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Mag 07 2021

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POLLINATOR PARK: LE INIZIATIVE DI COMMISIONE UE E CITTADINI PER TUTELARE LA BIODIVERSIÀ DELLE API

Il progetto affidato al bioarchitetto Vincent Callebaut è un esempio di gamification: lo spettatore viene catapultato per trenta minuti in una città del futuro dove la crisi climatica apre la strada allo scenario apocalittico di un ecosistema in cui la fauna impollinatrice è scomparsa

Pollinator park

Come sarebbe il mondo nel 2050 se non esistessero più api e impollinatori? La Commissione europea ha lanciato lo scorso marzo il Pollinator Park, un’esperienza virtuale per capire le conseguenze della biodiversità a rischio. In questa dimensione da gamification lo spettatore viene catapultato in una città del futuro, dove la crisi climatica ha aperto la strada allo scenario apocalittico di un ecosistema senza api. Il progetto è stato affidato al bioarchitetto Vincent Callebaut che, per riparare il legame fragile tra umanità e natura, ha integrato pratiche agricole, tecnologia e design. «La scenografia immersiva si concentra sulla dipendenza tra fauna e produzione alimentare, incoraggiando le persone a proteggere questo patrimonio e di conseguenza la loro salute», spiega Callebaut.

Guarda su YouTube il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=Xxy6q5M3LTw

In trenta minuti l’utente, seduto davanti al pc, esplora la direzione in cui sta andando l’architettura ecologica, di cui Callebaut è uno dei più influenti esponenti al mondo. E quello che all’inizio può sembrare solo il set di un videogioco, rivela piuttosto come potrebbero essere i centri abitati di domani se venissero combinati economia circolare, energie rinnovabili e nuovi materiali.

«Sotto le cupole futuristiche della struttura ho ricavato un parco eolico in grado di utilizzare il vento e sfruttare l’inerzia termica del suolo» prosegue Callebaut. «I camini eolici utilizzano l’energia geotermica per raffreddare le serre in estate e renderle calde in inverno, con la temperatura del terreno che rimane a 18 gradi centigradi tutto l’anno».

Il Pollinator Park è quindi un cluster di serre biomimetiche, con pattern a nido d’ape, costruito in legno lamellare e vetro riciclato. Le forme sono armoniose e viene conservata la forte vocazione artistica del “New European Bauhaus”, l’iniziativa della Commissione europea per pensare modi di vivere innovativi.

Durante la visita in realtà aumentata viene spiegato quanto sia importante rimodulare il paesaggio per salvaguardare la fauna impollinatrice, creando punti protetti per la crescita delle api sulle facciate degli edifici e nelle cavità degli alberi.

Dalle metropoli ci si aspetta allora, nei prossimi anni, un cambiamento che porti orti sui tetti delle case e frutteti tra gli uffici, sviluppando un modello urbano in linea con gli intenti del Green Deal europeo. A tal proposito dare un’occhiata al portfolio di Callebaut chiarisce come l’architettura si stia mettendo al servizio dell’ambiente: a Taiwan per esempio svetta la sua struttura residenziale capace di assorbire, da sola, 135 tonnellate di anidride carbonica all’anno.

Il “parco degli impollinatori” invece esiste solo online, eppure ha avviato la discussione sulla rimodulazione degli spazi in Europa in vista della transizione verde.

E sebbene la Commissione non si sia tirata indietro dal sostenere l’eventuale finanziamento di un edificio simile entro il 2050, allo stesso tempo metterlo davvero in cantiere significherebbe ammettere il fallimento delle sue politiche in difesa di impollinatori e lavoratori del settore.

«Abbiamo ancora molta strada da fare in termini di biodiversità», ammette Virginijus Sinkevičius, Commissario europeo per l’ambiente.

La piattaforma non rappresenta quindi una soluzione, o un diversivo rispetto agli interventi ancora attesi, ma viene presentata da Sinkevičius come «un’opportunità capace di aumentare l’impegno sociale sull’argomento».

Cosa sta facendo l’Europa per gli impollinatori

L’inaugurazione del Pollinator Park ha riacceso il confronto sul collasso degli impollinatori a causa di pesticidi e pratiche agricole sbagliate.

La totale scomparsa delle popolazioni di api, vespe, farfalle, scarafaggi e falene, che sta diventando un rischio sempre più concreto a causa dell’inquinamento e del cambiamento climatico, sarebbe catastrofica per il settore agricolo-alimentare.

Basti pensare che l’84% delle specie coltivate nell’Unione dipende dagli impollinatori per la produzione di sementi. E non solo, visto che il loro contributo all’industria del raccolto è quantificabile in circa 22 miliardi di euro. A questo si aggiunge il pericolo per l’Europa di diventare come la Cina, dove l’impollinazione è ormai artificiale.

Gli stessi risultati della “Iniziativa a favore degli impollinatori”, lanciata nel 2018 dalla Commissione, sono stati deludenti e hanno portato lo scorso anno alla bocciatura da parte della Corte dei conti europea: il suo intervento ha permesso poi l’elaborazione di un audit per risultare più incisivi nelle strategie comunitarie per la conservazione della biodiversità.

In questo contesto però la politica di coesione ha fatto la sua parte nel sostenere progetti a favore di api e agricoltura: con i fondi europei sono stati finanziati piani di successo soprattutto in Irlanda, Germania e Spagna.

Ricordiamo per esempio l’Irish Tidy Towns, con ben 140 comunità locali che hanno reso i propri villaggi pollinator friendly. Volando invece a Madrid e Barcellona, grazie all’Urban Butterfly Monitoring Scheme, la collaborazione attivata tra istituti di ricerca e consigli comunali ha fornito la prima analisi approfondita delle farfalle urbane di venti parchi tra il 2018 e il 2019.

Seicento mila cittadini europei chiedono più interventi con l’iniziativa “Save bees and farmers”
Se da una parte il Pollinator Park è stato accolto con curiosità, e gran parte del merito si deve proprio al rendering di Callebout, dall’altra l’intuizione della Commissione europea è stata considerata piuttosto uno scivolone.

Per esempio Terre d’abeilles, associazione francese per la protezione delle api e degli impollinatori selvatici, la ritiene una perdita di tempo e di risorse utili: bisognerebbe agire, anziché immaginare scenari apocalittici che possono innescare meccanismi di rassegnazione da parte dei cittadini. E un atteggiamento scettico viene confermato anche da Save bees and farmers, la rete di oltre 140 Ong, organizzazioni di apicoltori, sindacati e istituzioni scientifiche che sta portando avanti l’Iniziativa dei cittadini europei (Ice) per la protezione di agricoltura e salute.

A Linkiesta Martin Dermine, uno dei promotori dell’Ice, spiega che al di là delle intenzioni Divulgative del Pollinator Park «a Bruxelles continuano a rifiutarsi di adottare le misure necessarie per consentire alla biodiversità di prosperare di nuovo». Viene sottolineata inoltre la distanza della politica agricola comunitaria (Pac) dagli obiettivi del Green Deal europeo: «solo il 20% del suo budget sarà impiegato in misure utili all’ecosistema, mentre l’80 verrà destinato all’agroindustria».

Secondo Dermine si ignorano ancora le evidenze scientifiche che ritengono possibile un’agricoltura senza pesticidi. «Le aziende che lavorano con pratiche agroecologiche hanno benefici maggiori rispetto a quelle che si affidano ai fertilizzanti chimici, altamente dannosi per l’uomo. L’Ue e i governi nazionali chiudono sistematicamente gli occhi sui danni all’ambiente causati dai fitofarmaci, entrando in contraddizione con la stessa legislazione europea che ne certifica la tossicità».

In base a questi presupposti sta andando avanti l’iniziativa Save bees and farmers con circa 600 mila firme raccolte fino a oggi. L’obiettivo è arrivare a un milione di sottoscrizioni e si tratta di un risultato atteso non soltanto dagli organizzatori, ma anche dalle stesse istituzioni europee che ne stanno seguendo gli sviluppi con attenzione. «Il successo della campagna potrebbe essere un punto di svolta nel futuro delle politiche europee sui pesticidi» conclude Dermine. «La nostra priorità è chiara: chiediamo la loro riduzione all’80% entro il 2030, arrivando al 100% nel 2035. E vogliamo riuscirci con un movimento che parte dal basso».  Fonte: Linkiesta, Ilaria Potenza, 07.05.2021

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