Costituzione italiana nasce da quella stagione. Dobbiamo imparare a conoscere la Carta. Dovremmo fare dei corsi di alfabetizzazione sul suo significato. Se ne è perso ormai il senso. Quel documento invece è una cosa viva. Dovremmo tornare a studiare quel che la Costituzione ci dice sul valore della democrazia e sulla difesa della natura, dell’ambiente. Sono i due valori da cui oggi è indispensabile ripartire”.

Com’è nata l’idea di una raccolta fondi per i senza fissa dimora?

“Da un po’ di tempo ci stavamo pensando. Da quando è cominciato l’appello: “Restate a casa” ripetuto sui giornali e le televisioni. Chi non ha casa, dove va? Da chi viene aiutato nelle strade deserte? Ho cominciato a vedere qui intorno mense che si affollavano di poveri. Tanti poveri, molti più di prima. Si è rotto un equilibrio. E temo che non sia che l’inizio”.

Che cosa potrebbe accadere?

“Molti prevedono nei prossimi mesi diseguaglianze laceranti. La svolta sarà radicale e inciderà sulla storia individuale di ciascuno. Abbiamo pensato che in un momento come questo mettersi a fianco degli ultimi fosse una scelta naturale, quasi scontata. E poi la raccolta nasce da una constatazione semplice: come potevamo fare festa se c’è chi ha fame e non può mangiare?”.

E così avete pensato al 25 aprile virtuale?

“Abbiamo organizzato una commemorazione e una raccolta fondi. Non siamo gli unici ad aver scelto la strada del virtuale. Gad Lerner, ad esempio, ha fatto questo lavoro con la raccolta dei testimonial. Noi abbiamo deciso di mettere insieme i discorsi di tre persone che hanno attraversato questi 75 anni. Carla Nespolo è la presidente dell’Anpi, rappresenta quella storia e quegli anni. Marisa Rodano è una testimone diretta, con i suoi 99 anni. Il suo sarà un meraviglioso racconto. E poi c’è Sara Diena, una ragazza di 18 anni impegnata in Libera e nel movimento del Friday for future. Una testimonianza di come si possano tenere insieme la difesa dei diritti, della libertà e dell’ambiente. Abbiamo scelto tutte testimonianze di donne per raccontare questi tre quarti di secolo”.
Intorno alla vostra idea avete raccolto denaro e migliaia di firme di adesione. Stupito? Se l’aspettava?
“Non avrei mai immaginato che restando seduti in casa, da soli, si potesse scatenare un ambaradan così. Abbiamo raccolto subito 1.400 firme di persone di tutta Italia che poi sono diventate decine di migliaia. E abbiamo dato il via alla raccolta dei fondi per i senza fissa dimora”.

Chi ha donato di più?

“Questo non lo dico nemmeno sotto tortura. Ma dico che accanto ai grandi donatori c’è soprattutto una miriade di persone che hanno donato di meno. È il poco dei tanti che hanno voluto esserci”.

E così Carlin Petrini si è trovato ad organizzare il 25 aprile virtuale partendo da Slow Food. Com’è stato possibile?

“Qual è il collegamento? Per capirlo devo tornare indietro di tanti anni, quando ho conosciuto Nuto Revelli. È con lui che abbiamo cominciato a parlare del mondo dei contadini, della loro filosofia di vivere, dei valori del popolo che vive nei campi. Con lui ho capito quanto è importante il rapporto con la Terra, con l’ambiente, con la natura e il cibo. Questo, forse, è il motivo per cui mi sono trovato nel 2020, a 71 anni, a organizzare il 25 aprile virtuale”.

L’immagine che ricorderà di più di questi giorni?

“L’omaggio all’Italia dei pompieri inglesi che l’altro giorno, su Youtube, cantavano Bella Ciao. La festa della Liberazione è una festa di popolo e mi ha fatto piacere che quel canto, venuto dalle mondine e dai contadini e diventato simbolo della Resistenza, abbia finito per rappresentare l’Italia”. Fonte: La Repubblica, Paolo Griseri, 25.04.2020

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