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Mag 20 2020

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VESTITI, BEVIAMO UN ROSÉ PER SCOPRIRE CHE L’ARCOBALENO È SOTTOVALUTATO

Il packaging del vino rivela il suo contenuto e può diventare parte di una narrazione culturale che riunisce in un’immagine arte, artigianato e territorio. Il progetto pugliese delle etichette del Calafuria parte dalla bottiglia per arrivare a una mostra fotografica che scopre l’anima autentica e verace della regione

Se non si sceglie un libro dalla copertina, non si dovrebbe scegliere un vino dall’etichetta. Ma pare che molti consumatori siano ancora sedotti dall’apparenza, e scoprano solo in seguito la sostanza. Perché se non abbiamo punti di riferimento di conoscenza su uvaggio, metodo di produzione e non conosciamo il produttore, l’affinità elettiva che leggiamo guardando l’etichetta è l’unica determinante per una scelta inconsapevole ma d’istinto e di mood. Lo sapeva bene Émile Gallé, uno dei più geniali artisti dell’Art Nouveau, che nel 1902 disegnò l’anemone giapponese che decora ancora oggi la mitica bottiglia di Perrier-Jouët Belle Epoque. Una dichiarazione d’amore per il liberty della proprietaria della maison, Adélaïde, che rese iconica la sua produzione e legò fortemente l’immagine al contenuto. Le volute di fiori bianchi sono perfettamente abbinate infatti allo stile floreale e delicato del vino, vero emblema dello champagne, da sorbire rigorosamente da una coppa.

Se pensiamo all’Italia non possiamo che ricordare la personalità ruvida e concreta di Romano Levi, che subito dopo la seconda guerra mondiale dà carattere e corpo alle sue grappe da premio con etichette disegnate a mano, ciascuna con accenni poetici e particolari dediche, che oggi sono parte integrante della grandezza e della storia dell’azienda, protagoniste anche di mostre e libri che celebrano la capacità tutta piemontese di unire arte, artigianato e territorio.

Esattamente come fa, in Puglia, Tormaresca, che con il progetto delle etichette per Calafuria dialoga con il territorio non solo attraverso il vino, ma anche con la musica e l’arte. Da tre anni sponsorizza a Monopoli il Phest, Festival Internazionale di Fotografia, mentre a Locorotondo – una delle cittadine più belle della valle d’Itria, con le sue caratteristiche cummerse – è official partner del Locus Festival, tra le rassegne musicali più vivaci e interessanti dell’estate.

La nuova annata del rosé pugliese, ottenuto da uve Negramaro, unico in mezzo a francesi, californiani e spagnoli ad essere inserito nell’elenco dei cento vini migliori al mondo, ha un’edizione limitata con etichette d’artista. Nel corso del tempo al progetto hanno partecipato giovani e talentuosi illustratori come Valeria Petrone, Davide Bonazzi, Giordano Poloni, ognuno con disegni ispirati all’atmosfera estiva tipica del rosé.

Quest’anno tocca a un nuovo artista, con una scommessa audace: le etichette sono state infatti affidate alla fotografia, ed è Piero Percoco che ha scattato ironizzando sul mondo patinato dei rosé e dell’immagine glamour conquistata dalla Puglia negli ultimi anni, immergendo la bottiglia dentro scene di vita quotidiana e personaggi iperrealistici: gli amici un po’ appesantiti in costume da bagno sul lungomare; l’anziano signore in doccia, la tovaglia della nonna, il nuotatore con la maschera. Tutte le foto, scattate rigorosamente con un iPhone, verranno poi raccolte in un libro e diventeranno parte di una mostra itinerante. Rainbow restituisce un’immagine del sud rarefatta ed eterna, dove il quotidiano diventa quasi universale. E così ogni bottiglia dell’edizione speciale è un perfetto mix tra la raffinatezza di questo rosato e l’autenticità di una regione che nonostante il boom incredibile degli ultimi anni, ha conservato intatta la sua anima. Un rosato che viene prodotto secondo i saperi di un tempo, con le uve selezionate a mano, diraspate delicatamente e pressate in modo soffice. Il mosto ottenuto è decantato naturalmente in serbatoi di acciaio inox e poi fatto fermentare a bassa temperatura. All’affinamento in acciaio segue un successivo affinamento di 4 mesi in bottiglia. Per un risultato fresco e sapido, in perfetto equilibrio tra morbidezza e acidità. Fonte: Linkiesta, Anna Prandoni, 20.05.2020

 

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