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Gen 31 2024

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AGRICOLTURA, LA TRANSIZIONE ECOLOGICA ED ENERGETICA PASSA DALL’INNOVAZIONE

In Italia il 71% delle imprese ha già effettuato investimenti in questa direzione e il 13% è in procinto di farli, secondo l’indagine Nomisma

Il 71% delle imprese agricole ha investito sulla transizione energetica (ph: Pexels)

L’Italia, come spesso accade, è in ritardo, ma la sensibilità verso gli investimenti per la transizione eco-energetica è elevata: nel corso degli ultimi anni, il 71% delle imprese agroalimentari ha già effettuato investimenti in questa direzione ed un altro 13% è in procinto di farli, primariamente con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici (oltre una su due): emerge dall’indagine sulle imprese agricole e alimentari italiane (con un focus specifico su quelle tabacchicole), realizzata da Nomisma e presentata ieri a Roma, nel convegno organizzato in collaborazione con Philip Morris Italia “La transizione ecologica-energetica nel settore agroalimentare: strumenti, best practices, politiche a supporto” alla presenza di importanti stakeholder del settore.

Gli obiettivi delineati dall’Unione Europea nel Green Deal verso la transizione ecologica e il raggiungimento della neutralità climatica al 2050 richiedono sforzi e impegni che passano dalle imprese agricole e alimentari e riguardano, parallelamente, il tema della decarbonizzazione, attraverso uno sviluppo delle energie rinnovabili. Ecco perché ormai non si può più parlare di transizione ecologica senza considerare anche quella energetica, così come non è possibile sottovalutare il ruolo strategico dell’innovazione per sostenere questa transizione. Ma a che punto siamo oggi rispetto a questi obiettivi che ci ha dato l’Europa? E come stanno reagendo le imprese agroalimentari, anche sul fronte degli investimenti per la sostenibilità e dell’innovazione?

Il gap da colmare per raggiungere l’obiettivo del 42,5% di quota di energia rinnovabile entro il 2030 è ancora ampio, dato che in Italia al momento siamo al 19%, contro una media del 23% a livello Ue e lontanissimi dall’eccellenza svedese, che guida il ranking continentale con il 66%. Eppure, risulta elevata la consapevolezza da parte delle imprese italiane sul fatto che la produzione di energia rinnovabile rappresenti una delle leve principali per raggiungere la sostenibilità, tanto che nell’indagine – presentata dal Responsabile Agroalimentare Nomisma, Denis Pantini – emerge tra le prime risposte fornita dalle aziende intervistate rispetto a tale obiettivo, seconda solo alla tutela della biodiversità: per le aziende del tabacco tra le priorità emergono anche la tutela del suolo e il risparmio idrico.

Non stupisce quindi se, nel corso degli ultimi anni, il 71% delle imprese agroalimentari ha già effettuato investimenti per la transizione eco-energetica e se un altro 13% è in procinto di farli, primariamente con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici (oltre una su due), che tanto pesantemente negli ultimi anni hanno inciso nell’attività aziendale, o trarre beneficio dalle energie alternative: nella filiera tabacchicola spiccano inoltre interventi – attuati e in attuazione – per la sostenibilità finalizzati a ridurre i consumi d’acqua (con un’attivazione doppia rispetto alle aziende agroalimentari nel complesso) nonché le emissioni di CO2.

Restando sul tema dell’innovazione, la digitalizzazione a supporto della produzione agricola è già una realtà e l’integrazione con macchine agricole e strumenti rendono l’attività produttiva più sostenibile: il 32% delle aziende agricole intervistate ha dichiarato infatti di utilizzare macchine con guida assistita o semi-automatica con Gps integrato (55% nel tabacco), un 25% di avere centraline meteo aziendali (con una diffusione nettamente più capillare nella filiera tabacchicola, dove arriva a coprire il 61%) e, nel 19% dei casi, sistemi per il supporto alle decisioni per la difesa fito-sanitaria (29% tra i tabacchicoltori), a dimostrazione di come gli investimenti negli strumenti tecnologici e digitali siano ritenuti fondamentali per rendere la propria impresa non solo più performante, ma anche più sostenibile.

Si tratta per altro di strumenti che, contestualmente al contributo per la sostenibilità, sono in grado di migliorare la produttività e la resa (lo pensa 4 aziende su 10), ma anche la qualità dei prodotti. Dall’altro lato, però, non mancano i punti di attenzione: il 24% delle imprese ritiene, infatti, che per un’adozione più ampia di tali innovazioni digitali servano competenze specifiche e più formazione, così come i costi di acquisto siano ancora troppo elevati (timori che in alcuni specifici comparti, come quello del tabacco, trovano una significativa accentuazione).

In questo contesto particolarmente sfidante, la possibilità di usufruire di incentivi per l’adozione delle innovazioni digitali rappresenta la miglior soluzione per un’impresa su due, seguita dalla semplificazione della burocrazia collegata (per il 27% degli intervistati) mentre al terzo posto si colloca la collaborazione all’interno della filiera mediante gli accordi di filiera (soprattutto per le aziende del tabacco, laddove si è assistito con il modello Coldiretti-Philip Morris Italia al primo esempio, e unico in questo comparto, di questa tipologia di accordo). In particolare, quello degli accordi di filiera rappresenta uno strumento che può accelerare la transizione eco-energetica perché permettono una programmazione della produzione e, quindi, il ritorno degli investimenti (lo pensa il 32% delle aziende intervistate, percentuale che sale al 59% tra le imprese tabacchicole), ma anche grazie alla condivisione di buone pratiche agricole tra le aziende che partecipano all’accordo (22%), così come l’accesso a progetti innovativi (18%).

In buona sostanza, se la transizione eco-energetica può trovare nell’innovazione tecnologica e digitale una leva strategica di sviluppo, la stessa diffusione di tali strumenti innovativi necessita di cambiamenti strutturali che interessano l’intero Sistema Paese e che, secondo le imprese, devono principalmente riguardare la riduzione della burocrazia (per 6 intervistati su 10), il miglioramento della politica energetica (nel 33% dei casi e 41% nel tabacco), gli investimenti nelle infrastrutture ambientali (25%) e la promozione dello sviluppo di progetti con fondi pubblici (23%). 
“Le aziende agricole sono protagoniste indiscusse di questo processo – commenta Luca De Carlo, presidente Commissione Agricoltura del Senato – nessuna transizione è possibile senza il contributo essenziale del settore primario che tuttavia è “stretto” tra svolta green e aumento dei costi delle materie prime. È per questo indispensabile sostenere ogni investimento utile ad innovare i processi produttivi e a generare energia rinnovabile”. “Gli obiettivi di sostenibilità – conclude Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico Nomisma –  che pone il Green Deal, per quanto condivisibili, sono decisamente ambiziosi e non possono essere lasciati solo in capo agli agricoltori senza prevedere strumenti e interventi specifici a supporto. Ecco perché abbiamo chiesto, e ottenuto, che l’Europa destinasse una quota importante dei fondi del Next Generation EU agli investimenti in innovazione e per la transizione energetica nelle aziende agricole”.   Fonte: WineNews. 31.01.2024

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