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Apr 23 2021

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I BRIGANTI ETICI CHE RIDANNO VALORE ALLA FATICA DEI CONTADINI

In Val di Noto, nella contrada “Passo Ladro” il visionario progetto di PIno Lops, che dopo una vita da imprenditore della moda è ritornato nella sua Sicilia e con il figlio Anthony lavora in regime biologico ma soprattutto equo, aiutando i braccianti ad affrancarsi dallo sfruttamento

Sogno di lasciare un segno, che mio figlio porterà avanti, per dire che non è vero che in Sicilia le cose non funzionano, ma che possiamo farle funzionare”. È la storia di un ritorno questo di Pino Lops, affermato imprenditore nel mondo della moda, tornato nella terra natia dopo averla lasciata a tredici anni con i genitori emigrati in Svizzera. “Dopo 4 decadi ho trovato una terra in cui era cambiato poco, voglio essere la spinta a cambiare. E non parlando con la politica, ma parlando con gli agricoltori”. Nasce così, prima con l’acquisto di una masseria rinforzata e 27 ettari di terra intorno, il progetto di Passo Ladro che prende il nome dalla contrada in cui si trova. “Era un posto di scorribande e briganti”, precisa il figlio Anthony, ma la rotta è invertita e dalla terra fertile ma un tempo arida di prospettive germoglia un futuro che nei sapori porta il profumo dell’etica.

Passo Ladro lavora con una filiera integrata di agricoltori pagati equamente e altamente fidelizzati 

Siamo briganti etici dal 2020: in una situazione in cui per fare del bene sembra ci si debba un po’ nascondere, cerchiamo di ristabilire una giustizia sociale e un equilibrio che frenesia e competizione hanno fatto perdere. La parola biologico è stata strumentalizzata per esigenze di mercato, a discapito di una filiera che lo fa per vocazione, per amore della terra e benessere delle coltivazioni“. Ed è stato così che nell’anno della pandemia hanno germogliato i primi frutti di questo concreto ideale che tramite l’agricoltura biologica, la trasformazione dei prodotti della terra e la vendita online vuole ripopolare la terra, anche con i giovani. 

In uno scambio reciproco si applica la strategia di produzione aziendale alla coltivazione dei campi, nel rispetto della natura e dei suoi cicli, “trasferiamo il know-how manageriale ai contadini e allo stesso tempo loro insegnano a noi ciò che si tramandano da generazioni”. Inconsapevoli, gli agricoltori evitavano la chimica per non far del male ai loro animali: “Erano biologici e non lo sapevano, li ho aiutati insieme ai miei collaboratori a ottenere la certificazione”, sintetizza Pino, spiegando loro come da un raccolto bio si poteva realizzare molto più che da uno che non lo è. Assistendoli verso la certificazione “facciamo in modo di aumentare il valore dei loro prodotti, in modo che l’aumento di prezzo alla vendita sia giustificato. Coltivando in bio hanno dei costi in più, ma gli facciamo capire che con un pezzo di carta – e la correttezza del lavoro che esso prevede – i loro prodotti possono essere venduti, e acquistati da noi, a un prezzo superiore. Così i contadini vedono la speranza per il futuro del lavoro” prosegue il figlio, la cui voce si distingue nel timbro ma ha lo stesso piglio paterno.

Cerchiamo di diminuire l’abbandono delle terre, pagando in modo equo gli agricoltori”  

Cerchiamo di mantenere la tradizione nel tempo e diminuire l’abbandono delle terre, di ripopolarle, di pagarli un po’ di più per toglierli dallo sfruttamento del prezzo affinché possano lavorare con una realtà che tuteli l’etica del lavoro”. Un rapporto di fiducia e di contratti stipulati con chi ne ha sposato l’ideologia: “La fiducia di un anziano contadino diffidente si conquista passandoci le ore insieme, accettando un bicchiere di vino e un pezzo di formaggio – condividendo la preziosità del tempo – facendosi raccontare la sua vita”. Passa anche da una proposta equa, dalla garanzia che il raccolto vada tutto sul mercato e pagato loro a un prezzo giusto. “Oggi come alleanza raggiungiamo circa 250 ettari, ma spero possano aumentare”. Le parole di Pino Lops irradiano una luce sul futuro anche per le giovani generazioni: “Di solito il figlio abbandona la terra – bassa, dura e faticosa, ma prodiga – pensando: se mio padre non ha fatto fortuna, figurati se la faccio io! Ma non è vero”, il futuro passa anche dai figli. Ogni terra abbandonata diventa nuovo suolo di scorribande, spesso destinata a diventare discarica a cielo aperto, quando invece la volontà è di ripopolare le terre coltivate, dando un futuro ai giovani che possano tornarci. “Ventisette ettari sono di proprietà e ci affidiamo ad agricoltori esterni che condividono visione e standard di qualità. Si fanno contratti che riescano a garantire la minima produzione e così liberarli dallo sfruttamento di chi comperando tutto il raccolto impone un prezzo” che spesso non copre, e tantomeno riconosce, l’impegno e lo sforzo nei campi.

Le terre di Passo Ladro, posizionate in lotti esposti in maniera diversa, vengono coltivate a seconda della loro maggior vocazione agricola  

Il tutto sempre non è possibile, non secondo il naturale ciclo delle stagioni, per questo l’organizzazione e la rotazione delle colture entra nella pianificazione strategica, “il contadino che ha il campo verso il mare con temperature più miti avrà i suoi prodotti prima di noi che siano più in alto”; così facendo Passo Ladro riesce a fare in modo che le colture siano pronte e disponibili per il mercato. Allo stesso tempo si segue la propensione delle terre e del sottosuolo: “Stiamo anche suddividendo coltivazioni dei prodotti: dove vengono meglio le melanzane e dove i pomodori o le zucchine”. Stagioni che si avvicendano e frutti della terra che maturano al sole, il fresco pronto per essere spedito e conserve con il sole di questo angolo di Sicilia nei sapori: “Abbiamo allestito una cucina gastronomica a pochi passi dal campo”, quando spesso si trovano lontani e lavorano prodotti con già del tempo sulla buccia”.

Ci lavora uno chef, un aiuto, due tecnologi e un’agronoma per il controllo di qualità, visivo, tattile e organolettico. Artigianalità e  manodopera sono cospicue: i picciòli dei pomodori, per esempio, sono tolti a mano prima che vengano trasformati. Processo non totalmente meccanizzato e che impiega lavoratori del posto, solo due persone non siciliane sono addette al reparto vendita. “Prediligiamo il canale di vendita online, siamo convinti che per mantenere la qualità alla quale puntiamo non possiamo aumentare troppo la quantità verso una distribuzione massiva”. L’etica prosegue nella lavorazione dove lo spreco tende allo zero, le eccedenze vengono trasformate in conserve come un tempo si faceva per i raccolti abbondanti, portando i profumi oltre le stagioni anche nelle ricette suggerite dallo chef per cucinare anche le foglie esterne. Moderne basi di economia domestica.

 

Le eccedenze di produzione diventano conserve, in una cucina costruita direttamente sul campo  

Etica nei campi e nel lavoro, differenza tra prezzo e valore, “il nostro messaggio è complesso, raccontarlo solo online non è facile. Piano piano ci sposteremo verso l’apertura di punti vendita dove vivere un’esperienza integrata della nostra realtà”, racconta Anthony. “In autunno prevediamo l’apertura di un risto-market per la spesa fresca e i nostri prodotti, anche dove mangiare i piatti che un nostro chef preparerà con ciò che arriva dalle nostre terre”. In una situazione articolata come quella che tutti stiamo vivendo, sono in corso le valutazioni se Milano o Roma, anche se l’ago della bilancia sembrerebbe pendere verso la Capitale. “Passo Ladro si propone anche di educare il consumatore con una presa di coscienza che passi anche nelle scelte di acquisto: ci proponiamo di fare un abbecedario, a ogni lettera associata una parola inerente la sostenibile e il biologico, e cercheremo di ridargli valore dando la parola a esperti di settore anche in un dibattito“.  Fonte: Il Gusto, Giulia Mancini, 22.04.2021

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