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Gen 18 2024

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NASCE “PIWI ITALIA”, PER DIFFORNDERE LA CULTURA E LA COLTURA DEI VITIGNI RESISTENTI NEL BELPAESE

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La sede è alla Fondazione Mach di San Michele all’Adige, Marco Stefanini il primo presidente: “è un momento storico

Nasce “Piwi Italia”, per diffondere al cultura e la coltura dei vitigni resistenti nel Belpaese

Per alcuni sono il futuro del vino, per altri una curiosità a cui guardare, ma in ogni caso i vitigni Piwi, creati per essere resistenti alle malattie e ai cambiamenti del clima, pian piano guadagnano terreno, o meglio ettari, anche in Italia. Dove ora nasce “Piwi Italia”, associazione che ha sede in uno dei templi della ricerca vitienologica ed italiana quale è la Fondazione Mach di San Michele all’Adige, dove da qualche anno c’è un vero e proprio Concorso dedicato ai migliori vini da vitigni Piwi, prodotti in Italia, e dove si terrà la prima assemblea nazionale, in primavera. Il primo presidente “Piwi Italia” è stato eletto Marco Stefanini, responsabile dell’Unità di Genetica e Miglioramento Genetico della Vite nel Centro di Ricerca ed Innovazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che sarà affiancato dal vice presidente Riccardo Velasco, direttore del Centro di Ricerca in Viticoltura ed Enologia (Crea-Ve) di Conegliano.

I fondatori sono i presidenti delle associazioni Piwi regionali oggi esistenti: Daniele Piccinin dell’Azienda Agricola Le Carline di Pramaggiore per il Veneto, Thomas Niedermayr della Tenuta Hof Gandberg di Appiano sulla Strada del Vino per l’Alto Adige, Antonio Gottardi della Cantina La-Vis e Valle di Cembra per il Trentino, Stefano Gri della Cantina Trezero di Valvasone per il Friuli Venezia Giulia, Alessandro Sala di Nove Lune di Cenate Sopra per la Lombardia e PierGuido Ceste dell’Azienda di Govone per il Piemonte.

E’ un momento storico per la viticoltura italiana. Chiunque inizi a piantare varietà resistenti può iscriversi all’associazione che, di fatto, conta ormai più di 250 produttori italiani”, ha dichiarato Stefanini. “Gli obiettivi della nuova associazione – spiega il neo presidente Piwi Italia – sono di far conoscere ed ampliare la conoscenza delle varietà resistenti e far pressione, anche a livello politico, affinché altre regioni le autorizzino nel rispetto delle peculiarità regionali. Sicuramente l’impiego di varietà resistenti rende la pratica agronomica più sostenibile dato che le resistenze sono di tipo naturale. Quello che cerchiamo di sviluppare a livello scientifico è una maggiore variabilità. Sono iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite 600 varietà di Vitis vinifera, le 36 Varietà Resistenti attualmente presenti nel Registro Nazionale non possono sostituire 600 genotipi. La nostra attività di ricerca avrà proprio lo scopo di mettere a disposizione dei viticoltori un numero sempre maggiore di varietà resistenti per poter valorizzare al meglio il proprio territorio con quelle più adatte”.

L’Italia, spiega una nota, ha avuto un percorso diverso dagli altri Stati Europei perché l’impiego delle varietà resistenti nei vigneti non sono state autorizzate a livello nazionale. L’Italia ha delegato le Regioni e alcune, come il Veneto, si sono subito adoperate per mettere a dimora questi vigneti. Hanno poi dato l’autorizzazione ai viticoltori di piantare le varietà Piwi: il Trentino, l’Alto Adige, la Lombardia, il Friuli-Venezia Giulia, il Piemonte (le regioni fondatrici insieme al Veneto), l’Emilia Romagna, le Marche, l’Abruzzo, il Lazio e la Campania. In termini di numeri il Veneto è la regione che la fa da padrone seguita dal Friuli-Venezia Giulia, ma con la metà delle varietà autorizzate sul Veneto.    Fonte: WineNews, 17.01.2014

 

 

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